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Cronache

Caos treni, un guasto a Roma blocca l’Italia

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Dalle 6.30 di questa mattina la circolazione ferroviaria è stata sospesa a Roma Termini e Roma Tiburtina per un guasto alla linea. Rfi ha riferito che c’è stata “una disconnessione degli impianti”. Il caos ha avuto ripercussioni anche in altre stazioni per le partenze e gli arrivi ritardati o cancellati. “Ci scusiamo per i disagi della giornata, disagi importanti. E’ avvenuto un guasto raro che ha colpito la cabina elettrica che alimenta l’impianto di circolazione nel nodo di Roma. Le cause del guasto sono in corso di accertamento”, ha spiegato l’amministratore delegato di Rfi, Gianpiero Strisciuglio, circa il guasto. “I nostri operai sono intervenuti prontamente e alle 8.30 abbiamo ripristinato la circolazione”. Ma i ritardi accumulati pesano sugli utenti che sono stati comunque invitati a riprogrammare i loro viaggi.

“La circolazione è fortemente rallentata” e “i treni Alta velocità, Intercity e Regionali possono registrare un maggior tempo di percorrenza fino a 160 minuti o subire limitazioni di percorso e cancellazioni”, comunica infatti Trenitalia, mentre prosegue l’intervento dei tecnici. Sono stati comunque decine i treni in ritardo o cancellati, dall’Alta velocità, agli Intercity ai regionali. Pesanti ripercussioni anche sul nodo ferroviario di Bologna, Napolie Milano, dove il ritardo maggiore è stato calcolato in 260 minuti per due convogli provenienti da Lecce.

“Siamo al lavoro per risolvere prima possibile” il guasto, aveva assicurato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, fortemente cirticato da Pd e Avs che si chiedevano: “Cosa aspetta il ministro ad intervenire?”. Secondo fonti di Rfi, il guasto che ha bloccato il nodo di Roma per oltre 3 ore “non è riconducibile ad un attacco hacker”. Le associazioni dei consumatori fanno notare che questa giornata nera per i treni non è una eccezione. “I problemi sulla linea alta velocità della capitale continuano a ripresentarsi con eccessiva frequenza”, sottolinea il Codacons, commentando quella che definisce una “giornata di passione per gli utenti delle ferrovie italiane”, con la circolazione ferroviaria sospesa stamattina nel nodo di Roma per un guasto alla linea con “ripercussioni a cascata su numerosi collegamenti”.

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Cronache

Meloni, l’incontro Trump-Zelensky è un evento enorme

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Piccoli, e anche “grandi”, passi diplomatici. Verso quella “pace giusta” che continua a invocare per l’Ucraina. E pure per riavvicinare le due sponde dell’Atlantico divise dai dazi. Nella foto del giorno Giorgia Meloni non c’è. Ma quello che conta, come sottolinea lei stessa, è quel fatto “enorme” che si è svolto al riparo dei marmi della basilica di San Pietro. Quel faccia a faccia tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno “parlato di pace al funerale del Papa della pace”.

Un fatto davvero “storico”, per la premier che con il leader di Kiev si vede poi per quasi un’ora, a Palazzo Chigi. Non una visita di cortesia come quelle dell’amico Viktor Orban e di Keir Starmer, che nello scatto tra le navate con Trump, Zelensky ed Emmanuel Macron invece c’era. Un saluto, un incontro, non certo un “vertice”, dicono dall’esecutivo da cui filtra solo “soddisfazione” per l’esito di una giornata complicata, dal punto di vista logistico quanto da quello geopolitico.

Ma pure la città e la macchina organizzativa e della sicurezza, sottolinea la premier, sono state all’altezza di una giornata che “storica” lo sarebbe stata a prescindere, per l’addio a Francesco. La premier arriva in Vaticano in tailleur e occhialoni neri, con i capelli raccolti in uno chignon basso. E sta “come si deve stare a un funerale, composta”, osserva un ministro. Sul sagrato abbraccia Javier Milei, che poi vedrà per un pranzo informale nel centro di Roma. Ma ha occasione di salutare, tra gli altri, anche la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.

E di scambiare qualche parola con Ursula von der Leyen. Con la presidente della Commissione c’è una consuetudine che è diventata praticamente “quotidiana” questa settimana. Von der Leyen, dopo avere ipotizzato un vero e proprio vertice, ha invece il suo primo contatto diretto con il presidente Usa a margine dei funerali e si accorda per un incontro, altro esito “molto positivo” secondo l’entourage della premier. Era l’obiettivo che Meloni aveva fortemente perseguito nel viaggio a Washington della scorsa settimana. Certo, possibile che a questo punto non sarà Roma la cornice di un prossimo vertice Ue-Usa (complesso da gestire diplomaticamente ammettono anche ai piani alti del governo), ma per la premier, assicura chi le ha parlato, l’importante era facilitare un dialogo che fino a ieri, di fatto, era assente.

Non si è parlato di commerci e tariffe, non sarebbe stato adatto nel contesto dell’addio solenne al Pontefice, continuano a sottolineare i suoi, non è un funerale l’occasione per vertici politici. Diverso, nei ragionamenti che si fanno ai piani alti del governo, è il dialogo Trump-Zelensky per la pace che la premier avrebbe “lavorato” per favorire. La premier potrebbe averne parlato con il presidente Usa, nel breve scambio al termine del funerale, quando hanno percorso insieme il colonnato di San Pietro per lasciare la Basilica.

Ora “ci si attende che anche la Russia dimostri concretamente la propria volontà di perseguire la pace”, insiste Meloni nella nota diffusa da Roma al termine della visita del presidente ucraino. Che la premier abbraccia nel cortile di Palazzo Chigi prima di chiudersi con lui per il bilaterale nello studio al primo piano. Meloni esprime le condoglianze “anche a nome del governo” per i recenti attacchi russi” che hanno colpito anche Kiev, rinnovando la sua “ferma condanna” e sottolineando “l’urgenza di un cessate il fuoco immediato e incondizionato” oltre alla necessità di un “impegno concreto” di Mosca per avviare “un processo di pace”.

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È morto Franceschini, fu fondatore delle Br

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E’ morto Alberto Franceschini, uno dei fondatori assieme a Renato Curcio e Mara Cagol delle Brigate Rosse. Il decesso è avvenuto l’11 aprile scorso ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Franceschini aveva 78 anni ed era stato condannato con sentenza definitiva, tra l’altro, per il sequestro del giudice genovese Mario Sossi e per l’omicidio di due sponenti del Msi avvenuta a Padova nel 1974.

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I migranti e i poveri accolgono l’ultimo Francesco

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Lo hanno atteso sul sagrato di Santa Maria Maggiore con in mano le rose bianche e gli occhi lucidi di chi ha perso un amico. L’ultimo atto terreno Francesco l’ha voluto riservare a loro, gli ultimi, quelli per cui tanto si è speso durante il pontificato e che oggi gli hanno restituito l’ultimo abbraccio prima della sepoltura. Poveri e bisognosi, migranti e transessuali, i ‘diversi’ che nel Papa venuto dalla “fine del mondo” hanno trovato la speranza. “È sceso dal piedistallo per stare tra le persone”, il commento di una fedele che per tutto il giorno ha atteso il feretro in quella che da oggi sarà la ‘casa’ di Francesco. I più fortunati si sono ritrovati alla basilica dell’Esquilino, come Antonino, che viveva per strada.

“Sono stato anche a Santa Marta” racconta oggi ricordando una frase che Francesco gli disse e che non ha mai dimenticato: “Antonino – furono le parole del Papa – non dire mai che sei stanco: aiuta gli altri fino a che non ti reggerai in piedi”. Molti altri altri hanno presenziato alla cerimonia funebre in piazza San Pietro. Tanti ancora, invece, hanno seguito il funerale in televisione a Palazzo Migliori, la residenza che papa Francesco ha donato ai poveri ed è gestita dalla comunità di Sant’Egidio. Ognuno di loro ha una storia da raccontare legata al Pontefice, la cui immagine compare in una delle foto-ricordo della visita del 2019 nell’edificio a due passi da San Pietro. Giù, in strada, ci sono tutti gli altri, ‘sparsi’ per la città per dare l’ultimo saluto al Santo Padre lungo il corteo che dal Vaticano l’ha portato fino a Santa Maria Maggiore.

“Trent’anni fa per me sarebbe stato impossibile essere qui”, racconta Regina, esponente (“non militante”) della comunità Lgbt+ che davanti a Santa Maria Maggiore mostra un cartello con l’effige del Pontefice in cui chiede una cosa semplice e insieme grande: ‘Santo subito’. Santo perché? “Perché con la santità si fermano, si ‘congelano’ i valori di un personaggio – spiega – la sua santità era nell’essere vicino ai poveri, contro la guerra, e con le persone Lgbt+. Quindi meglio farlo santo subito, il prima possibile”. “Qualcuno dice che per la nostra comunità non ha fatto abbastanza – prosegue Regina – Ma io penso che a volte ‘fare’ non è tanto importante quanto ‘dire’. Saranno altri a ‘fare’, ma Francesco intanto ha seminato la sua vicinanza”.

A dare l’ultimo saluto a Francesco anche migranti ed ex senzatetto, quelli per cui ha fatto realizzare servizi di prima necessità nell’area attorno a San Pietro. La stessa piazza dove oggi, seduti con tutti i Grandi della Terra, c’erano anche rappresentanti dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati, e di Mediterranea, l’ong che salva le vite in mare. Sulla loggia del Maggiordomato, invece, c’era l’argentino Sergio Sánchez, il ‘cartonero’ che nel 2013 papa Francesco, appena eletto, volle alla messa di inizio Pontificato nei posti riservati ai propri familiari. Oggi era in uno dei posti più esclusivi della piazza, a guardare dall’alto i 250 mila fedeli giunti a Roma per salutare il “Papa del popolo”.

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