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Economia

Contribuenti italiani tartassati, riparte l’inferno della riscossione: se non ti uccide il covid lo fa il Fisco

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Il sistema fiscale/ bancario/ finanziario,  ossia quei famosi creditori che ci rincorrono periodicamente per chiedere pagamenti di ogni tipo, ha terminato il ritiro e nonostante l’aggravamento del dramma socio economico targato corona virus, nonostante la gravissima crisi sociale  e l’impossibilità per i “non statali pagati per stare a casa” di poter lavorare  è pronto a  bussare con i suoi strumenti espropriativi  alle porte di milioni di italiani (per debiti superiori a 1000,00 dalla fine ottobre), Incurante della crisi economica e nonostante l’ordine di richiudere gran parte delle attività economiche riparte anche la Riscossione Esattoriale più violenta che mai, la più indigesta che si  ricordi. Dopo banche e finanziarie intente a recuperare anche l’Agenzia delle Entrate e Riscossioni, ha già imbustato ed invierà  milioni di cartelle e procedure esattoriali  agli imprenditori italiani e cittadini indigeti nuovamente vittime indifese di intimazioni di pagamento, ipoteche e pignoramenti per presunti debiti con il Fisco, che mai come in questo periodo anche per causa di forza maggiore sicuramente non sarà facile pagare e si dovranno contestare come prevede la legge più lungimirante dell’attuale burocrazia .

Come annunciato nei giorni scorsi da Ernesto Maria Ruffini, Direttore dell’Agenzia delle Entrate, si deve ricominciare ad incassare  milioni di cartelle esattoriali   che vanno sommate ad oltre 130milioni di avvisi che compongono il magazzino residuo ancora da pagare dai contribuenti italiani, per valore complessivo pari a 987miliardi.

La campanella è suonata  e la tregua fiscale dettata dal Covid, che ha dato un poco di respiro ai contribuenti italiani  è finita nonostante non si possa neanche uscire per respirare in sicurezza. Il sistema fisco  ed i poteri forti sono pronti a battere cassa e molti  sono quelli  che faranno portafoglio e affari sulle disgrazie altrui e  grazie alla crisi economica più grave di tutti i tempi 

Quindi, gli imprenditori che per causa di forza maggiore non hanno potuto far fronte a tutti gli addebiti del sistema , che da soli raggiungono il 60% del debito fiscale , sono nell’occhio del ciclone ed è a partire da loro che il Fisco punterà a far cassa… con la sola speranza di poter trovare un giudice che metta un freno alla riscossione fiscale e finanziaria . Ci sono ancora delle azioni concrete che i malcapitati debitori potrebbero fare  e , tra queste, la prima è verificare in tempo e preventivamente  la propria posizione fiscale/bancaria con l’aiuto di un esperto, per organizzare una difesa e tentare di trovare una soluzione alternativa a conseguenze estreme .

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è scritto a “chiare lettere” e tradotto ancor più chiaramente si avverte tutti ora dovete pagare : “A decorrere dal 16 ottobre 2020, riprenderanno ad operare gli obblighi imposti al soggetto terzo debitore (e quindi la necessità di rendere indisponibili le somme oggetto di pignoramento e di versamento all’Agente della riscossione fino alla concorrenza del debito).” Che cosa significa questo?

Che riprende nuovamente la feroce ed insensibile macchina della riscossione fiscale senza alcuna difesa e cautela per i malcapitati contribuenti solo momentaneamente graziati da una pausa politica del fisco quando la crisi covid non era ancora così grave come adesso e nel prossimo inverno. Ora lo Stato incurante della realtà e della gravissima e peggio crisi economica di tuti i tempi da lunedì rimetterà in moto le sue macchine micidiali per recuperare i soldi che sostiene di vantare perchè cosi e basta !.

Purtroppo è facile immaginare quanti soldi, spese , interessi , tasse e sanzioni pensa di avanzare e dover recuperate il sistema fisco, tanti, troppi,  specialmente dopo che ha dovuto rinunciare a miliardi  di Euro di tributi, per non parlare dell’Iva e di tanti proventi dai giochi (lotto etc…) che con il lock-down sono andati persi.

La potenza di fuoco arriva ora, ma non è quella che ci era stata promessa a favore dei cittadini e degli imprenditori che lo STATO  a chiacchiere prometteva di aiutare e salvare durante le dirette a reti unificate “dell’avvocato del popolo” Giuseppe Conte . 

Con gran fortuna per i postini e le tipografie ci sono milioni di cartelle esattoriali che stanno per esser recapitate non si può immaginare che macello ci sarà e chi riuscirà ad ottenere giustizia !

Non serve a nulla  fare il catastrofista, ma ho imparato a dire le cose come stanno, senza aggiungere o togliere nulla, purtroppo senza timore di esser smentito è chiaro che siamo in una situazione economica e sociale tragica, un dramma economico sociale  che il nostro paese non ha mai vissuto prima d’ora e che va  affrontato senza più girarsi dall’altra parte, senza cercare  scappatoie inutili, ma opponendosi e cercando di far capire bene qual’è la realtà .

Basta ascoltare la volpe di turno, basta con le fandonie sulle notifiche. Non è vero che  se ti lasciano una raccomandata alla posta e non la ritiri , la notifica non vale. Quindi massima attenzione se non si vuole rischiare di perdere tutto sotterrati da procedure espropriative. 

In tanti casi oramai l’unica strada per risolvere il problema dei debiti e del cosidetto sovraindebitamento per cumulo di tasse, mutuo  e altre pretese  può partire solo o dall’avere certezza e coraggio di mettere in chiaro i  propri debiti ed organizzarsi per ridurli secondo legge o per metter appunto la migliore difesa ed impugnazione delle procedure espropritive, senza affidarsi anche ai soliti avvoltoi e speculatori di turno pronti  ad approfittare delle emergenze. 

Purtroppo solo ai politici italiani non è chiaro quello che sta succedendo: sempre più famiglie sono con l’acqua alla gola perché il lock-down e tutte le disposizioni del governo hanno danneggiato gran parte dei settori professionali ed imprenditoriali, come il settore della ristorazione e degli alberghi, o il settore dell’intrattenimento e dello spettacolo . Ci sono piccole botteghe, negozi e attività che hanno dovuto chiudere e sono rimasti indebitati con fornitori, dipendenti e con le tasse… per non parlare dei debiti con le banche . Ci sono tante persone, magari già in pensione ed in difficoltà a vivere con quello che resta di una vita di sacrifici, che sono stati chiamati in causa dalle banche e dalle finanziarie, perché hanno prestato delle garanzie; forse per il figlio o la figlia che stavano avviando l’attività o che dovevano comprare la casa… e con questo manicomio della pandemia hanno perso molte entrate e sono rimasti indietro con i pagamenti. 

Per tentare di non stramazzare al suolo  dobbiamo mettercela davvero tutta, è necessario intensificare i sistemi di difesa e organizzare un esercito  di nuovi professionisti per fronteggiare questa nuova era di crisi economica e sociale senza perder tempo di fronte alla valanga di pretese di pagamento che devono esse fronteggiate, oramai non possiamo permetterci di perdere per salvare il salvabile  .

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Obbligo polizze anche per immobili abusivi in sanatoria

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Anche gli immobili su cui è in corso una sanatoria o un condono dovranno essere assicurati contro le catastrofi. Per gli immobili in affitto, invece, l’indennizzo che spetta al proprietario andrà usato per ripristinare il bene danneggiato o distrutto. Sono alcune delle principali modifiche del decreto polizze catastrofali che, incassato il primo via libera in commissione, sarà da domani in Aula alla Camera. Nulla di fatto invece per l’ipotesi di rendere i costi delle polizze deducibili: la richiesta bipartisan non è passata, ma il governo non esclude di valutarla in manovra. Con una seduta lampo di circa un’ora, la commissione Ambiente di Montecitorio ha iniziato e concluso l’esame degli emendamenti, votando il mandato al relatore Gianpiero Zinzi (Lega).

Le modifiche approvate (due emendamenti del relatore e quattro riformulati) al decreto, che proroga l’obbligo di assicurarsi al primo ottobre 2025 per le medie imprese e al primo gennaio 2026 per le piccole e micro imprese, mirano soprattutto a chiarire alcuni dubbi sollevati dalle imprese. Uno riguarda la questione degli immobili con abusi edilizi, che la norma esclude dall’obbligo di assicurazione: la modifica stabilisce che vadano assicurati “esclusivamente” gli immobili costruiti o ampliati con “un valido titolo edilizio”, ma anche quelli “oggetto di sanatoria o per i quali sia in corso un procedimento di sanatoria o condono”. Per gli immobili non a norma, che risultano quindi non assicurabili, viene quindi specificato che non avranno diritto ad indennizzi e contributi pubblici. Per gli immobili di proprietà di terzi, che vanno assicurati dall’imprenditore, si stabilisce che l’indennizzo spettante al proprietario vada utilizzato “per il ripristino dei beni danneggiati”.

In caso di inadempimento il proprietario ha comunque diritto a “una somma”, per compensare il mancato profitto nel periodo di inattività dell’impresa, “nei limiti del 40% dell’indennizzo percepito”. Un emendamento del relatore chiarisce poi che il valore dei beni da assicurare venga determinato considerando “il valore di ricostruzione a nuovo dell’immobile” o “il costo di rimpiazzo dei beni mobili” o il costo “di ripristino delle condizioni del terreno interessato dall’evento calamitoso”. Vengono inoltre esclusi dallo scoperto o franchigia fino al 15% del danno le grandi imprese che “stipulano un programma assicurativo globale valido per tutto il gruppo”. E’ infine previsto il coinvolgimento del Garante per la sorveglianza dei prezzi che, insieme all’Ivass, svolgerà “la funzione di controllo e verifica”, per evitare speculazioni sui premi assicurativi.

Nulla di fatto invece per la richiesta avanzata sia dalla maggioranza che dall’opposizione di prevedere una deducibilità dei costi. Un tema che non può essere trattato in un provvedimento di proroga, spiega il sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che però non chiude: il tempo c’è, “magari troverà spazio nella prossima legge di bilancio”.

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Corte Conti Ue dura su Pnrr: scollegato dai risultati

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Duro bilancio della Corte dei conti europea sul dispositivo per la Ripresa e la resilienza, soprattutto per lanciare un avvertimento sul prossimo Bilancio Ue e l’ipotesi di legare di nuovo fondi europei a riforme o risultati. “Sebbene il Pnrr abbia svolto un ruolo cruciale nella ripresa post-pandemica dell’Ue, abbiamo riscontrato diverse debolezze in termini di performance, responsabilità e trasparenza”, ha spiegato Ivana Maletić, membro della Corte. “I finanziamenti di futuri strumenti basati sulla performance dovranno essere meglio collegati ai risultati e disciplinati da regole chiare – ha aggiunto il coautore Jorg Kristijan Petrovič -: altrimenti, questo sistema non andrebbe utilizzato”.

Secondo gli auditor europei, in particolare, il Recovery “non è realmente uno strumento che eroga finanziamenti sulla base della performance”, perché “pone maggior enfasi sui progressi”. Anche se i pagamenti sono legati a traguardi e obiettivi, si riferiscono più spesso a output (come edifici ristrutturati o chilometri di ferrovie) che a risultati concreti, rendendo difficile valutare l’efficacia delle misure. La Commissione però non ci sta: pur dicendosi “lieta” che sia stato riconosciuto l’impatto positivo del Pnrr, afferma che “non sembra basato su alcun riscontro” il giudizio che il Recovery non è basato sulla performance.

Lo è “chiaramente”, rivendica. “Incentivando gli Stati membri ad affrontare le loro sfide strutturali, ha accelerato l’attuazione di riforme vitali in aree come occupazione, istruzione e ambiente imprenditoriale”, ha anche segnalato il vicepresidente esecutivo Raffaele Fitto (Nella foto Imagoeconomica in evidenza). L’analisi degli auditor europei è comunque impietosa, anche se riprende giudizi già espressi dalla Corte dei Conti a Lussemburgo in più occasioni: “Le informazioni sui risultati sono modeste”, afferma, e “l’efficienza della spesa e il rapporto costi-benefici non possono essere misurati”. La Commissione “non raccoglie dati sui costi effettivi”, accusa. E di conseguenza, “non è chiaro quello che i cittadini ottengono in concreto grazie a questi fondi”.

La Corte lamenta anche che “non esiste un quadro completo su chi siano i destinatari finali dei fondi”. L’erogazione agli Stati membri non garantisce che il denaro abbia raggiunto l’economia reale. In alcuni casi, i fondi sono rimasti presso istituzioni intermedie, come la Banca europea per gli investimenti. Nonostante alcuni miglioramenti recenti, “i sistemi di controllo del Recovery non sono ancora abbastanza robusti”. Sono affidati ai singoli Stati, ma ci sono debolezze e la Commissione “non può imporre rettifiche finanziarie” per singole violazioni, salvo casi gravi, e “alcuni Paesi hanno ricevuto consistenti finanziamenti ancor prima di avere completato i progetti”. E ancora, “solo la metà circa delle misure ha prodotto risultati concreti”. E “l’assenza di indicatori adeguati limita in modo significativo la possibilità di valutare l’impatto delle riforme”. Ci sono metodologie su traguardi e obiettivi diverse per ogni Stato con un “rischio di disparità di trattamento”.

A fine 2024 erano state presentate 128 delle 151 richieste di pagamento previste (85%), ma con forti disparità tra Paesi. Mentre il 42% dei fondi è stato erogato, solo il 28% dei traguardi e obiettivi è stato raggiunto: “una quota significativa dei finanziamenti è stata versata senza che le misure corrispondenti fossero state completate”. Insomma, l’invito è quello di evitare di ripetere in futuro un modello che “non garantisce informazioni sui risultati, sui costi effettivi e sui beneficiari finali”. Per strumenti così è necessario che “i finanziamenti siano chiaramente collegati ai risultati” e che vi siano “regole chiare e comuni per tutti gli Stati membri”. “Una semplice copia e incolla non è un’opzione”.

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Bce accelera l’euro digitale, PostePay tra i 70 partner

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La Bce scalda i motori sull’euro digitale, con un ‘innovation hub’ che riunirà startup, aziende fintech, mondo dell’accademia, fornitori di servizi di pagamento: obiettivo, far stare al passo il progetto di valuta digitale con l’innovazione ora che dall’amministrazione Trump arriva un’offensiva che fa perno, invece, sulle stablecoin come mezzo di pagamento per puntellare il dollaro. La Banca centrale europea la chiama “piattaforma per l’innovazione”, con gruppi di lavoro che si riuniscono regolarmente, fatta di quasi 70 partner impegnati in sperimentazione, innovazioni, simulazioni e test di quello che – previa decisione finale di Francoforte a fine anno una volta avuto il via libera dell’Europarlamento – sarà l'”ecosistema” dell’euro digitale. Un segnale alle obiezioni del settore bancario e dei payment service providers, dove alcuni all’euro digitale preferirebbero un ecosistema europeo privato superando l’attuale frammentazione.

Il principio è che la Bce fornirà l’infrastruttura, con un euro digitale di base gratuito per l’inclusione finanziaria, ma i privati potranno arricchire con servizi aggiuntivi. Ma anche un’apertura all’innovazione che parla implicitamente alla politica: “l’ampiezza e creatività delle proposte sottolineano il potenziale dell’euro digitale come catalizzatore d’innovazione finanziaria in Europa”, commenta Piero Cipollone che nel board Bce cura il progetto dell’euro digitale. Sullo sfondo ci sono i timori crescenti – anche di stabilità finanziaria – di Francoforte per l’alleanza dell’amministrazione Trump col mondo crypto, in particolare le stablecoin, per puntellare il dollaro e non nasconde la propria avversità alle valute digitali di banche centrali come il progetto europeo.

I partner di questo ‘innovation hub’, divisi fra “pionieri” e “visionari”, vanno dai big dell’high tech e della consulenza come Infineon, Sap, Accenture e Kpmg, al Politecnico di Milano, Sda Bocconi e Fintech Lab Baffi Centre fino al settore bancario con per l’Italia l’Abi Lab. Dai fornitori di pagamenti elettronici come la spagnola Bizum o PostePay, col potenziale di dare accesso all’euro digitale agli anziani poco digitalizzati con la rete capillare di Poste, alle startup dell’Ia come l’italiana TechAi Lab. Fino a Coti, un ecosistema per le transazioni finanziarie con soluzioni per la privacy basato sulla tecnologia blockchain, opzione cui la Bce guarda con interesse.

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