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Covid, de Magistris scrive a Conte: caro premier, a Napoli e in Campania situazione fuori controllo

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“Viva preoccupazione per la situazione della sanita’ pubblica nella Regione Campania. Si e’ perso completamente il controllo dei vari settori che compongono la struttura della difesa della salute dei cittadini. Dalla medicina territoriale di distretto, ai tamponi, dal tracciamento dei contagi, ai posti letto, ai reparti Usca, alla enorme difficolta’ di curare altre patologie di persone non affette da coronavirus, perche’ e’ stato disposto il blocco dei ricoveri.” Lo ha scritto in una lettera indirizzata al presidente del consiglio Giuseppe Conte, il sindaco di Napoli Luigi de Magistris che ha aggiunto: “Ho apprezzato il suo recente decreto che considero condivisibile ed equilibrato, ma al quale devono seguire misure assolutamente necessarie rivolte al territorio della nostra citta’ e di quello metropolitano di cui sono, per entrambi, il sindaco. Ne elenco alcune che rivestono una importanza ed un’urgenza improrogabile”. Ecco “la prima” che per de Magistris “riguarda il trasferimento, immediato, di una liquidita’ significativa e forte, con ordinanza di Protezione Civile per sostenere tutte le poverta’ che, rispetto alla precedente chiusura sono notevolmente aumentate, soprattutto, nella nostra citta’. Napoli ha un’economia particolare, anche circolare, fatta di sommerso, di lavoro ad ore, di una serie di attivita’ che sfuggono alle statistiche ordinarie in tema di lavoro e di produzione. In tal senso, la proroga della cassa integrazione, il blocco dei licenziamenti – misure che condivido – non arrivano, e non incidono, pero’, nel tessuto di un’economia che e’ caratterizzata da altri fattori”. De Magistris ha aggiunto: “Strettamente connessa e’ la seconda richiesta: un piano straordinario per il lavoro che possa consentire, anche al nostro Comune, di operare assunzioni per garantire il corretto funzionamento della macchina amministrativa, in un momento cosi’ delicato. Assunzioni in deroga, in particolare, come lo scorrimento, ad esempio, delle graduatorie del concorso della Polizia Locale o all’immissione di profili professionali nel settore della Protezione civile. Cio’, purtroppo, ha degli ostacoli e, come Lei ben sa, non e’ consentito, data la situazione di predissesto nella quale e’ considerato il Comune di Napoli”.

Il sindaco di Napoli ha proseguito: “Eppure con le nostre risorse scarse e con le limitazioni imposte e’ stato messo in campo tutto cio’ che era e che e’ nelle nostre possibilita’, con interventi mirati sulla situazione economica e sociale. Interventi che hanno riguardato, per esempio, l’esenzione di tasse ed imposte comunali, la sospensione dei fitti dei beni comunali e metropolitani ed altre significative azioni a difesa di categorie in sofferenza”. Quindi ha scritto: “Azioni che devono proseguire per dare concreti segnali di vicinanza ai nostri cittadini, ma che occorre che siano urgentemente ristorate dallo Stato per non gravare sulla gia’ precaria situazione economica e di bilancio del Comune di Napoli. Cosi’ come vanno ristorati i maggiori oneri a carico di cantieri ed imprese, che hanno dovuto sostenere notevoli costi per adeguarsi alle disposizioni contenute nei protocolli di sicurezza”.  De Magistris ha dichiarato: “I servizi offerti hanno anche riguardato la disponibilita’ di ospitare persone positive al Covid 19, ma asintomatiche o con lievi sintomi o guarite, in strutture che rientrano nella nostra disponibilita’, contribuendo, in tal senso, a liberare posti negli ospedali, ormai allo stremo. O quelli di mettere a disposizione centri e spazi per effettuare tamponi, in modo da interrompere il triste e desolante spettacolo delle interminabili file riportate dai mezzi di informazione”. E dunque: “Abbiamo con notevoli sforzi e lo rivendico con orgoglio attivato la didattica solidale a distanza, quando invece, la Regione ha, da subito, in modo assurdo ed incomprensibile chiuso, soprattutto, le scuole primarie ed elementari, interrompendo la preziosa attivita’ sociale, culturale e formativa”. Percio’ il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha scritto nella sua lettera al premier Conte: “Sono convinto, altresi’, che bisogna tornare alla didattica in presenza naturalmente osservando tutti i protocolli di sicurezza per i laboratori scolastici ed universitari che non possono effettuarsi a distanza.”

Infine De Magistris ha fatto notare al presidente del consiglio che: “Reputo necessaria una misura che diventa, sempre piu’ indispensabile: il reddito di emergenza per tutte le categorie prive di sostegno economico. Tutti quei lavoratori che, come accennavo in precedenza, non sono “catalogabili” ed individuabili. Un sostegno per tutti coloro che vivono anche arrangiandosi, cercando, dignitosamente, di avere un reddito da piccoli lavori artigianali, manuali o di necessita’. Ho cercato di esporle la situazione che riguarda il nostro territorio e la nostra comunita’, consapevole che le difficolta’, in questo periodo storico, riguardano ed attraversano l’intero nostro Paese. Ma Napoli possiede connotazioni particolari che vanno affrontate in modo deciso e capillare”. Infine ha concluso: “Per tali motivi, Le chiedo, nel clima di massima collaborazione istituzionale, un incontro, con cortese urgenza, per proseguire nel dialogo costruttivo, affrontando interventi assolutamente urgenti per la Citta’ e per l’area Metropolitana di Napoli”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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