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Cronache

C’è la camorra in ospedale, il prefetto vuole snidarla e De Luca va fuori di testa: ridicola e cialtrona, si dimetta

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Da almeno 4 anni, da quando è il presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, non perde occasione per dire ai media che “la sanità in Campania è in mano alla camorra”. Da anni, ed anche oggi, diamo conto di inchieste in cui i magistrati verificano, denunciano e trascinano in tribunale medici, infermieri, funzionari della sanità pubblica in Campania accusati anche di concorso esterno in associazione mafiosa per aver agevolato clan della camorra nei più disparati affari. Abbiamo raccontato di casi in cui camorristi avevano stanze, uffici a disposizione dentro ospedali (vedi Caserta, vedi San Giovanni Bosco) che usavano per organizzare riunioni allo scopo di spartirsi affari, appalti, servizi dentro strutture ospedaliere assieme a vertici della sanità pubblica locale. Poi ci sono i furbetti del cartellino, le strutture che fanno schifo, i pazienti che buttano il sangue negli ospedali, talvolta ricoperti di formiche o insetti. Poi ci sono i sabotaggi. Ci sono i reati di comparaggio. Insomma la sanità pubblica in Campania è malata. È malata terminale? Forse. Certo c’è una pesante cappa camorristica sulla sanità campana. Lo dice De Luca da tempo. In molti casi sono state nominate commissioni di accesso per verificare presunte infiltrazioni mafiose in Asl e ospedali della Campania. Sono accertamenti normali previsti dalla legge, scanditi da regolamenti e promossi dal prefetto, autorità di Governo. Ebbene, è bastato che il prefetto di Napoli Carmela Pagano promuovesse e nominasse dei commissari per verificare probabili infiltrazioni mafiose nella Asl 1 che il presidente della giunta della Regione Campania, Vincenzo De Luca, è letteralmente uscito fuori di senno. Ed ha attaccato con una violenza verbale e uno sgarbo istituzionale, il prefetto in carica, la signora Carmela Pagano. “Una buffonata politico-propagandistica, si dimetta il prefetto di Napoli”. È questo il  tono dell’attacco che  De Luca rivolge al prefetto che ha nominato la commissione d’accesso per verificare l’esistenza di eventuali infiltrazioni camorristiche nell’ospedale San Giovanni Bosco.

Il prefetto di Napoli. Carmela Pagano

La commissione d’accesso dovrà indagare nella Asl Napoli 1 – la più importante della Campania – da cui dipende l’ospedale San Giovanni Bosco del capoluogo. Per De Luca, sempre più fuori controllo quanto a toni e linguaggio, ormai dedito al vilipendio di uomini e donne dello  Stato colpevoli di non pensarla come lui, la nomina della commissione “è un atto ridicolo e cialtronesco, che fa da sponda a una politica politicante che ancora tenta di mettere le mani sulla sanità campana. Un atto che arriva 12 ore prima – casualmente – della riunione prevista per domani a Roma sulla nostra sanità. Un atto che offende quelli che in totale solitudine – a cominciare dal personale medico – combattono da anni. Che offende la magistratura, che ha in corso una sua importante indagine. Che offende la dignità di Napoli”.

“Si sono svegliati dopo un mese dall’avvio delle indagini da noi sollecitate. Si sono svegliati dopo questi fatti: nel 2018 ho chiesto pubblicamente e formalmente con una lettera che renderemo pubblica, al Prefetto di Napoli, l’istituzione di un posto di polizia nel San Giovanni Bosco, riscontrando totale passività; stipula da parte della Regione di un protocollo di collaborazione con la Guardia di Finanza gia’ il 18 luglio 2017, con durata di cinque anni; denuncia al San Giovanni Bosco per il parcheggio abusivo e sua eliminazione a luglio 2018. E ancora, denuncia al gestore abusivo di bar e ristorante interno, ad agosto 2018, con richiesta di intervento dei Nas. Denuncia ai carabinieri per la collocazione di distributori automatici abusivi il 25 marzo 2019; denuncia degli atti di vandalismi riscontrati nell’ospedale. Sul caso formiche e atti ripetuti di danneggiamento, altri pensavano al folklore, e non a forme di intimidazione come noi denunciavamo da tempo. E allora? La battaglia contro i delinquenti la stiamo facendo, mentre gli inventori della ‘commissione di accesso’ hanno dormito. Ma la politica politicante non fermerà la nostra azione di bonifica e di difesa della dignita’ di Napoli”, sottolinea il presidente della Regione.

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Cronache

Commando armato tra i vicoli dei Quartieri: volevano uccidere

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Armi in pugno, volti coperti, in quattro hanno fatto irruzione nell’androne di Foqus, la Fondazione Quartieri Spagnoli, in via Portacarrese a Montecalvario. Erano circa le mezzanotte di domenica scorsa e i componenti del commando erano convinti che lì dentro si nascondesse l’uomo che stavano inseguendo per uccidere, come vendetta per un precedente agguato, avvenuto due settimane prima in via Nardones. Non trovandolo, sono fuggiti via. Attimi di terrore per il custode, che ha denunciato tutto.

Il contesto: vendetta e criminalità

Secondo le indagini della Squadra Mobile diretta da Giovanni Leuci, quella incursione armata è stata la risposta a un episodio camorristico. Un agguato, avvenuto a tarda notte tra i vicoli del centro, documentato grazie alla testimonianza di uno studente. L’inchiesta è condotta dalla DDA con il coordinamento del procuratore aggiunto Sergio Amato. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza confermano la dinamica e il livello di pericolosità dei quattro incappucciati, armati di pistole e fucili.

L’emergenza criminale e il caso minorenni

L’attacco a Foqus arriva in un momento già delicato per Napoli, dove si sta alzando l’allarme sulla presenza di armi tra i giovanissimi. Solo pochi giorni fa due ragazzini di 14 e 15 anni sono stati pugnalati da coetanei nei pressi di piazza Dante, per futili motivi. Ieri, il prefetto Michele di Bari e l’assessore alla legalità Antonio De Iesu si sono recati nella zona degli accoltellamenti per incontrare commercianti e cittadini e ribadire l’importanza dell’impegno collettivo contro la devianza giovanile.

La missione di Foqus e la voce di Rachele Furfaro

“Domenica notte il nostro portone era aperto”, spiega Rachele Furfaro, fondatrice e presidente di Foqus. “Da quando siamo nati, nel 2013, abbiamo cercato di vivere la realtà dei Quartieri come una grande piazza, aperta alla contaminazione culturale e al contrasto della povertà educativa”. Non a caso, proprio ieri, la struttura ha ospitato un incontro con 750 studenti provenienti da tutta Italia, in collaborazione con la Robert Francis Kennedy Foundation e l’Università Orientale.

Diritti, scuola e coraggio nei Quartieri

“Serve più coraggio anche da parte delle scuole per stare in questi territori e mettere in campo interventi di qualità. Bisogna affermare il diritto alla formazione, alla lettura, al gioco”, insiste la presidente Furfaro. Un messaggio ancora più forte alla luce dell’ennesimo episodio di violenza giovanile che ha scosso Napoli lo scorso week end.

Il lavoro di Foqus non si ferma. La comunità reagisce, nonostante tutto.

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Cronache

Videochiamata al concerto dal carcere, indagato Baby Gang

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La Procura di Catania ha indagato il rapper Zaccaria Mouhib, 24 anni, in arte Baby Gang, per concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall’avere favorito la mafia, e per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli impediva di essere presente nel capoluogo etneo. Agenti della squadra mobile della Questura di Lecco, in raccordo con quelli di Catania, hanno eseguito a Calolziocorte (Lecco) un decreto di perquisizione e hanno sequestrato lo smartphone dell’artista che nei prossimi giorni verrà sottoposto ad accertamenti forensi.

All’indagato la polizia ha anche notificato un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Catania che vieta a Baby Gang di potere dimorare nel capoluogo etneo per quattro anni. Iniziativa che farà saltare il suo concerto previsto per l’8 agosto prossimo alla Villa Bellini. Al centro dell’inchiesta della Procura di Catania la sua partecipazione, lo scorso 1 maggio, sul palco della Plaia, all’One day music festival, dove, prima di esibirsi con la canzone ‘Italiano’, scritta con Niko Pandetta, fa vedere un video sul suo smartphone in cui sembra assistere a una videochiamata con il nipote dello storico capomafia Turi Cappello. Il trapper però è in un carcere in Calabria, detenuto dal ottobre del 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti.

“È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta”, ha incitato il pubblico dal palco l’artista mostrando il telefonino in cui si è visto il volto di Pandetta. Il gesto è stato ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social, diventati virali. Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata, o fosse un antico video memorizzato. Per chiarire cosa fosse realmente accaduto e verificare se Pandetta abbia avuto la possibilità, dal carcere, di mandare un video o, addirittura, di partecipare in diretta al concerto del 1 maggio sulla spiaggia della Plaia la Procura di Catania ha avviato degli accertamenti, delegando le indagini alla squadra mobile della Questura. E da una perquisizione nella cella del carcere di Rossano, dove Pandetta è detenuto, eseguita il 3 maggio scorso, la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un telefonino. Per questo motivo è stato indagato per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

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False fatturazioni e riciclaggio, 29 misure e 40 perquisizioni

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Ventinove misure cautelari e 40 perquisizioni sono in corso di esecuzione in 10 citta tra Emilia Romagna , Campania e Lombardia nei confronti di presunti appartenenti a un’associazione per delinquere operante nel settore edilizio e dedita all’emissione di fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro. Oltre 100 unità composte da operatori della polizia di Stato e da militari della guardia di finanza sono impegnate nell’operazione che si sta svolgendo Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì, Rimini, Mantova, Napoli e Caserta. Si tratta del risultato di una complessa indagine – partita dalla segnalazione di movimentazioni di denaro sospette pervenuta alla polizia postale da parte di Poste Italiane – condotta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica dell’ Emilia-Romagna coordinato dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica, e dal Nucleo operativo metropolitano della guardia di finanza di Bologna, sotto la direzione del pubblico ministero Flavio Lazzarini della procura di Bologna.

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