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Cronache

Capodanno a mano armata a Napoli, donna uccisa da un proiettile e decine di feriti

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Concetta Russo stava festeggiando in famiglia. C’erano amici e parenti nella sua casa di Afragola. Quello che poi è successo lo stabiliranno i carabinieri, sta di fatto che la donna, 55 anni, è stata raggiunta da un colpo di pistola ed è morta poco dopo in ospedale. E’ ancora una volta drammatico, a Napoli e nel resto d’Italia, il bilancio dei festeggiamenti per il nuovo anno. E da Milano a Molfetta, diverse città sono state vandalizzate e prese in ostaggio dai teppisti. E’ un bollettino di guerra quello del Dipartimento di pubblica sicurezza. Oltre alla vittima, i feriti in Italia sono stati 274, di cui 12 da armi da fuoco e 262 da fuochi d’artificio. I ricoverati sono stati 49. Dati in aumento di oltre il 50 per cento rispetto all’anno scorso quando i feriti furono 180, con 48 ricoveri. In crescita pure i minori feriti: 64, contro i 50 dello scorso anno.

E aumentano (più del doppio) anche i feriti gravi, con prognosi superiore ai 40 giorni: 27, rispetto agli 11 dell’anno scorso. Così come i feriti lievi che salgono da 169 a 242. Complessivamente, il bilancio dei feriti è il peggiore degli ultimi dieci anni. Napoli  e provincia continuano a detenere il non invidiabile primato degli incidenti più gravi. Concetta Russo, la donna rimasta uccisa, originaria di Napoli ma residente nel Milanese, a Pantigliate, era arrivata ad Afragola per trascorrere le vacanze con il marito e i due figli. Il colpo che l’ha raggiunta alla testa è stato esploso dall’interno dell’appartamento, probabilmente da un componente del nucleo familiare.

In queste ore gli investigatori – i carabinieri di Afragola e del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna, coordinati dalla Procura di Napoli Nord – stanno raccogliendo le testimonianze dei presenti per capire le modalità del drammatico incidente e chi stesse impugnando la pistola. I carabinieri hanno trovato nell’abitazione un proiettile calibro 380. Trasportata subito all’ospedale Cardarelli è stata operata, ma è morta poco dopo. E’ arrivato dalla strada, invece, il proiettile  che ha raggiunto all’addome una cinquantenne che stava assistendo ai fuochi d’artificio sul balcone di casa nel quartiere napoletano di Forcella. E’ stata ricoverata in ospedale, in gravi condizioni. E sempre a Napoli un algerino di 50 anni è stato colpito alla spalla da un proiettile mentre camminava in strada: raggiunto al polmone, è in prognosi riservata.

Nonostante gli interventi delle forze di polizia – che hanno arrestato 50 persone e ne hanno denunciate 304, sequestrato tonnellate di fuochi, polvere da sparo e sette pistole – l’uso sconsiderato dei botti, spesso illegali, ha mietuto feriti, con dita e mani amputate. Anche tra ragazzi e bambini, come un undicenne di Alfano, nel Salernitano, che ha perso la vista da un occhio per l’esplosione di un petardo, un diciassettenne di Foggia che ha avuto l’amputazione di una mano, così come un suo coetaneo a Varese, tre minorenni feriti a Grosseto, un quindicenne a Siena e un altro a Lucca, tre giovanissimi di 6, 10 e 15 anni feriti mentre facevano esplodere una batteria di fuochi nel giardino di casa a Terracina. E si moltiplicano sui social, anche quest’anno, le immagini di persone che per strada o dal balcone festeggiano l’arrivo del nuovo anno sparando con armi da fuoco. Video esibiti come veri e propri trofei. Ma la notte è stata caratterizzata anche da gravi episodi di violenza che con i botti non hanno niente a che fare.

A Udine, un uomo di 31 anni, cittadino italiano di origine dominicana, è stato ucciso sgozzato con un coltello o una bottiglia rotta, al termine di una festa di Capodanno. E ancora a Napoli una donna russa è stata arrestata per aver tentato di uccidere con una coltellata all’addome, in casa, il compagno, un ucraino, al termine di una lite. In diverse città, infine, interi quartieri sono stati presi in ostaggio di bande di vandali: razzie puntualmente riprese con i telefonini e condivise sul web. E’ successo, tra l’altro, a Milano, dove a San Siro sono stati appiccati dei roghi in strada e i mezzi della polizia sono stati presi a sassate, e a Molfetta, dove i teppisti hanno ribaltato un’auto parcheggiata e fatto esplodere dei petardi nel motore.

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L’ipnosi in sala operatoria per due anziane a Torino

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L’ipnosi in sala operatoria si consolida come una risorsa in più per combattere il dolore in sala operatoria. Per la prima volta a Torino, all’ospedale delle Molinette, due donne in età avanzata (75 anni e 79 anni) sono state sottoposte a un intervento in ipoanestesia, una pratica che alla Città della Salute definiscono “l’ultima frontiera degli approcci destinati a garantire ai pazienti un trauma chirurgico sempre minore”. L’ipoanestesia, che ha già preso piede in numerosi Paesi europei per operazioni di chirurgia complessa, è considerata una valida alternativa all’anestesia generale: non pretende un carico pesante di farmaci invasivi, modula la percezione del dolore e, soprattutto, allontana la percezione del bisturi, riducendo lo stress emotivo. Effetti che, a quanto pare, si riverberano anche sul recupero post operatorio, più rapido ed efficace, con conseguente riduzione dei tempi di ricovero.

Nel caso delle due pazienti torinesi si è trattato di abbinare l’ipnosi all’anestesia locale per poi procedere, tramite delle ‘tradizionali’ incisioni al collo di minima entità (2,5-3 cm), all’asportazione di tumori benigni delle paratiroidi. L’intervento ha richiesto la composizione di un’equipe composta da specialisti di varie discipline: Maurizio Bossotti (responsabile della Chirurgia tiroidea-paratiroidea del Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica della Città della Salute di Torino, diretto dal professor Mario Morino) è stato affiancato da Pietro Soardo e Valentina Palazzo, specializzanda in Chirurgia Generale ed ipnologa, e dagli anestesisti del gruppo di Roberto Balagna.

In Italia il ricorso all’ipnosi clinica è una realtà da diverso tempo e in diversi ambiti. Nel 2020 l’ospedale San Paolo, a Savona, se ne servì a scopo analgesico su un uomo sottoposto a un intervento al cuore, mentre nel 2022 fu il San Michele di Cagliari ad impiegarla nel corso di un trapianto di fegato: il paziente, dopo una serie di incontri preparatori, venne ‘risvegliato’ in stato di ipnosi in sala operatoria anziché in rianimazione, cosa che scongiurò una quantità di complicazioni. Nel 2023, ad Ancona, un tumore cerebrale fu asportato con procedura awake: il paziente, sveglio e cosciente, indossò un visore che lo inondò di immagini e musiche capaci di ridurre l’ansia pre e post operatoria. La sedazione digitale è stata utilizzata al ‘Ferrari’ di Castrovillari (Cosenza) per coronarografie e impianti di peacemaker.

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Abusi su 13enne, spedizione punitiva amici contro l’ex

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Non si è ribellata quando lui le ha imposto un rapporto sessuale perché “avevo paura che lui mi lasciasse”. Protagonista di questa brutta storia che arriva da Genova una ragazzina di 13 anni che ha raccontato di esser stata obbligata ad avere rapporti con il suo fidanzato del tempo, di due anni più grande, nella sua casa quando i genitori non c’erano. Una storia che durava da qualche mese e che è stata scoperta dalla polizia intervenuta per la chiamata al 112 dell’ex fidanzatino della vittima, accerchiato dagli amici della ragazzina intenzionati a portare a termine una vera e propria spedizione punitiva. Tutto nasce un pomeriggio di qualche tempo fa quando la ragazzina va a casa del fidanzatino che ha, appunto, 15 anni.

I genitori di lui non ci sono e avvengono gli abusi. Lei non lo lascia perché ha paura che lui l’abbandoni poi l’infatuazione è finita e lei racconta tutto ai suoi amici. Amici che, dopo essersi radunati, in tutto una decina di ragazzi tra i 13 e i 16 anni, imbastiscono una specie di spedizione punitiva a casa dell’ex. Quel giorno il 15enne è solo nell’appartamento al primo piano del condominio in cui abita con i genitori.

Quando arrivano gli amici della ragazzina iniziano a dare pugni contro le sue finestre e uno cerca addirittura di entrare in casa. Il ragazzo si spaventa, prende un coltello da cucina e poi chiama il 112. Quando la polizia interviene ci vuole un po’ per capire cosa stesse succedendo e che cosa aveva portato a quella reazione esasperata di un gruppo di giovanissimi. I ragazzini amici della vittima vengono tutti identificati e accompagnati negli uffici della polizia: ovviamente ciascuno racconta quello che sa e quello che invece gli è stato solo riferito ma sarà la ragazzina di 13 anni a dover raccontare il retroscena.

Tra l’altro, la vittima aggiunge che aveva tentato di parlarne a casa con i genitori ma che aveva avuto scarso successo. Genitori che, convocati e sentiti dalla polizia, affermano: “Ci aveva accennato qualcosa, ma pensavano fossero questioni tra ragazzi”. Tutta la vicenda adesso è sottoposta a indagini della procura presso il tribunale dei Minori, Un fascicolo in cui un quindicenne è accusato di violenza sessuale aggravata. E negli ultimi giorni la vittima è stata sentita durante un incidente probatorio, fornendo – secondo quanto appreso – ‘significative conferme’.

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Arcivescovo Napoli ad amministratori: bisogna fare di più

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La Costituzione “ci obbliga ad adempiere le nostre funzioni “con onore e disciplina” e l’onore non può che essere quello del “dovere della verità e dell’impegno per la giustizia” non solo formale ma anche sostanziale. In un territorio che, pur cercando faticosamente di adottare “un diverso paradigma”, soffre ancora di tante diseguaglianze e in tante periferie umane e sociali si attendono opportunità civili e dignitose, chi ha responsabilità pubblica ha il dovere di fare di più e bandire ipocrisie e luoghi comuni. Ancora troppa ricchezza mal distribuita, ancora troppo lavoro nero, ancora la prepotenza della criminalità organizzata, sirena per chi, con scarse opportunità, in particolare i giovani, anela al cambiamento del proprio status sociale, cerca scorciatoie”. Lo ricorda nella lettera ai fedeli della diocesi partenopea per l’Avvento 2024 l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che nel prossimo concistoro del 7 dicembre sarà creato Cardinale.

“A noi, il Cristo che viene, ci chiede quel gesto di amore di cui parlò Paolo Borsellino, nella chiesa di Sant’Ernesto, a Palermo il 23 giugno 1992, in occasione del trigesimo della strage di Capaci, ricordando Falcone “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione…. Per amore!” E tali parole richiamano alla mente l’attualità del documento diffuso proprio a Natale dell’anno precedente, il 1991, in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, per spingere a prendere coscienza del problema mafioso, ‘Per Amore del mio popolo'”, prosegue ancora l’arcivescovo di Napoli.

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