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Cronache

Cesare Battisti dovrà scontare l’ergastolo, il capo della Polizia Gabrielli: giusto così, capitolo chiuso

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Per il capo della Polizia, Franco Gabrielli, “il capitolo Battisti si è concluso” e la recente pronuncia della corte di Cassazione “ha confermato la condanna all’ergastolo”. “Noi – ha detto Gabrielli alla commemorazione del cinquantesimo anniversario della morte dell’agente Antonio Annarumma commentando la decisione della Suprema corte riguardo l’ex leader dei Pac Cesare Battisti – non abbiamo mai un atteggiamento di godimento per le disgrazie altrui o per il fatto che le persone siano condannate al carcere a vita, però ci fa piacere che a chi ha prodotto cosi’ tanti guasti, attentato all’assetto democratico e ucciso persone, venga attribuita la giusta pena”. “Il fatto che la Cassazione abbia ribadito che la pena deve essere quella dell’ergastolo credo che sia un atto di giustizia, soprattutto nei confronti di chi ha pagato con la vita quelle scelte di morte che Battisti e altri hanno fatto”, ha concluso il capo della Polizia.

Cesare Battisti è stato condannato all’ergastolo per i quattro omicidi alla fine degli anni ’70. Lui aveva chiesto di riformare la condanna in 30 anni. La Cassazione ha detto no alla istanza di “commutazione” della pena dell’ex terrorista dei Pac, arrestato a gennaio in Bolivia dopo 37 anni di latitanza e da li’ espulso, senza passare dal Brasile, paese dove per anni ha vissuto una seconda vita, con lo status di rifugiato politico. La prima sezione penale ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, rendendo inappellabile la decisione del maggio scorso della Corte d’assise d’appello di Milano, che a sua volta aveva respinto la richiesta di conversione della pena, stabilendo pero’ che non e’ applicabile il regime ostativo, come invece inizialmente si era ipotizzato. Contro quella decisione aveva presentato subito ricorso il suo difensore, Davide Steccanella, noto penalista milanese, che in passato ha difeso anche Vallanzasca. Il grimaldello a sostegno della richiesta sarebbe stato l’accordo del 2017 tra le autorita’ italiane e quelle del Brasile, Paese dove non e’ previsto il carcere a vita. E infatti l’Italia si era impegnata a non applicarlo. Nelle 31 pagine di ricorso vagliate dalla prima sezione penale della Cassazione, si sosteneva in sostanza che l’accordo con il Brasile andava comunque rispettato, con la commutazione della pena, anche se l’estradizione poi pero’ non e’ mai avvenuta. Battisti e’ stato fermato il 12 gennaio a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, e consegnato la mattina dopo alla polizia italiana per essere poi trasferito a Ciampino e infine in carcere in Sardegna, senza passare dal Brasile. Di Battisti si erano perse le tracce a dicembre, dopo l’ordine d’arresto stabilito dal giudice brasiliano per “pericolo di fuga” per l’accelerazione sulla possibile estradizione in Italia, concessa poi nei giorni seguenti dal presidente uscente brasiliano Michel Temere, prima dell’insediamento di Jair Bolsonaro a gennaio.

Nel primo verbale reso nel carcere di Oristano, Battisti aveva sostenuto di essere andato in Bolivia, dove i suoi documenti gli permettevano di recarsi, per incontrare dei colleghi per il progetto di un libro, e di essersi trattenuto li’ per Natale e Capodanno. Un progetto naufragato, quando il 12 gennaio 2019 e’ stato arrestato dall’Interpol boliviana, con un paio d’occhiali e la barba, senza proferire parola. La Suprema Corte ha “confermato la fondatezza della linea del governo”, ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che con l’allora collega, Matteo Salvini a Ciampino attese l’arrivo del Falcon 900 del Governo italiano con a bordo l’ex terrorista. La conferma dell’ergastolo e’ “un’ottima notizia” per Salvini: “Sapere – ha commentato il leader della Lega – che un terrorista delinquente finira’ la sua vita in carcere penso sia un minimo risarcimento ai parenti delle vittime di terrorismo di qualsiasi colore”.

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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