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Davigo il più votato, è rivoluzione politica al Csm: alle elezioni dei togati vince Magistratura indipendente, sinistra giudiziaria sconfitta

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Non sono famosi come quelli che vediamo spesso in tv. Raramente rilasciano interviste ai giornali. Meno che meno a quei giornali troppo politicizzati che provano a trascinarli nell’arena politica. ma sono togati come i magistrati famosi, portano avanti anche loro rivendicazioni corporative e forse sono anche orientati politicamente. I loro detrattori dicono che sono di destra. Epperò il loro è un universo molto colorato e variegato. È forse questo uno dei motivi che consentono alle toghe di Magistratura indipendente di vincere le  elezioni per il Csm. Sedici posti molto ambiti, perché chi se gli aggiudica potrà restare lì per 4 anni amministrando la vita professionale dei colleghi con grandi poteri di nomina, ma pure di inchiesta e punizione disciplinare. Mi vince, porta a casa 5 consiglieri e parla di “vittoria storica”.

Piercamillo Davigo. L’ex pm del pool Mani Pulite è il magistrato più votato al Csm

I nomi non dicono molto, Miccichè in Cassazione, il pm Lepre, i giudici Braggion, Cartoni e Criscuoli. Ma proprio Maria Paola Braggion, giudice a Milano, viene descritta come una “creatura” di Claudio Maria Galoppi, attuale componente del Csm, abilissimo nel tessere i rapporti con i laici di Forza Italia, tra cui l’attuale presidente del Senato ed ex Csm Elisabetta Casellati. Per Lepre ha fatto campagna elettorale Cosimo Maria Ferri, ex leader di Mi, che Renzi ha voluto candidare nella sua Toscana.

La destra di Mi sarà determinante nei futuri equilibri dei 26 membri del Consiglio, tra cui gli 8 laici che le Camere riunite potrebbero eleggere il 19 luglio, 5 tra Lega e M5S, uno a Forza Italia, due al Pd. Che faranno il neo eletto Pier Camillo Davigo, che porta con sé solo il procuratore aggiunto di Catania Arditta, e i 5 esponenti di Unicost, unico gruppo che mantiene le posizioni? È questa la prossima partita da giocare, da cui uscirà il futuro vice presidente che prenderà il posto del Dem Giovanni Legnini. Ma ora il Csm è stato rivoluzionato dal voto dei togati.

Perché non solo entra nel palazzo il “ciclone” Davigo, ma i magistrati di sinistra riuniti in Area, sigla meno nota di Magistratura democratica, perdono le elezioni. La segretaria Ornano parla di «somiglianza con il contesto politico generale del Paese» . Ma da tempo le politiche sulla giustizia del Pd, in particolare quelle renziane, non sono in sintonia con le toghe.

I numeri non perdonano, da 7 togati Area scende a 4. Porta al Csm nomi noti, dal pm romano Cascini, a Dal Moro, Zaccaro e Suriano. Ma i 4 di Area dovranno vedersela con i 5 di Mi, i 5 di Unicost, i 2 davighiani. Sarà una battaglia dura, di minoranza.

Come quella di Davigo, il giudice più votato con 2.552 preferenze su 8.010 colleghi votanti. Lui ha cominciato col dire: «La prima regola per me è che si rispettino le regole. Questa sarà la guida della mia attività». E ancora: «Nell’ultima consiliatura abbiamo visto almeno 20 casi inaccettabili » .

Parla di colleghi promossi per meriti di corrente. Ammette di non aver stravinto, i suoi due giudici, Marra e Pepe, restano a casa. Ma un Davigo al Csm, conoscendone parlantina e metodi, metterà i colleghi a dura prova.

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Boccia e Braga capigruppo Pd, Schlein stringe su squadra

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I capigruppo eletti per acclamazione danno l’immagine di un Pd che avanza compatto. In realtà, gli approdi di Francesco Boccia alla guida dei senatori e di Chiara Braga a quella dei deputati sono il risultato di una navigazione che ha dovuto fare i conti anche con tratti di mare mosso. Comunque, i primi due passi sono andati: Stefano Bonaccini presidente del partito, come lo stesso governatore dell’Emilia Romagna auspicava, Boccia e Braga capigruppo, come da indicazione della segretaria Elly Schlein. Ora c’è da fare la direzione. Ci vorrà qualche giorno, forse arriverà la prossima settimana. Se non ci saranno scossoni, sarà rappresentativa delle varie anime Pd.

“Stiamo lavorando a un assetto complessivo ed equilibrato, rispettoso del pluralismo e dell’esito delle primarie – ha detto Schlein alle assemblee prima dei senatori e poi dei deputati, per le elezioni dei capigruppo – .Per questa ragione ci stiamo sentendo spesso in queste ore anche con Stefano Bonaccini. Entro pochi giorni ho intenzione di chiudere gli assetti e tornare a costruire insieme alla nostra comunità democratica proposte politiche alternative alle destre e a parlare dei temi che riguardano la vita delle persone”. Il mandato è chiaro: “Il gruppo parlamentare è il cuore dell’attività politica – ha spiegato Boccia – la segretaria Elly Schlein ha dato una indicazione: accordo permanente fra attività del partito e attività parlamentari. Il partito avrà come punto di riferimento costante l’ascolto della piazza, della protesta, dei mille luoghi del lavoro, del paese”. Braga ha citato Giacomo Matteotti: “Fu assassinato dal fascismo negli anni più bui della nostra nazione perché si opponeva alla brutalità del regime e della violenza fascista con la forza delle sue idee, certo, ma anche con la qualità del suo operato parlamentare qui in questo palazzo”. Il voto sui capigruppo è stato unanime, ma la strada per arrivarci ha lasciato qualche strascico.

“Ritengo che questo passaggio abbia avuto elementi di forzatura politica sia nell’interpretazione del risultato congressuale che nel rapporto con l’autonomia dei gruppi parlamentari”, ha detto il deputato Lorenzo Guerini. Critica anche la capogruppo uscente al Senato, Simona Malpezzi: “Comprendo la necessità della segretaria di fare delle scelte, ma avrei preferito che la discussione avvenisse prima tra di noi che sui giornali”. La ex capogruppo a Montecitorio, Debora Serracchiani, ha avvertito: “L’autonomia dei gruppi va tutelata e salvaguardata sempre anche perché rende più forte il partito”.

La trattativa si sposta. Non è un segreto che una parte della minoranza puntasse almeno a un capogruppo. Ora che non l’ha ottenuto, fra i sostenitori di Bonaccini si allarga la schiera di chi si aspetta una sorta di compensazione con le scelte per la segreteria. Fra i fedeli di Schlein, sono dati per certi in squadra i parlamentari Marco Furfaro, che potrebbe fare il vicesegretario, Marco Sarracino, Alessandro Zan, Antonio Misiani e un esponente di Articolo Uno. E poi l’ex sindaca di Crema, Stefania Bonaldi. Per la minoranza, si parla del senatore Alessandro Alfieri e di Davide Baruffi, sottosegretario regionale emiliano e braccio destro del governatore nelle trattive con l’area Schlein. E anche della vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. La segretaria mira a risolvere in fretta la questione degli assetti, per potersi dedicare interamente alla linea del partito.

“Schlein ha indicato una strada alternativa – ha detto Boccia – .Quando parla di difesa del pianeta, di sviluppo sostenibile, economia circolare, salario minimo, di diritti civili e sociali che vanno insieme, sta indicando un’altra idea di società e tutto questo ha un punto fermo: l’Europa. Intorno a questo marcheremo la distanza fra noi e la destra guidata da Meloni” che “sta alimentando la rabbia, gli scontri, le divisioni nella società, le paure, e non sta dando ricette per le soluzioni”. Prossime uscite della segretaria, giovedì in Friuli Venezia Giulia, dove domenica si aprono le urne per la Regione e in diversi comuni.

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Pnrr: slitta tranche 19 miliardi? Fitto, ottimista

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“Sono sereno, sono ottimista l’unica cosa che non si può fare è il tentativo abbastanza ridicolo di attribuire a questo governo delle responsabilità”. Così il ministro Raffaele Fitto degli Affari Europei rispondendo a proposito dello slittamento della consegna della terza tranche del Pnrr dopo la decisione di rimandare di un mese la fase di verifica da parte della Commissione Europea degli obiettivi raggiunti al 31 dicembre 2022. “Non ci sono tensioni con l’Europa, le tensioni temo qualche volta si vogliano costruire in Italia – ha proseguito Fitto a margine della presentazione della relazione della Corte dei Conti sullo stato di avanzamento del Pnrr – Noi stiamo lavorando con una macchina in corsa con scelte che non sono nostre ma che noi puntiamo a realizzare e superare in questa fase per poi passare alla seconda fase di imodulazione del programma. L’obiettivo è quello di lavorare con spirito collaborativo con la Commissione”.

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13 Paesi Ue per i mini reattori nucleari, anche Roma firma

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Tredici Paesi Ue, tra i quali anche l’Italia, chiedono “un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari”, promuovendo “la ricerca e l’innovazione in particolare per i piccoli reattori modulari e i reattori modulari avanzati”. Lo si legge in una nota congiunta diffusa da Parigi, a capo dell’alleanza sul nucleare, al termine di una riunione con la Commissione europea. Il documento è stato sottoscritto da Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia. L’Italia, insieme a Belgio e Paesi Bassi, ha firmato in qualità di Paese osservatore.

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