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Economia

Cgil e opposizione in piazza, ‘è ora del salario minimo’

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In piazza per la Costituzione. Per il lavoro, i diritti, la sanità, la democrazia e la pace. E anche per il salario minimo. La Cgil manifesta a Roma insieme alle associazioni, oltre cento, laiche e cattoliche, dai movimenti ambientalisti a quelli pacifisti, che nel giorno dell’attacco di Hamas in Israele condannano le violenze e respingono ancora una volta la guerra. Ogni guerra. Siamo “200 mila” dicono gli organizzatori parlando della “più grande” manifestazione degli ultimi 10 anni. E’ la piazza “di chi paga le tasse” e per questo chiede al governo di essere ascoltata, dice Maurizio Landini dal palco in piazza San Giovanni, sotto lo slogan della manifestazione “La via maestra”. E assicura che andrà avanti su questa strada: “Non ci fermeremo fino a quando non otterremo risultati”. Con loro in piazza c’è gran parte dell’opposizione. Il Pd con la segretaria Elly Schlein, che ascolta il comizio di Landini – dopo essersi salutati con un abbraccio e aver scambiato qualche battuta – fra il pubblico; c’è una delegazione del M5s ma non il presidente Giuseppe Conte, impegnato a Foggia per una serie di iniziative.

Le due delegazioni Pd e M5s non si incrociano. Presenti tra gli altri il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli e il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni. Non ci sono Azione, Iv e Più Europa. “Un bel risultato. C’è un’Italia che si batte per la sanità pubblica, per aumentare i salari, per le politiche industriali”, afferma Schlein dalla piazza ricordando poi la manifestazione dell’11 novembre. Niente foto Schlein-Conte? “E’ un gioco mediatico che lascia il tempo che trova”, risponde il vicepresidente del M5s Riccardo Ricciardi. Ma c’è chi ha notato come dalla delegazione Pd mancassero rappresentanti dell’area riformista, i volti più noti, il presidente Stefano Bonaccini, il leader di Base riformista Lorenzo Guerini e Alessandro Alfieri, che è in segreteria. Non ci sarebbe una linea prestabilita. Bonaccini aveva spiegato in un’intervista a Il Domani: “Sarò in Basilicata a una iniziativa importante”, ma “è giusto essere presenti nelle manifestazioni di altri quando se ne condivide la piattaforma”. Uniti, più che mai, nella battaglia per il salario minimo. Su cui lo stesso Landini si spinge con parole nette: “E’ arrivato il momento di introdurre un salario orario minimo sotto il quale nessun lavoratore possa essere pagato: 5-6 euro all’ora sono paghe da fame, inaccettabili”. Lo fa proprio nel giorno in cui al Cnel si chiude il lavoro per la proposta da presentare alla premier Giorgia Meloni, con l’approvazione del documento a maggioranza: con il no di Cgil e Uil.

“Il governo ha subappaltato il suo ruolo al Cnel. E’ un attacco alla libera azione dei lavoratori”. La sua proposta è di indicare una soglia minima introducendo una legge sulla rappresentanza e sulla validità generale dei contratti. Mentre le forze politiche di opposizione si preparano al “firma day”, l’iniziativa a supporto della proposta di legge per il salario minimo a 9 euro l’ora, tra i banchetti e i gazebo: “Se pensano di affossarlo, si sbagliano”, assicura Conte alla vigilia dell’appuntamento sostenendo che “il governo non può prenderci in giro cercando il rimpallo con il Cnel”. E’ una piazza colorata quella di san Giovanni, dove confluiscono i due cortei, con le bandiere del sindacato e delle diverse associazioni, i cartelloni e gli striscioni. “Ciò che ci unisce qui è la Costituzione”, che va “difesa e attuata”, ripete Landini. Prima di lui sul palco don Ciotti: “I principi della Costituzione sono stati traditi”. Dalla piazza si leva anche il coro “sciopero, sciopero”. Landini non ne parla dal palco, ma dal corteo torna a dire che “non esclude nulla” aggiungendo di volerne discutere anche con le altre organizzazioni sindacali. A pesare sulla decisione sarà di certo la valutazione della manovra di Bilancio e le risposte che il sindacato otterrà: il governo Meloni deve “cambiare le politiche economiche e sociali”. Di qui ancora una sferzata sul fisco (“aumenta i condoni e non combatte l’evasione”) e sui migranti (“non deve fare un finto braccio di ferro a scopi elettorali”).

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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