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Politica

Centrodestra diviso su Lamorgese, Salvini sempre all’attacco

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La Lega si prende tempo per indicare il successore del sottosegretario Durigon. Ma se sulla “contropartita” che si attende il movimento per il suo passo indietro non si vedono spiragli, Matteo Salvini continua ad attaccare a testa bassa la ministra Lamorgese. “Se c’e’ un ministro dell’Interno lo faccia e difenda i confini e la sicurezza del nostro paese. Si svegli o lasci il posto a qualcun altro” continua a fare pressione Salvini che ha dalla sua Fratelli d’Italia ma non Forza Italia. “Noi siamo contrari alla sfiducia al ministro Lamorgese” ha messo in chiaro il coordinatore nazionale azzurro Antonio Tajani. Anche la ministra per il Sud Mara Carfagna esprime “solidarieta’” alla responsabile degli Interni per gli attacchi subiti. E, in un’intervista a La Stampa, si dice convinta che la maggioranza del Paese non capirebbe “un nuovo gioco allo sfascio e punirebbe duramente i responsabili”. Sempre lei, inoltre, dopo la smentita sull’arrivo del presidente del Coni Giovanni Malago’ alla guida di Fi, tranquillizza i moderati azzurri sul rischio di una annessione alla Lega, : “Silvio Berlusconi con gli ultimi incontri ha fatto chiarezza rispetto a chi immaginava un blitz estivo, che infatti non c’e’ stato”. Matteo Salvini alza gli occhi al cielo: “porto pazienza, l’unita’ del centrodestra e’ piu’ importante di una infelice intervista”. Nonostante la feroce competizione in corso tra la Lega e il partito di Giorgia Meloni, e’ quindi da Fratelli d’Italia che arriva il sostegno alla campagna denigratoria contro il ministro degli Interni. “Il fallimento del ministro Lamorgese non puo’ piu’ essere giustificato” attacca infatti il capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida mentre il deputato della Lega Eugenio Zoffili, Presidente del Comitato Schengen annuncia di voler convocare il ministro in Parlamento. Ma e’ sul fronte caldissimo dell’Afghanistan che Giorgia Meloni si intesta l’iniziativa politica piu’ eclatante: la leader di FdI ha infatti incontrato a Roma il primo ministro ungherese Viktor Orban. Un faccia a faccia in cui e’ stata stigmatizzata la “disastrosa gestione Biden” e, ha riferito Meloni, invocata la necessita’ di “coinvolgere i paesi confinanti nell’accoglienza dei profughi senza gravare ulteriormente sull’Europa”. Intanto, nonostante l’incontro tra i leader di Fi e Lega, continuano le frizioni dentro il centrodestra. E fioccano i distinguo. Se Giancarlo Giorgetti indica Mario Draghi come “una delle persone piu’ indicate” per il Colle, Antonio Tajani rilancia la candidatura di Berlusconi: “Ha le carte in regole per farlo”. A decidere cosa fara’ Draghi “puo’ essere solo Mario Draghi. Non posso dare giudizi” si limita a commentare invece Salvini che resta vago e sposta l’attenzione sul Pd: “Letta ha avuto un pessimo gusto” a dire a Draghi di restare fino al 2023 per “lasciare spazio” a troppi aspiranti Presidenti dem. Insomma Salvini tiene aperta la porta a Berlusconi, loda le sue capacita’ di contatto a livello internazionale (un “esempio” per chi “era in spiaggia mentre i talebani invadevano Kabul”) e rilancia l’agenda per il centrodestra unito. Ci sono le amministrative (“non finira’ 5 a zero”) e poi c’e’ un programma da condividere per traghettare la fine della legislatura: il taglio delle tasse, il rinvio delle cartelle, il ripristino di quota Cento. Da finanziare con le risorse derivanti dall’abolizione del reddito di cittadinanza, proposta che in manovra portera’, assicura Salvini, la sua prima firma. La Lega intanto annuncia che sara’ Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia che nelle scorse settimane era nell’elenco dei papabili per la corsa diretta a Palazzo Marino, la sua capolista a Milano.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Politica

Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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