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Coronavirus, la virologa Cristina Cassetti del team di Fauci: su vaccino c’è ancora molto da fare

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L’annuncio dei risultati del vaccino anti-Covid di Pfizer è una notizia “molto incoraggiante e anche altre aziende farmaceutiche sono sulla strada buona: verso la fine del 2021 potremmo tornare a una sembianza di normalità”. Però “calma, ci sono ancora molte cose da studiare. Per esempio l’effetto del vaccino sulle infezioni asintomatiche”. A parlare è Cristina Cassetti, una delle figure chiave nel Niaid, l’Istituto di ricerca sulle allergie e le malattie infettive con sede a Washington, guidato da Anthony Fauci. Nata a Roma, 51 anni, Cassetti è la vicedirettrice della Division of Microbiology and Infectious Diseases e fa parte del team che sovrintende ai 5 progetti di ricerca sul vaccino anti-Covid 19 finanziati dal governo degli Stati Uniti. Nella lista non c’è Pfizer che ha però venduto in anticipo 100 milioni di dosi per 1,9 miliardi di dollari all’amministrazione Trump. Pfizer ha fatto sapere di avere testato un vaccino con un’efficacia al 90%. Siamo a posto?

Anthony Fauci. Capo virologo della Casa Bianca

“Calma. Pfizer ha esaminato i primi dati della fase 3, vale a dire la sperimentazione che coinvolge circa 40mila persone – spiega Cassetti in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ – E’ un risultato eccellente. Anzi, direi che è un miracolo essere a questo punto dopo soli 10 mesi di lavoro. Adesso Pfizer completerà le verifiche e alla fine il tasso di efficacia potrà essere un po’ di più o un po’ di meno del 90%. Teniamo conto che il vaccino per la normale influenza di solito ha un’efficacia intorno al 40-60% e la Fda considererà per l’autorizzazione d’urgenza per vaccini contro il Covid solo quelli con un’efficacia superiore al 50%”. Stiamo correndo troppo con l’immaginazione, allora? “La Fda ora revisionerà tutta questa massa enorme di dati; si consulterà con i vari comitati ed entro la fine di quest’ anno potrebbe dare il via libera – prosegue la scienziata – Pfizer, però, come tutti gli altri, ha già iniziato la produzione. Avrà 30-40 milioni di dosi pronte, che significa poter immunizzare 15-20 milioni di persone, perché saranno necessarie due iniezioni”. D’accordo, la distribuzione del vaccino Pfizer avverrà con diverse ondate. A che punto sono gli altri? “C’è Moderna, che ha cominciato la fase 3 della sperimentazione lo stesso giorno di Pfizer, il 27 luglio 2020 – ricorda – Ma per il momento non ha ancora comunicato nulla. Ci aspettiamo che dicano qualcosa entro pochi giorni. Poi abbiamo Janssen e AstraZeneca che sono ancora un po’ indietro. Infine, un altro gradino più sotto troviamo i vaccini con proteine ricombinanti di Sanofi e Novavax”.

In sostanza, entro i primi mesi del prossimo anno potremmo avere due vaccini, Pfizer e Moderna. Ma ci sono già dei segnali su come stanno andando le sperimentazioni per tutti gli altri? “Sì e sono promettenti per tutti. Gli esiti della fase 1 e della fase 2, cioè i test su platee di volontari più ristrette, hanno dato buoni risultati. Anche le altre aziende farmaceutiche, quindi, sembrano seguire la stessa strada di Pfizer”, risponde Cassetti. “Dobbiamo ancora studiare molte cose – ribadisce – Ce n’è una di fondamentale importanza: i vaccini prevengono l’esplosione della malattia, ma ancora non sappiamo se eviteranno l’infezione che si manifesta senza sintomi. In altri termini bisogna verificare se una persona, anche se vaccinata, possa ugualmente contrarre il virus e diffonderlo senza accorgersene, come avviene ora per i cosiddetti asintomatici – osserva la ricercatrice – Inoltre, non sappiamo quanto tempo durerà la copertura garantita dal vaccino: 6 mesi, 1, 2 anni? Ancora: Pfizer ha condotto le sperimentazioni su una platea di volontari dai 18 anni in su. Dobbiamo capire se ci sono risposte diverse a seconda della fascia di età, in particolare tra le persone che hanno più di 65 anni. E infine dovremo studiare le possibili interferenze tra i diversi vaccini. Che cosa succede se un composto non funziona nello stesso modo per tutti? Le persone potranno assumerne un altro?”.

Possiamo aggiungere un’altra domanda: quante persone si dovranno vaccinare in modo che si cominci ad arginare la pandemia? “Servirà una vaccinazione di massa, altrimenti la barriera non funzionerà – dice Cassetti – Ho letto dei sondaggi preoccupanti negli Stati Uniti: solo circa il 50% degli interpellati si è detto pronto a farsi vaccinare. Non va bene, troppo poco”. Quale sarebbe la percentuale accettabile? “Sicuramente molto più di queste soglie – avverte – Ma non voglio dare un numero, perché anche su questo ci sono studi in corso. Per bloccare il morbillo, giusto per fare un esempio, occorre una quota di vaccinati del 95%. E anche il Covid si trasmette con facilità”. State osservando effetti collaterali pesanti? “Finora niente di preoccupante – risponde l’esperta – A volte un po’ di febbre e di malessere temporanei. Sintomi normali quando un vaccino stimola una forte risposta immunitaria”. A questo punto che previsioni può fare? “Il prossimo anno, naturalmente, sarà decisivo. Se i risultati finali delle sperimentazioni saranno coerenti con i segnali che abbiamo adesso – conclude – potremo tornare a una sembianza di normalità verso la fine del 2021. Nel frattempo potremo contare su cure sempre più efficaci, senza però allentare le misure di precauzione: mascherina e distanziamento sociale”.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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