“Le imprese esistono e noi ci crediamo” è l’evoluzione dialettica del “sarà difficile, ma non è impossibile” pronunciato pochi giorni prima. Stefano Pioli non cerca iperboli per idealizzare un concetto che non deve perdere concretezza. Meno poeta e più ingegnere, insomma, con un ragionamento lineare che non lascia dubbi d’interpretazione: “Per giocarcela, dovremo giocare una partita ad alto livello. Se dovessimo stare al di sotto di quel livello, rischieremmo di perdere”. Un sistema binario, senza vie di mezzo: da ribaltare c’è lo 0-2 dell’andata, se si vuole prendere il biglietto che porta a Istanbul. E il Milan si gioca tutto quel che gli rimane: energie, aspettative e futuro. Tanto che dall’ottenimento del passaggio del turno ne va del giudizio sull’intera annata.
Visto che “tante cose non sono andate come dovevano andare: in campionato volevamo ripeterci”, ha confessato Sandro Tonali alla vigilia. Per Pioli, la finale può ancora avere tinte rossonere come “nessuno avrebbe mai pronosticato. E come ora nessuno pensa possa essere”. Lui ci crede, ma non chiede atti di fede. Semmai la possibilità di giocarsela al pieno delle proprie possibilità. A partire dall’organico, che dopo il test pomeridiano di oggi gli ha rimesso la freccia Leao in faretra. La rifinitura di Milanello ha detto che anche Krunic e Messias potranno essere della partita: “Dovremo ripartire dal secondo tempo dell’andata, sapendo però che non sarà sufficiente. Serve alzare il livello di gioco: la partita è lunga e vogliamo cominciarla al meglio, cercando di vincere i duelli e sfruttando i loro errori. Perché anche loro ne fanno”.
Aggressione sin dal fischio d’inizio, quindi, sperando in un gol in avvio che possa riaprire da subito il discorso qualificazione. “Chi fa sport ad alto livello, sa che le imprese esistono”, spiega infatti Pioli. Dando l’idea di quale sia l’approccio alla gara più importante della carriera. E l’antologia del calcio non gli dà torto: perché non c’è solo l’altra finale di Istanbul e il Liverpool, ma innanzitutto il 6-1 del Barcellona che polverizzò il 4-0 del Psg nell’andata degli ottavi di Champions del 2017. O il 3-5 dei quarti del Mondiale ’66, con la Corea del Nord rimontata e schiantata dal poker di Eusebio. Portoghese come Leao, a cui Pioli affida una maglia da titolare accanto a Brahim Diaz, nella posizione di trequartista rimasta orfana dell’infortunato Bennacer. E con Saelemakers dall’altra parte e alle spalle di Giroud.
Un Milan d’attacco, insomma, con la curva che “ieri ci ha voluto fa sentire la propria vicinanza”, ha spiegato ancora Tonali, riferendosi ai tanti tifosi giunti a Milanello, poche ore dopo il faccia a faccia del Picco su cui la Procura della Figc aveva detto di volerci vedere chiaro. “La partita di domani ha dentro tanto”, ha riassunto Pioli. “Sarà una sfida lunga, in cui dovremo sfruttare i loro errori. Perché anche loro ne fanno. Abbiamo la qualità per ribaltare il risultato”. E firmare una nuova impresa, a 50 anni esatti dalla vittoria della Coppe delle Coppe e nel giorno dei 78 anni di Massimo Moratti. Perché per essere un’impresa, anche i dettagli sapranno fare la differenza.