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‘Caro dottor Maresca io non dimentico che lei ci ha liberato da uno spietato mafioso come Michele Zagaria’

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Molti di noi l‘hanno dimenticato. Molti di noi forse manco ricordano più in quale condizione di soggezione mafiosa vivevano molti centri del Casertano dove il clan dei casalesi e il suo dominus, Michele Zagaria, gestivano qualunque affare lecito ed illecito, infiltravano le istituzioni, corrompevano uomini dello Stato, inquinavano l’economia legale. Quella spirale di violenza cieca e sanguinaria imposta dall’ala stragista del clan dei casalesi agli ordini di Giuseppe Setola e il braccio imprenditoriale ed affarista al soldo di Michele Zagaria fu fermata da un manipolo di magistrati della Procura distrettuale antimafia di Napoli e da investigatori eccellenti di Carabinieri, Finanza e Polizia. Un magistrato in particolare, Catello Maresca, ha messo la sua firma sotto gli atti della cattura proprio di questi due boss, Setola e Zagaria. Oggi, a nove anni esatti dall’arresto di Michele Zagaria, una cittadina di Castel Volturno, *Barbara Carino, ci manda la lettera che segue. Abbiamo deciso di pubblicarla integralmente perchè è uno spaccato importante di quel sentimento di riconoscenza dei cittadini al magistrato Maresca ma soprattutto allo Stato che Maresca da magistrato ha sinora servito e serve con lealtà e onore.

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“Passata la festa, gabbato lo santo”. Non per me. Io non dimentico. Non posso dimenticare un giorno così importante per la mia, la nostra terra. Non posso permettere che gli anni facciano rinchiudere nel cassetto del dimenticatoio quello che lo Stato ha rappresentato e che oggi ancora rappresenta in tutta la sua forza attraverso le gesta di chi lo rappresenta. Sono trascorsi 9 anni dalla cattura dell’ultimo superlatitante della camorra casalese, Michele Zagaria. Una latitanza cominciata nel 1995 e finita all’alba del giorno 7 dicembre del 2011 a seguito di indagini coordinate da un pool di magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, tra i quali l’oggi sostituto procuratore generale di Napoli, Catello Maresca.

Il pm antimafia. Catello Maresca

Ricordo bene il momento in cui cominciarono ad apparire le prime notizie sui social netwiork. Non riuscivo quasi a crederci. La nostra terra aveva vissuto sotto l’ombra onnipresente del boss per troppi anni e la notizia della sua cattura destava quella certa incredulità mista a speranza. “La mia terra rinascerà finalmente, l’hanno arrestato ! E’ fatta … ma non ci credo , non può essere” erano le parole che correvano di bocca in bocca, di casa in casa. Penso sia stato lo stesso pensiero di tantissime persone che come me credevano magari alle solite notizie fake oppure ad un blitz andato a vuoto dato che non era la prima volta che la cattura di Zagaria data quasi per fatta poi sfumava.

Chi lavorava per catturarlo era sempre arrivato vicinissimo ad acciuffarlo il boss latitante, ma il sistema di “controllo criminale” del territorio aveva reso impossibile quell’arresto. Poi arriva la notizia ufficiale, i video sul web, le immagini di un uomo ammanettato con la testa bassa. Sì era lui, il capo, Michele Zagaria che con lo sguardo di chi si è arreso, offriva i polsi alle manette, si arrendeva allo Stato, veniva assicurato alla giustizia. Quella giustizia così tanto attesa, così tanto sperata.
Ricordo le esultazioni di giornalisti, forze dell’ordine, magistrati, il popolo. Bottiglie di spumante stappate in diretta tra le fila delle auto della polizia di Stato che sfilavano per il Paese di Casapesenna. Natale era arrivato prima per tutti.

Catello Maresca. Il magistrato inquirente che ha coordinato l’inchiesta assieme alla collega Maria Di Mauro

Ogni anno mi piace rivivere quelle stesse emozioni condivise con tutto il popolo della mia terra. Rileggo articoli, rivedo filmati, anche se quelli in realtà li rivedo spesso assieme ai miei figli per far comprendere cosa significhi essere “liberati” dall’oppressione criminale invisibile ma sempre presente. Invisibile però a chi non voleva vedere, bisogna precisarlo. Non c’è giorno in cui io non ringrazi lo Stato e non c’è giorno in cui lo Stato non ricambi attraverso nuovi arresti, nuove indagini, nuove iniziative volte alla formazione etica, morale e sociale dei giovani con progetti di legalità nelle scuole, nei comuni, e a causa dell’emergenza sanitaria , anche on line.
A tal proposito, tante sono state le iniziative intraprese. E tante sono in programma. Devo constatare però che a nove anni dalla “liberazione”, via via tutto questo grande entusiasmo si è andato affievolendo.

Magari c’è chi questa data cosi importante l’ha dimenticata, eppure mi chiedo come sia possibile, specialmente per il mio popolo che ha sofferto le peggiori violenze a causa di Michele Zagaria. Quando cala l’attenzione o addirittura il silenzio su vicende come questa , comincio a temere che si lasci spazio seppure involontariamente, a quella mentalità criminale che tanto ci ha devastati. Perchè è bene ricordare che tutto ritorna sempre, in maniera diversa ma torna, ed è importante, necessario, fondamentale che anche a distanza di anni il popolo faccia sentire la propria voce manifestando il proprio sdegno nei confronti di chi ha distrutto la nostra terra.
E’ necessario che ognuno di noi faccia la propria parte nel proprio piccolo, nelle proprie possibilità, come ad esempio raccontare ai nostri figli dell’imponenza dello Stato.


In questi anni ho avuto la fortuna di poter ringraziare personalmente ogni giorno il Sostituto Procuratore Maresca per tutto ciò che ha fatto e che fa ogni volta che si toglie la toga, prendendosi cura dei giovani con la sua attività nel sociale diventando un punto di riferimento molto importante per questi ragazzi e ragazze che spesso sono preda di modelli sbagliati da seguire.
Da madre , sento fortemente il dovere di ringraziare chi ha posto nove anni fa quella pietra su cui porre delle solide fondamenta per un futuro libero dalle mafie. Ma si badi bene che ognuno in questa società  deve fare la propria parte.
E anche quest’anno festeggiamo prima il Natale. E anche quest’anno una bottiglia di spumante .
Buon anniversario dottor Maresca e grazie dal profondo del cuore per aver liberato Castel Volturno da un boss mafioso.

*Barbara Carino da Castel Volturno

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Il mondo a San Pietro, 400mila per l’addio a Francesco

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I sediari arrivano a Santa Maria Maggiore e inclinano la bara di Francesco, quasi come un saluto, davanti alla Salus Populi Romani. Ogni volta, prima di partire per un viaggio, il Papa si affidava alla Madonna cara ai romani e così anche il viaggio di oggi in qualche modo finisce con questo affidamento. E’ l’ultima immagine di una giornata commovente che ha visto 400mila persone, 200mila a Piazza San Pietro e dintorni e 150mila lungo il percorso fino a Santa Maria Maggiore, dare l’ultimo saluto al Papa. Ci sono i grandi della terra e gli ultimi, ci sono gli anziani e gli scanzonati ragazzi del Giubileo. C’è suor Ana Rosa Sivori, la cugina arrivata dalla Thailandia, e gli amici di Buenos Aires; e ancora re e regine del mondo.

SERGIO MATTARELLA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Attorno a quella semplice bara di legno, con una croce bianca e lo stemma episcopale, ci sono proprio “todos, todos, todos”, “tutti, tutti, tutti”, come ripeteva Francesco sognando fino all’ultimo giorno una Chiesa con le braccia sempre aperte. Tanta gente poi lo piange perché sa di avere perso una voce instancabile per la pace. Per questo i fedeli applaudono a lungo quando il cardinale Giovanni Battista Re lo ricorda nell’omelia: “Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace” perché la guerra, proprio come ripeteva Bergoglio, “è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. E ai funerali del Papa della pace il mondo assiste ad un faccia a faccia, in basilica, una specie di ultimo miracolo del Papa, tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky; “un incontro produttivo”, fanno sapere i protagonisti.

JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Dopo l’argentino Javier Milei, il posto d’onore è per la delegazione italiana, guidata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, e dalla premier Giorgia Meloni. Ma, tra gli italiani, ci sono anche Mario Draghi, alcuni leader dell’opposizione, i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil a rendere l’ultimo omaggio al Papa argentino. Il funerale dura un paio d’ore: il rito era stato snellito dallo stesso Francesco in previsione dell’arrivo di questo giorno. Ma è stata in ogni caso una celebrazione solenne e commovente, con la processione della bara portata dai sediari, le litanie dei santi, il canto in greco delle Chiese orientali, letture e preghiere lette in tante lingue.

FUNERALE PAPA FRANCESCO

A rompere il ritmo millenario della liturgia sono solo gli applausi, lunghi e sentiti. Un modo semplice di salutare quel Papa che ha aperto i cuori anche di molti non credenti. Alla fine del funerale il feretro di Francesco viene portato in basilica e poi fuori dalla Porta della Preghiera, quella che ha utilizzato fino a domenica per entrare e uscire dalla basilica, la più vicina a Casa Santa Marta dove ha abitato per dodici anni. La bara è sistemata sulla papamobile perché Francesco oggi si è congedato definitivamente dal Vaticano per essere sepolto fuori, come non accadeva da oltre un secolo (l’ultimo era stato Leone XIII) e comunque poche volte nella storia. Il suo feretro è stato trasportato proprio con una di quelle auto dalla quale ha salutato le folle, bevuto mate, baciato bambini, a Roma ma anche in tante città del mondo visitate nei suoi 47 viaggi apostolici.

Ad attenderlo sulla porta di Santa Maria Maggiore c’è un gruppo di suoi amici, una quarantina di persone, tra senzacasa, migranti, disoccupati, che lo aveva incontrato più volte, aveva ricevuto un aiuto materiale ed una parola di speranza. Ora hanno tutti una rosa bianca in mano per l’ultimo saluto. Da domani Santa Maria Maggiore aprirà a tutti i fedeli per coloro che vorranno dire una preghiera sulla tomba di Francesco. Da lunedì invece riprendono le riunioni pre-conclave per disegnare il futuro della Chiesa e cominciare ad individuare il suo possibile successore.

(tutte le foto sono di Imagoeconomica)

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Papa Francesco, passo d’addio nel centro di Roma tra fedeli e turisti

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Ha fatto l’ultimo viaggio alla sua maniera. In una bara di legno povera, senza decorazioni, su di una papamobile ricavata da un pickup di seconda mano. E sulla strada da San Pietro a Santa Maria Maggiore, Papa Francesco ha ritrovato le due facce del mondo che lo circondava: i fedeli che lo vedevano come una guida, e la massa coi telefonini che lo vedeva come una rockstar da postare su Instagram. Il corteo funebre è partito dal Vaticano intorno a mezzogiorno e mezzo. La bara del Papa è stata posta sulla papamobile bianca. Un veicolo realizzato per il viaggio in Messico del 2016, partendo da un pickup Dodge usato, poi regalata al pontefice dal governo messicano.

FUNERALE PAPA FRANCESCO

Il corteo è uscito dalla porta del Perugino, un ingresso secondario delle mura del Vaticano, ha attraversato il Tevere e ha imboccato corso Vittorio Emanuele. Dietro la papamobile, una trentina di auto di cardinali. Pubblico e fedeli non hanno potuto seguire il corteo, ma sono rimasti sui marciapiedi, dietro le transenne. Lungo tutto il percorso erano 150mila, ha reso noto la sala stampa vaticana. Il corteo è andato avanti abbastanza velocemente, per piazza Venezia, Fori Imperiali, Colosseo, via Labicana e via Merulana, fino a Santa Maria Maggiore. Da San Pietro, non ha impiegato più di mezz’ora, quasi Bergoglio non volesse disturbare troppo la città. La giornata era calda, il sole splendeva. Al passaggio della papamobile, la gente applaudiva, gridava “viva Francesco”, “daje Francesco”.

Tantissimi riprendevano con i telefonini e postavano sui social, qualcuno piangeva. Molti pregavano. Chiacchierando con la gente per strada, saltava fuori che tanti erano lì per rendere omaggio a una papa che amavano, e del quale condividevano il messaggio. Tanti altri erano lì soltanto perché Francesco era famoso: il suo funerale lo vedevano come un evento storico da non perdere. Tiziana, una signora anziana romana, spiegava che “lui ha rappresentato il contatto vero della Chiesa con le persone, non importa se erano credenti o no. Ora dobbiamo portare avanti il suo messaggio di fratellanza e di accoglienza”. Per Sienna, australiana, “vale la pena di essere qui, in questo giorno storico”.

Mentre Janet, danese, spiegava di essere qui col marito “per vivere un momento storico”. Ma aggiungeva “apprezzavamo il suo messaggio, il mondo è troppo per i ricchi”. Per Ida, calabrese trapiantata a Roma, “Papa Francesco è sceso dal piedistallo per stare tra le persone. Ora molto dipende da chi erediterà il suo posto. Io spero che il prossimo faccia come lui, perché se vogliamo la pace, dobbiamo preoccuparci per chi sta peggio di noi”.

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L’addio a Papa Francesco seguito da tutto il mondo, dalle tv ai social

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Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero.

La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati.

Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.

(la foto in evidenza è di Imagoeconomica)

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