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Politica

Fico propone, la Camera approva: tagliati i vitalizi di 1240 ex parlamentari. Festa dei 5 Stelle

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L’ufficio di presidenza della Camera dei deputati ha dato il via libera alla delibera del presidente Roberto Fico che taglia i vitalizi degli ex deputati, ricalcolando gli assegni percepiti in base al metodo contributivo. I sì sono stati 11: 9 della maggioranza (M5s e Lega), 1 del Pd e 1 di Fdi. Il provvedimento entrerà in vigore il 1 gennaio 2019.  Fico non nasconde la sua soddisfazione. “Oggi abbiamo riparato a un’ingiustizia sociale e quindi una ferita – ha dichiarato -, non è un provvedimento punitivo, ma un provvedimento che ripara a un’ingiustizia e finalmente colmiamo il solco e il burrone”. Per il M5S è la battaglia di una vita che finalmente viene vinta. Così dopo il voto in Parlamento molti deputati e militanti sono scesi in piazza con palloncini e champagne per festeggiare l’abolizione dei vitalizi. «Stiamo cancellando un privilegio non un diritto e quando si fa qualcosa per le persone è giusto festeggiare» ha spiegato Francesco Silvestri, vice capogruppo alla Camera ai militanti in piazza. Festeggiamenti che il Presidente Fico ha impedito si svolgessero alla Camera. Non ha autorizzato manco un brindisi. Non era stato facile arrivare al voto finale e vincente. Per oltre due ore in ufficio di presidenza la minoranza ha tentato di far breccia nel muro eretto dalla terza carica dello Stato per modificare un testo ad alto rischio incostituzionalità. Alcuni costituzionalisti no  hanno dubbi che verrà bocciato il provvedimento che sarà appellato da chi si vedrà tagliati i vitalizi. Persino i leghisti, terrorizzati dalle richieste di risarcimento, implorano: «Facciamo sì che i 40 milioni risparmiati ogni anno restino a Montecitorio perché sicuramente perderemo in giudizio e dovremo restituirli». Ma il grillino non vuole sentire ragioni. Finché Fabio Rampelli, vicepresidente in quota FdI, non sbotta: « Lei deve decidere se vuol fare il capo partito o l’uomo delle istituzioni. Dalla sua ha il 100% dei parlamentari, tutti favorevoli al taglio dei vitalizi. Ma la delibera, così com’è, non funziona: se insiste, verrà bocciata dalla Consulta e lei sarà costretto a dimettersi » . L’ inizio di una rissa sedata a fatica. Con l’ azzurra Mara Carfagna a rincarare: «Il suo metodo di ricalcolo è illegittimo, si tratta di denaro pubblico, quando arriveranno i ricorsi i costi saranno ben più alti delle economie che intende ottenere » . Oltretutto « se il Senato non delibera allo stesso modo si creerà una palese disparità di trattamento » . Niente da fare. Fico è irremovibile. L’unica concessione accordata al dem Rosato: passa solo l’emendamento che prevede di aumentare l’ assegno di chi è senza reddito o malato grave. «Ma dovranno provarlo » precisa il presidente. Il primo ad andare in Tv a difendere il suo vitalizio è Massimo D’ Alema: «I 5S non toccano i privilegi dei parlamentari in carica, che sono loro. È facile colpire quelli che non sono più in grado di difendersi» . Ma il ministro Fraccaro l’ ha annunciato in Aula: il governo «proporrà» una riforma costituzionale « per ridurre drasticamente » il numero di deputati e senatori, che scenderanno a 400 e 200, non gli stipendi.

Roberto Fico. Il presidente della Camera vara il taglio dei vitalizi

Per il vicepremier Luigi Di Maio si tratta di  “una giornata storica”. Ma ha anche già ribadito che quello dei vitalizi è solo un pezzo della battaglia per la abolizione di privilegi ingiusti. “Il prossimo passo – ha spiegato Di Maio – sarà il taglio delle pensioni d’oro anche sopra i 4.000 euro, per coloro che non hanno versato i contributi a sufficienza». Ci saranno ricorsi, hanno ricordato i giornalisti che lo inseguivano in piazza Montecitorio dove il suo movimento festeggiava. “Non mi preoccupo” ha concluso il capo dei 5 Stelle. Matteo Salvini prova ad intestarsi anche lui questa battaglia. «Abbiamo approvato in Parlamento il taglio dei vitalizi a 1.240 ex parlamentari: stop a vecchi e assurdi privilegi. Con la Lega, dalle parole ai fatti!». 

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Augusta Montaruli e lo squallore della storia dei vibratori: basta fake news, ora denuncio tutti

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Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia, ha deciso di denunciare gli attacchi e le fake news che da anni la colpiscono, culminati di recente in una falsa accusa legata a presunti acquisti di vibratori con fondi pubblici, smentita e riconducibile a un esponente di sinistra, poi assolto, di un’altra regione. Intervistata da La Stampa, la parlamentare ha spiegato i motivi della sua scelta, dichiarando che non vuole più rimanere in silenzio, nonostante le difficoltà personali e politiche.

“Ho deciso di reagire”

Montaruli ha spiegato di aver denunciato perché si è resa conto di aver modificato le proprie abitudini di vita per paura delle conseguenze delle fake news. “Mi sono isolata, evitavo di postare sui social o di far entrare persone in casa mia per timore che subissero danni a causa di queste notizie false”, ha raccontato. La parlamentare ha anche parlato del “turbamento” provato vedendo migliaia di condivisioni di queste accuse infondate. “Confidavo che la verità prevalesse, ma ho sbagliato. Ho deciso di superare il pudore e denunciare.”

Attacchi sessisti e il peso dell’esposizione pubblica

Montaruli ha sottolineato come gli attacchi ricevuti siano spesso stati a sfondo sessuale, e ha riflettuto sul fatto che un accanimento simile non si vede mai nei confronti degli uomini. Tuttavia, non ritiene che il suo essere donna sia l’unica spiegazione: “È ciò che voglio comprendere con la querela”. L’ex sottosegretaria ha poi evidenziato che il dovere di chi è esposto pubblicamente è quello di difendere chi non ha voce e subisce in silenzio.

La forza non è solo apparenza

L’intervista ha rivelato una Montaruli determinata ma anche consapevole della propria vulnerabilità: “La forza non è apparenza, ma sostanza. Non significa essere impermeabili a tutto, ma affrontare le proprie emozioni e non rinunciare ai propri diritti.”

Solidarietà bipartisan e una giornata per il rispetto

Montaruli ha ricevuto solidarietà anche da donne di centrosinistra, un gesto che ha apprezzato per l’importanza del tema. Ha inoltre ribadito l’impegno per contrastare il bullismo e le fake news, annunciando che il 20 gennaio si celebrerà la Giornata del rispetto, dedicata a Willy Monteiro, vittima di violenza, per promuovere una cultura opposta a quella della sopraffazione.

“Non lascerò il passo all’odio”

Concludendo, la deputata ha dichiarato: “Mi sento meglio dopo la querela. Per molti anni mi sono isolata, ma non lascerò che l’odio abbia la meglio.”

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Politica

Il ritorno del centro della politica: nostalgie, progetti e nuove divisioni

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Il centro politico italiano, quel territorio che per decenni ha rappresentato la spina dorsale del sistema con la Democrazia Cristiana, torna sotto i riflettori. Ma più che un ritorno ordinato, sembra un affollato ingorgo. Sabato 18 gennaio sarà una giornata simbolica e intensa per i nostalgici del centrismo, con eventi e convegni che cercano di rilanciare un’idea politica che molti ritengono ormai relegata alla storia.

Due eventi, due visioni del centro

A Milano, Graziano Delrio con la sua “Comunità democratica” darà vita al convegno “Creare legami, guarire la democrazia”. Qui, personalità di spicco del cattolicesimo democratico come Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti discuteranno del futuro del centrosinistra, con un occhio di riguardo per quelle “esperienze civiche” che oggi tendono verso l’astensionismo.

A Orvieto, invece, l’assemblea nazionale di “Libertà Eguale” vedrà protagonisti esponenti della cultura politica liberale e riformista come Paolo Gentiloni, possibile leader di una “Margherita 2.0”, e Stefano Ceccanti. Due approcci paralleli che mirano a ricostruire il centro del centrosinistra, ma con rischi evidenti di dispersione.

La nostalgia della Balena Bianca

Nel frattempo, sul fronte del centrodestra, Gianfranco Rotondi rilancerà la Democrazia Cristiana con tanto di simbolo storico. “Siamo pronti per una nuova Balena Bianca”, ha dichiarato, sottolineando che la porta è aperta a chiunque voglia unirsi al progetto.

Il nodo dei voti e l’incertezza del centro

Il grande ostacolo per questi movimenti rimane la frammentazione del bacino elettorale. Secondo Livio Gigliuto, presidente dell’Istituto Piepoli, solo l’8% degli italiani si identifica come centrista, e la metà di questi auspica un grande partito cattolico. Tuttavia, l’attrazione verso una “terza via” appare limitata, schiacciata dalla logica bipolare.

Progetti come quello di Vincenzo Spadafora, che si appresta a lanciare il movimento Primavera, si sommano alle già consolidate presenze di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Un’offerta politica affollata che rischia di frammentare ulteriormente il consenso.

Il parere degli scettici

Tra i tanti promotori di iniziative, spicca l’assenza di Clemente Mastella, figura storica del centrismo italiano. Con un pizzico di disillusione, Mastella ha commentato: “Vedrete che alla fine tutto resterà così com’è. Purtroppo.”

Uno spazio incerto

Il fermento intorno al centro dimostra che il desiderio di una politica moderata e riformista esiste ancora. Tuttavia, la difficoltà di creare un’unità d’intenti e la pressione di un sistema politico sempre più polarizzato lasciano dubbi sull’effettiva possibilità di un nuovo inizio per il centrismo italiano.

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Giustizia, primo sì del Parlamento alla separazione delle carriere

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Via libera della Camera alla separazione delle carriere. Si tratta del primo dei quattro passaggi parlamentari richiesti per l’ok al disegno di legge che modifica il titolo IV della Costituzione prevedendo carriere separate di magistrati requirenti e giudicanti, due Csm distinti, l’estrazione a sorte dei loro componenti e l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare. Un sì a “maggioranza schiacciante”, ha rivendicato il ministro Carlo Nordio auspicando l’approvazione finale entro l’estate. Quasi inevitabile il successivo referendum, auspicato peraltro dallo stesso titolare della Giustizia.

E, con il voto, torna altissima la tensione con l’Anm secondo cui la riforma mette a rischio “l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”, isola i pm, ne “mortifica la funzione di garanzia” e toglie garanzie a tutti i cittadini. Alzano gli scudi anche i candidati e le candidate di Magistratura democratica che propongono forme di protesta più visibili: durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario, “i magistrati, con toga indosso e copia della Costituzione alla mano, abbandonino l’aula nel momento in cui il rappresentante del ministro prenderà la parola”. Nordio tira dritto, promette che sarà “spezzato il legame patologico delle correnti” in magistratura e dice no ai “processi alle intenzioni” di chi sostiene che “la riforma prima o dopo sottoporrà il pm all’esecutivo, cosa che – garantisce – è esclusa”.

Nell’emiciclo della Camera i sì sono stati 174, i no 92 e gli astenuti 5: Azione e +Europa hanno votato a favore (i calendiani ricordano che la separazione delle carriere era nel loro programma elettorale) e Iv si è astenuta pur condividendo la ratio della riforma. Sulle barricate Pd, M5s e Avs. Approvato anche un odg dell’azzurro Enrico Costa che impegna il governo “a valutare l’opportunità di garantire concorsi separati per l’accesso alla magistratura requirente e giudicante”. L’esecutivo ha proposto una riformulazione anche di diversi odg sulla parità di genere, ma la riscrittura non è stata accolta dalle opposizioni in quanto definita troppo aleatoria: “Inaccettabile che la maggioranza non riconosca la centralità di questo tema”, l’accusa. E’ passato, invece, quello di Paolo Emilio Russo (FI) con l’impegno a “valutare ogni più opportuno intervento diretto a consentire il rispetto della parità di genere”. In Aula il dibattito si è infuocato tra i sostenitori e i detrattori della riforma.

“Indebolisce l’autonomia e l’indipendenza” della magistratura, ha attaccato Cafiero De Raho per il M5s. Il Pd ha puntato il dito contro “l’intento punitivo” e “il furore ideologico” del provvedimento, accusando la maggioranza di voler “smantellare la Costituzione”. Mentre Angelo Bonelli di Avs ha parlato di una “deriva autoritaria” che “mira a costruire un’Italia in cui la magistratura risponda al potere esecutivo”. In festa Forza Italia: “Dopo 35 anni realizziamo il sogno di Silvio Berlusconi”, ha esultato Tommaso Calderone. “È una riforma non scritta contro qualcuno, ma per avere una giustizia più giusta”, ha rivendicato il leader di partito Antonio Tajani. Per la leghista Simonetta Matone “la separazione delle carriere è un potente mezzo per la riforma della giustizia”.

“Un altro impegno rispettato da FdI”, ha sottolineato la meloniana Maria Carolina Varchi. Il ddl costituzionale prevede due distinti organi di autogoverno: il Csm della magistratura giudicante e quello della magistratura requirente: la presidenza in entrambi i casi è attribuita al capo dello Stato. I componenti sono estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento e, per i due terzi, rispettivamente, da un canestro di magistrati giudicanti e requirenti. L’Alta Corte avrà giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, tanto giudicanti che requirenti. Dopo i quattro passaggi parlamentari (a meno che il testo non venga approvato dai 2/3 dei componenti delle due Camere in entrambe le seconde votazioni) la riforma potrà essere sottoposta a referendum.

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