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Economia

Ponte sullo Stretto, i dubbi del Ministero dell’Ambiente

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Il ministro Matteo Salvini lancia la Conferenza dei servizi sul Ponte sullo Stretto, per avviare entro l’estate i cantieri della sua opera-bandiera. Ma il primo sgambetto gli arriva proprio da un altro ministero, quello dell’Ambiente, guidato da Gilberto Pichetto di Forza Italia. Alla prima riunione della Conferenza dei servizi, che riunisce tutti i soggetti interessati per sveltire le procedure (imprese, Ministeri, enti locali), il Mase ha chiesto alla Società Stretto di Messina S.p.a. ben 239 integrazioni di documenti. Per il ministero, la documentazione presentata dalla concessionaria è superficiale, insufficiente e non aggiornata, e va approfondita su tutti i fronti.

I tecnici della Commissione Via-Vas, quelli che devono fare la valutazione di impatto ambientale dell’opera, in 42 pagine di relazione hanno chiesto nuove informazioni praticamente su ogni aspetto del progetto. Le richieste di integrazione di documenti riguardano la compatibilità coi vincoli ambientali, la valutazione dei costi e benefici, la descrizione di tutti gli interventi previsti, il sistema di cantierizzazione, la gestione delle terre e rocce di scavo. Il Mase chiede dati più approfonditi e aggiornati sul rischio di maremoti, sull’inquinamento dell’aria, sull’impatto del Ponte sull’ambiente marino e di terra e sull’agricoltura, sulle acque, sui rischi di subsidenza e dissesto, sulla flora e sulla fauna, sul rumore e i campi magnetici, sulle aree protette di rilevanza europea Natura 2000. Le associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente e i comitati locali anti-Ponte parlano di “passo falso” e di “farsa”, e ribadiscono “il progetto non sta in piedi”.

Ma sono soprattutto le opposizioni a cavalcare la vicenda. Per Marco Simiani del Pd, “il ministero dell’Ambiente sconfessa clamorosamente Matteo Salvini, bloccando di fatto il progetto”. Proprio il leader della Lega era assente alla Conferenza dei servizi, che si è tenuta al suo ministero delle Infrastrutture. “Dal ministero dell’Ambiente arriva un macigno sul progetto del Ponte sullo Stretto”, commenta il leader Cinquestelle Giuseppe Conte, che parla di “un progetto vecchio, risalente al 2011/2012, pieno di falle sul piano ingegneristico, ambientale, trasportistico e finanziario”. Angelo Bonelli di Avs rincara la dose: “La commissione tecnica Via del Ministero dell’Ambiente ha demolito il progetto definitivo sul ponte. Ma esiste un progetto definitivo? O quello che avete presentato è quello di 15 anni fa, che era stato bocciato nel 2012 dal ministero dell’Ambiente?”. Mentre il Codacons chiede l’intervento della Corte dei Conti, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, non si mostra preoccupato per le osservazioni del Mase: “Sono richieste congrue, data l’entità dell’opera. In 30 giorni daremo tutti i chiarimenti richiesti”.

Il ministro Gilberto Pichetto si trova all’improvviso in una posizione scomodissima, con gli uffici del suo ministero che bastonano un progetto che è il cavallo di battaglia di un suo collega. “Con queste istanze abbiamo dato via alla procedura di valutazione di impatto ambientale”, commenta asettico. La richiesta di integrazioni “è atto tipico della prima parte di ogni procedimento di valutazione di impatto ambientale”. Per il Ponte “si è tenuto conto, come di consueto, anche di elementi tratti dai contributi di Ispra e di soggetti non pubblici aventi diritto, per legge, ad esprimersi”. “Le richieste della Commissione Via-Vas del Mase non rappresentato assolutamente una bocciatura del Ponte sullo Stretto, ma sono legittime integrazioni proporzionate ad un progetto enorme – ha commentato Matilde Siracusano, sottosegretario di FI ai Rapporti con il Parlamento – Ho sentito il ministro Pichetto e anche Pietro Ciucci, e non ci sono criticità”.

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Economia

Al via il piano Transizione 4.0: boom di richieste per il credito d’imposta su beni tecnologici

Già esauriti i 2,2 miliardi stanziati per gli investimenti 2025. Accesso attraverso il portale GSE con Spid.

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È scattato ieri alle 14 il kick off per la prenotazione del credito d’imposta destinato agli investimenti in beni strumentali ad alta tecnologia, previsti dal piano Transizione 4.0. In poche ore, secondo il monitoraggio del GSE, le richieste pervenute avrebbero già superato il plafond di 2,2 miliardi stanziato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso.

Obiettivo: innovazione, sostenibilità e inclusione

Il piano, rinnovato per il 2025, mira a rendere le imprese italiane più competitive, sostenibili e innovative, incentivando in particolare gli investimenti in transizione digitale, green economy e design. I fondi coprono gli investimenti effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025, con proroga al 30 giugno 2026 se entro fine 2025 è stato versato almeno il 20% di acconto.

Come accedere al bonus

La procedura si svolge esclusivamente online attraverso il portale del GSE (www.gse.it), accedendo tramite identità digitale SPID. Le imprese dovranno compilare un modulo telematico, specificando:

  • i dati aziendali

  • la tipologia di comunicazione (preventiva, di completamento o con acconto)

  • le date di avvio e chiusura dell’investimento

  • le informazioni tecniche sul bene (anche in leasing)

Tre fasi per ottenere il credito

Il meccanismo si articola in tre fasi distinte:

  1. Comunicazione preventiva, da inviare entro il 31 gennaio 2025, indicando importo e tipologia dell’investimento. L’ordine cronologico è determinante per accedere ai fondi.

  2. Conferma dell’acconto, da effettuare entro 30 giorni dalla comunicazione, allegando la prova di versamento del 20% dell’investimento o, in caso di leasing, la firma del contratto e l’impegno formale all’acquisto.

  3. Comunicazione finale, da trasmettere entro il 31 gennaio 2026 per investimenti completati nel 2025, o entro il 31 luglio 2026 per quelli ultimati nella proroga semestrale.

Cosa succede in caso di esaurimento fondi

Anche in caso di esaurimento del budget, le comunicazioni inviate saranno acquisite dal sistema e le imprese rimarranno in lista per un eventuale rifinanziamento, sempre nel rispetto dell’ordine di presentazione. Il MIMIT comunicherà a breve i numeri ufficiali sulle richieste.

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Economia

Mediobanca e Generali al lavoro su partnership strategiche dopo il rinvio dell’assemblea

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Dopo il rinvio al 25 settembre dell’assemblea che avrebbe dovuto decidere sull’offerta pubblica di scambio (Ops) di Mediobanca su Banca Generali, sono partiti i primi tavoli di confronto tra Milano e Trieste. L’obiettivo è accelerare il negoziato per definire l’architettura di nuove partnership commerciali e strategiche tra Mediobanca e Assicurazioni Generali.

Il nodo della compensazione per Generali

Uno degli aspetti chiave è il perimetro delle intese da condividere con gli azionisti, soprattutto con Caltagirone, da sempre contrario all’operazione, e con Delfin, la holding di Francesco Milleri, che aveva manifestato apertura ma si è astenuta in assenza di dettagli concreti.

L’uscita di Banca Generali dal perimetro del Leone di Trieste genererebbe una perdita di utile tra il 4% e il 5%, pertanto sarà necessario trovare un meccanismo di compensazione adeguato per soddisfare gli azionisti e assicurare la sostenibilità finanziaria di Generali.

Pressione di mercato e passivity rule

Intanto Banca Generali continua a perdere valore in Borsa, con un calo del 2,09% nella seduta di ieri, mentre Generali ha ceduto l’1,21%. L’Ops ha generato incertezze che il mercato continua a monitorare con attenzione. L’operazione, infatti, potrebbe restare sospesa per altri tre mesi, in attesa della conclusione del periodo previsto dalla passivity rule, che impone il congelamento delle difese da parte della società bersaglio.

Le valutazioni legali: “Nessuna criticità nel rinvio”

Il professore Filippo Annunziata, docente di Diritto dei mercati finanziari alla Bocconi, ha affermato che il rinvio dell’assemblea non costituisce un vizio procedurale, ma rientra nei poteri delle parti coinvolte. L’articolo 104 del Tufregola la convocazione dell’assemblea per superare la passivity rule, ma la validità dell’operazione resta solida, secondo Annunziata, anche con la nuova calendarizzazione.

Mediobanca prosegue gli acquisti e stringe i tempi

Nel frattempo Mediobanca ha acquistato 376.000 azioni proprie per un valore di 7,2 milioni di euro, confermando la volontà di mantenere il controllo sul dossier e rafforzare il proprio posizionamento. I prossimi mesi saranno determinanti per la definizione dell’operazione, che dovrebbe completarsi tra settembre e ottobre, salvo ulteriori sviluppi.

Il dialogo tra Piazzetta Cuccia, Trieste e Banca Generali sarà fondamentale per la riuscita dell’Ops e per offrire agli investitori un quadro chiaro e credibile.

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Economia

Operazione Unicredit-Banco Bpm Golden power, il governo difende la sua legittimità: “Serve a proteggere la sicurezza nazionale”

Il Mef risponde all’Ue sul caso Unicredit-Banco Bpm: “Interessi finanziari dei risparmiatori sono sicurezza nazionale”. Orcel: “Senza chiarezza, niente OPS”.

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Il Golden power italiano è legittimo e rientra pienamente nella tutela della sicurezza nazionale, anche quando riguarda gli interessi economici e finanziari dei cittadini. È questo il punto chiave della risposta del Ministero dell’Economia(Mef) alla Commissione Europea, in particolare alla Direzione Generale Concorrenza (Dg Comp), che aveva chiesto chiarimenti in merito all’applicazione dei poteri speciali nell’operazione Unicredit-Banco Bpm.

La posizione del governo: “Intervento necessario per tutelare i risparmiatori”

Il governo italiano ha spiegato che l’autorizzazione all’operazione tra i due istituti bancari è accompagnata da prescrizioni considerate “legittime” e “fattibili”. Al centro della risposta c’è la difesa dell’interesse strategico rappresentato dalla massa di risparmio e depositi da centinaia di miliardi, che fa parte della sicurezza economica nazionale.

Un altro nodo centrale è il disimpegno di Unicredit dalla Russia entro il 18 gennaio, indicato come condizione fondamentale nel contesto della posizione italiana sulla guerra in Ucraina.

La questione della natura “italiana” dell’operazione

Bruxelles ha anche sollevato dubbi legati al fatto che l’operazione riguarda due soggetti italiani. Ma il Mef ha chiarito che oltre il 60% del capitale di Unicredit è detenuto da investitori extra-UE, con una forte presenza statunitense e un 20% proveniente dal Regno Unito, Paese ormai fuori dall’Unione.

Questo, però, secondo fonti vicine al dossier, è un aspetto marginale: la vera priorità resta la protezione della sicurezza economica nazionale e l’allineamento con le posizioni euro-atlantiche.

Il quadro normativo e l’autonomia degli Stati

Il Ministero dell’Economia ha ribadito che il regolamento europeo sulle concentrazioni riconosce ai singoli Stati una competenza esclusiva sulla sicurezza nazionale, senza che questa interferisca con le competenze della Commissione Ue, della Bce, della Banca d’Italia o della Consob.

Orcel (Unicredit): “Così non possiamo procedere”

Sulla vicenda è intervenuto anche Andrea Orcel, ceo di Unicredit, durante l’11ª CEO Conference di Mediobanca. Il banchiere ha dichiarato che senza una definizione chiara delle prescrizioni imposte dal Golden power, l’operazione pubblica di scambio (OPS) su Banco Bpm non potrà andare avanti. “Nessun azionista vorrebbe che proseguissi senza chiarezza. Da italiano, mi dispiace che siamo l’unica banca a cui è stato applicato”, ha aggiunto.

Orcel ha inoltre annunciato che Unicredit ridurrà progressivamente l’investimento in Generali, ponendo fine alle speculazioni su possibili alleanze. Nessuna indicazione invece sul 1,9% detenuto in Mediobanca. Quanto alla probabilità di completare l’OPS, il ceo è stato chiaro: “Siamo ben sotto il 50%”.

Prossime tappe: Antitrust e Tar

Domani è attesa la valutazione dell’Antitrust sull’OPS. Il Tar del Lazio, invece, dovrebbe pronunciarsi dopo l’udienza del 9 luglio sul ricorso relativo al Golden power, che resta uno dei punti più delicati dell’intera operazione.

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