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Covid, la curva del contagio è stabile ma ora si va alla prova di scuola e trasporti

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E’ una curva sostanzialmente stabile quella che fotografa l’andamento dell’epidemia di Covid-19 in Italia, ma il quadro complessivo e’ tutt’altro che definito: pesa infatti l’incognita del prossimo Autunno, con la riapertura delle scuole e la ripresa di attivita’ e massiccia circolazione per il trasporto pubblico, e continua a preoccupare anche la variante Delta del virus SarsCoV2 – piu’ contagiosa dal 40 al 60 per cento – che e’ ormai predominante con una prevalenza nazionale pari al 99,7%. Sul trend della curva epidemica pesera’ dunque la prova rappresentata da scuola e trasporti anche se, affermano gli epidemiologi, mantenendo alto il livello della campagna vaccinale in atto potrebbe essere scongiurato un peggioramento netto della situazione. La sostanziale stabilita’ dell’epidemia emerge dal monitoraggio settimanale della Cabina di regia, che evidenzia comunque un lieve calo dell’indice di trasmissibilita’ Rt – che scende a 0,97 rispetto all’1,01 della settimana precedente – e dell’incidenza dei casi, che si fissa a 74 per 100.000 abitanti rispetto al valore di 77 del periodo 20-26 agosto. Complessivamente aumentano pero’, da 10 a 17, le Regioni classificate a rischio moderato. Anche i dati del bollettino giornaliero indicano un trend stabile: sono 6.735 i positivi nelle ultime 24 ore (ieri 6.761) e sono 58 le vittime in un giorno, rispetto alle 62 di ieri. Il tasso di positivita’ e’ stabile al 2,2% rispetto al 2,3% di ieri. Negli ospedali sono 556 i pazienti in terapia intensiva, uno in piu’ rispetto a ieri, mentre i ricoverati nei reparti ordinari sono 4.164, si tratta 41 persone in meno rispetto al giorno prima. Ma l’allerta resta alta anche a fronte dei dati dell’ultima indagine rapida dell’Istituto superiore di sanita’ (Iss), riferita allo scorso 24 agosto, che rileva come la variante Delta si confermi predominante con una prevalenza nazionale pari al 99,7%. Una predominanza confermata negli ultimi 45 giorni: e’ stata infatti individuata nell’88,1% dei casi Covid riportati al Sistema di Sorveglianza integrata, secondo i dati dell’ottavo bollettino Iss. Forte diminuzione, invece, per i casi Covid legati alle varianti Alfa e Gamma, e resta alta la capacita’ di sequenziamento e genotipizzazione con l’11,8% dei campioni clinici positivi sequenziati nel mese di luglio. L’invito dell’Iss e’ dunque a mantenere alta la guardia con comportamenti prudenti e completare i cicli di vaccinazione, strumenti principali per prevenire l’ulteriore aumento della circolazione del virus. “La situazione epidemiologica in Italia – ha spiegato il direttore Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza – resta pressoche’ stabile e per quanto riguarda il tasso di occupazione di area medica e di terapia intensiva siamo rispettivamente al 7,3% e al 5,7%, e quindi sotto la soglia critica nazionale. Cio’ anche se c’e’ una regione (Sicilia, ndr.) che la supera e altre che si stanno avvicinando”. Per questo, “in vista della ripresa di scuole e attivita’ e’ bene completare rapidamente la campagna vaccinale e avere comportamenti prudenti”, ha avvertito. Ma anche un altro dato allarma: “Nei mesi scorsi – ha spiegato l’epidemiologo Cesare Cislaghi – sono aumentati i contagi tra i giovani e cio’ ha portato ad un calo della letalita’, che e’ notoriamente maggiore tra gli anziani, che ha raggiunto il valore dello 0,5%. Negli ultimi giorni, invece, la letalita’ e’ tornata ad essere vicina all’1%, raddoppiando rispetto ai minimi raggiunti”. Questo “fa pensare che l’eta’ dei contagiati sia aumentata, cio’ perche’ i giovani hanno verosimilmente trasferito il contagio nelle famiglie e in particolare agli anziani non vaccinati”. Un dato, rileva, “su cui pesa il consistente numero di over-60 non ancora ad oggi vaccinati”. In questo quadro, “l’Autunno e’ sicuramente un’incognita ma tutto dipendera’ da quanto si riuscira’ a mantenere elevati i numeri della campagna vaccinale. Se non ci saranno imprevisti o l’emergere di nuove varianti, credo tuttavia – conclude Cislaghi – che la situazione si manterra’ stabile, sia pure con una inevitabile lieve risalita dei casi. Questo perche’ l’effetto della copertura vaccinale sara’ fondamentale”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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