Collegati con noi

Politica

Cartabia, non c’è stop al processo su Ponte Morandi

Pubblicato

del

Aspettavano perche’ dopo tutto quanto viene detto sulla riforma della giustizia al dolore si e’ aggiunta la paura che giustizia non venisse fatta. I familiari delle vittime del Ponte Morandi, in questo terzo anniversario, aspettavano la Guardasigilli Marta Cartabia per capire e per prendere coraggio, Aspettavano il Governo. E arrivano le parole del premier Mario Draghi che ha espresso la “vicinanza del governo e mia ai familiari delle 43 vittime, a tutti i feriti, e a chi ancora oggi soffre le conseguenze di quel trauma. Voglio pero’ riaffermare l’impegno del governo affinche’ non si verifichino mai piu’ eventi cosi’ tragici e dolorosi”. Mai piu’. La Guardasigilli Cartabia ha incontrato i familiari prima in chiesa poi nella piazza del Memoriale, al termine della cerimonia. Il nodo da sciogliere era uno: accanto a verita’ di potra’ scrivere la parola giustizia? e Cartabia rassicura con parole ferme e grande emozione, che quel processo si fara’. “Non c’e’ mai, mai stato alcun rischio per il processo sul crollo del ponte Morandi. Non solo il processo del Morandi, ma anche tutti i processi che riguardano altri gravi disastri o qualunque altra vicenda umana, debbono essere portati a termine”. Parole che pesano, chiavi di volta di quel Memoriale i cui lavori partono oggi, luogo di monito. In chiesa la Guardasigilli ha incontrato i familiari: chi le ha mostrato le foto di figli e parenti e chi l’ha abbracciata come la mamma di Mirko. “Sono qui come una madre”. Con queste parole, dette nella Radura della Memoria, Marta Cartabia ha dato ai parenti delle vittime il senso umano, ancor prima che tecnico e politico, della sua presenza. “Sono qui per incontrare anzitutto loro, per incontrare i loro occhi che sono memoria vivente”. E a loro ha voluto rinnovare “l’impegno per garantire ogni supporto perche’ il loro e il nostro bisogno di giustizia trovi piena e tempestiva risposta”. Risposte. Sono quelle che chiedono ancora e in questi ultimi tempi di riforme i familiari delle vittime. Questo Cartabia lo sa e spiega perche’ la riforma della giustizia non sara’ la “ghigliottina dei processi. Nelle ultime settimane so che e’ stata fonte di preoccupazione l’opinione, del tutto destituita di fondamento, per cui la riforma del processo penale potrebbe frustrare la vostra domanda di verita’ e giustizia. Voglio ripeterlo qui davanti a voi, senza possibilita’ di equivoci – scandisce Cartabia -: non c’e’ mai, mai stato alcun rischio per il processo sul crollo del Morandi. Bisognerebbe riflettere piu’ di una volta prima di diffondere opinioni che gettano allarme e che gravano di ulteriore peso chi gia’ porta un grande dolore. Basterebbe leggere il testo della riforma per verificare che si applica a reati successivi al 1 gennaio 2020” e “non solo il processo del Ponte Morandi, ma anche tutti i processi che riguardano altri gravi disastri o qualunque altra vicenda umana, debbono essere portati a termine”. Concetti che ripetera’ poi durante la cerimonia dove aggiungera’: “L’improcedibilita’, prevista in appello e Cassazione, e’ solo l’extrema ratio di un insieme di interventi piu’ articolati e complessi volti a sollecitare la conclusione delle varie fasi del processo in tempi ragionevoli”. Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime Ponte Morandi al termine dell’incontro informale con il ministro ha sottolineato che Cartabia “ha dimostrato che le sue parole non erano di circostanza e questo e’ importante, poi ci ha rassicurato appieno sulla riforma della giustizia”. E sullo status delle vittime: “ho fortemente voluto che all’interno della riforma fosse riconosciuto un adeguato status alle vittime del reato – ha detto Cartabia -. Ho visto persone rasserenate che si sono domandate come mai e’ stato generato tutto quell’allarme intorno a fatti che bastava guardare con maggiore onesta’ intellettuale. Mi e’ dispiaciuto aver visto caricare di un dolore aggiuntivo persone che gia’ devono portare un dolore cosi’ grande”

Advertisement

Politica

Piantedosi: io governatore in Campania? Assolutamente no

Pubblicato

del

“No, assolutamente no” risponde il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ai cronisti che gli chiedono se il botta e risposta andato in scena stasera a Napoli con il governatore campano Vincenzo De Luca non possa considerarsi il prologo di una prossima campagna elettorale per il ruolo di governatore campano dopo che nei giorni scorsi il nome del titolare del Viminale è circolato sui media, sponsorizzato da esponenti locali della Lega. “Se volete vado dal notaio. Io sono contentissimo – sottolinea Piantedosi – di fare il ministro dell’Interno, e potete immaginare come per me che vengo da una carriera nell’amministrazione statale, dopo aver fatto il prefetto, se non è questo il massimo della soddisfazione. Con tutto il rispetto per altri ruoli – ha ribadito – ma assolutamente no”.

Continua a leggere

Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

Pubblicato

del

Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

Continua a leggere

Politica

Mattarella: sull’antifascismo unità del popolo è doverosa

Pubblicato

del

Un regime “disumano” che “negava l’innegabile” attraverso una strettissima censura dei giornali, che “non conosceva la pietà”, che educava i bambini “all’obbedienza cieca ed assoluta”. Un regime, quello fascista, “totalmente sottomesso” a quello hitleriano nonostante le velleità di grandezza, inginocchiato ai nazisti che “ci consideravano un popolo inferiore”. Sergio Mattarella si spende il suo 25 aprile per una contundente lezione di storia che non lascia alcuno spazio ai revisionismi. Il presidente della repubblica ha scelto la cittadina toscana di Civitella Val di Chiana, dove i nazisti uccisero a freddo quasi 250 civili per ritorsione compiendo così un “gravissimo crimine di guerra”.

Mentre le piazze italiane ospitavano tra le tensioni una serie di manifestazioni nelle quali il ricordo del nazifascismo si sbiadiva nella contestazione ad Israele per i suoi sanguinosi attacchi sulla striscia di Gaza, il capo dello Stato almanaccava gli orrori compiuti dal fascismo, le sue codardie, il collaborazionismo con i nazisti fino all’ultimo tragico errore della repubblica di Salò, “il regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il controllo totale di Hitler”. Una serie potente di ricordi e citazioni per chiudere la porta, evidentemente Mattarella ne sentiva la necessità anche in questo turbolento 2024, a quei venticelli che soffiano distinguo e giustificazioni da e verso i palazzi della politica, quasi a voler mettere sullo stesso piano chi combattè per la libertà e chi quella libertà l’aveva svenduta ai nazisti. Un discorso tutto teso quindi alla “memoria” senza la quale, ha sottolineato, “non c’è futuro”.

Al presidente della Repubblica è stato necessario ripercorrere con crudezza la realtà storica per arrivare al cuore del messaggio di questo suo intervento per la Festa della “liberazione” che non è una festa della “libertà” genericamente intesa. C’è stato chi ha liberato e chi ha collaborato con i nazisti. “L’antifascismo” dovrebbe far parte del dna degli italiani, sembra dire Mattarella, ed è forse frustrante doverlo ripetere ad ogni 25 aprile. La costituzione nasce dalla Liberazione, da quanti la resero possibile, e non ci dovrebbero essere divisioni sulla giustezza dei valori che compongono e strutturano la parola “antifascista”, peraltro “fondanti” della stessa Costituzione. “Intorno all’antifascismo – ha spiegato il presidente – è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.

Se l’anno scorso da Cuneo Mattarella chiuse il suo discorso con una frase ad effetto ed altamente simbolica, “ora e sempre Resistenza!”, dalla Toscana ha articolato il ragionamento parlando del “riscatto morale” che rimise in piedi l’Italia: “L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità.

La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura”. Ed anche, è il non detto, il coraggio di prendere le armi per ritrovare una dignità che si era perduta sin dal lontano 1924. L’anno dell’omicidio di Giacomo Matteotti voluto da Mussolini, eseguito dai suoi sgherri, coperto proprio da quel fascismo nascente che con l’uso compiacente dei media di allora, coprì, depistò ed insabbiò. Il coraggioso politico socialista ed antifascista del quale si celebrano i 100 anni dell’omicidio e la cui figura il presidente ha voluto ricordare perchè già allora il fascismo svelò “i suoi veri tratti brutali e disumani”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto