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Congiunti e fidanzati, seconde case, domicilio e residenze, autocertificazioni: tutti i dubbi del Dpcm

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Chi sono i “Congiunti”? Si può andare nelle seconde case? Le migliaia di cittadini che hanno la residenza al Sud ma sono rimasti bloccati al Nord potranno tornare nelle loro case? Per andare a prendere il cibo d’asporto bisognera’ prenotare o si fara’ la fila? E ancora, cambierà l’autocertificazione? Si potranno celebrare le messe? Che cosa vuol dire ‘funerali all’aperto’? Il nuovo Dpcm in vigore dal 4 maggio con il quale partirà ufficialmente la Fase 2, lascia aperti una serie di dubbi che dovranno essere chiariti nei prossimi giorni da Palazzo Chigi attraverso l’aggiornamento della Faq. Perplessità ampliate dalle singole ordinanze dei presidenti delle Regioni che gia’ in queste ore stanno procedendo in ordine sparso con provvedimenti uno diverso dall’altro, con il risultato di fare ancora piu’ confusione.

PARENTI E FIDANZATI, SÌ O NO?: Il tema piu’ controverso è sicuramente quello su chi si potrà vedere e chi no. Il Dpcm afferma che “si considerano necessari gli spostamenti per incontrare i Congiunti” ma il codice civile non dà una definizione di Congiunti, mentre parla di ‘parenti e affini’. E, secondo gli esperti di diritto, sono questi gli unici Congiunti che sarà consentito vedere. Una nozione che, in senso tecnico, esclude tutti coloro che non sono legati da un vincolo affettivo giuridicamente rilevante, cioe’ fidanzati e coppie di fatto. Palazzo Chigi ha pero’ gia’ chiarito che nella definizione rientrano anche “fidanzati e affetti stabili”. Dal punto di vista della parentela sono Congiunti sia i consanguinei legati da ascendenza e discendenza, come genitori e figli, nonni e nipoti, sia chi ha legami orizzontali, come fratelli e sorelle. Gli affini sono invece i cosiddetti parenti acquisiti: suoceri, generi, nuore, cognati e coniugi.

SECONDE CASE, CHE FARE?: L’altro grande nodo è quello sulle seconde case. Il Dpcm in vigore, quello dell’11 aprile, afferma che e’ “vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case”. Una formulazione che nel nuovo Dpcm scompare. Dovrebbe quindi essere consentito andare nelle seconde case purche’ si trovino nella stessa regione, visto che gli spostamenti tra regioni restano vietati. Un principio logico che sbatte pero’ con quanto previsto dall’art. 1, che tra le motivazioni che consentono di spostarsi prevede, come unica novita’, quella di far visita ai parenti. C’e’ poi un ulteriore elemento: lo stesso art.1 stabilisce che “e’ in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”. Dunque se nelle seconde case si hanno domicilio o residenza dovrebbe essere possibile andarci.

SI PUÒ TORNARE AL PROPRIO DOMICILIO O RESIDENZA? E’ una questione fondamentale, poiche’ e’ legata alla possibilita’ per migliaia di italiani di muoversi dal nord al sud del paese. Il Dpcm consente questa possibilita’, affermando che e’ consentito “in ogni caso”. Ma allo stesso tempo vieta i movimenti tra le Regioni. Secondo il Comitato tecnico scientifico “certamente ci saranno delle circolari interpretative che chiariranno tutti i dubbi”. L’indicazione degli esperti, ha pero’ ribadito il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, e’ che “devono essere limitati piu’ possibile gli spostamenti tra Regioni” e che “rimane in vigore il divieto di spostamento interregionale”.

SI POSSONO VEDERE GLI AMICI?: Ni’, anche se il premier Conte lo ha escluso. Comunque, l’articolo 1 comma d vieta l'”assembramento di persone in luoghi pubblici e privati”. Ma se due o tre amici si danno appuntamento per passeggiare in strada o incontrarsi in libreria – entrambe possibilita’ consentite – non fanno un assembramento e non violano alcun divieto. Dunque si possono vedere. Nel rispondere su chi sono i Congiunti, inoltre, il governo ha sostenuto che tra loro vanno considerati anche gli “affetti stabili”. Difficile sostenere che le amicizie non rientrino in questa categoria.

COME GESTIRE L’ASPORTO? Il decreto consente ai ristoranti di aprire per la vendita dei cibi a portar via. Indicando tra l’altro “l’obbligo di rispettare la distanza di un metro” e “il divieto di sostare nelle immediate vicinanze degli stessi”. Ma non indica se si dovra’ prenotare per forza on line o via telefono o si potra’ andare a fare la fila per ordinare.

MESSE SI’ O NO?: Sul tema la Cei e tutto il mondo cattolico sono partiti all’attacco. Il Dpcm le vieta ma dopo le proteste dei vescovi palazzo Chigi ha gia’ fatto sapere che “nei prossimi giorni ci saranno protocolli per le messe”. E i dubbi riguardano pure i funerali, che invece sono consentiti, possibilmente all’aperto e con un massimo di 15 persone. Ma chi controlla che non arrivino, ad esempio, in 20? E cosa significa all’aperto? Vuol dire che devono svolgersi sui sagrati delle chiese o nei cimiteri, che dunque dovranno essere riaperti?

CAMBIERA’ L’AUTOCERTIFICAZIONE?: Anche in questo caso i dubbi restano. Probabilmente verrà aggiunta la possibilita’ di far visita ai Congiunti. Ma potrebbe anche sparire per gli spostamenti all’interno dei comuni, visto che sono diverse le possibilita’ di movimento consentite (dal cibo d’asporto alle librerie fino alle passeggiate). E dovra’ essere chiarita la questione del rientro al domicilio o residenza.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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