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Caos nel governo Tory, Sunak riesuma a sorpresa Cameron

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Un’operazione che a parole guarda “al futuro”, ma nei fatti si traduce in uno dei ripescaggi più clamorosi, inattesi e controversi della storia recente del Regno Unito. Facendo riemergere dall’oblio di un pensionamento politico che pareva definitivo niente meno che David Cameron, ex premier a riposo da sette anni, richiamato al governo in veste di ministro degli Esteri. E’ stato un terremoto in piena regola, più che un (ennesimo) rimpasto, quello formalizzato oggi, dopo giorni di anticipazioni e tentennamenti, da Rishi Sunak, 43enne terzo volto nuovo Tory e primo capo del governo di Sua Maestà di origini familiari indiane. Uno scossone deciso in primo luogo per dare il benservito all’ormai ex ministra dell’Interno, Suella Braverman, falco della nuova destra conservatrice dalla retorica incendiaria. Ma allargato sino a rivoluzionare il gabinetto: con il passaggio dagli Esteri all’Interno di James Cleverly, brexiteer più posato di padre britannico e madre della Sierra Leone; la sostituzione di quest’ultimo con Cameron al Foreign Office; il trasloco di Steve Barclay dalla Sanità all’Ambiente (da dove esce di scena Therese Coffey, fedelissima superstite di Liz Truss); la nomina al suo posto di Victoria Atkins; la promozione del 38enne Richard Holden – giovane ex pretoriano di Boris Johnson passato armi e bagagli al fianco di Sunak – a capo dell’inceppatissima macchina elettorale conservatrice nei panni di ministro-presidente della formazione di maggioranza; e la sostituzione di una mezza dozzina di viceministri di peso: a iniziare dalla casella di numero 2 del Tesoro, dove sale un’altra under 40 emergente, Laura Trott.

Un gioco di poltrone che nelle intenzioni mira a ridare ossigeno a un partito in cerca di miracoli in vista delle elezioni politiche in calendario al più tardi tra un anno o giù di lì, a fronte di sondaggi che per ora continuano ad accreditare un distacco catastrofico dal Labour neomoderato del pur tutt’altro che trascinante sir Keir Starmer. Ma che rischia in realtà di appannare ulteriormente la leadership di Sunak, oscurata dall’inopinata rentrée della figura ingombrante di Cameron. Una riesumazione talmente imprevista da apparire frutto di disperazione, quella dell’ex primo ministro, in carica fra il 2010 e il 2016 prima di finire travolto dal risultato del referendum sulla Brexit che lui stesso aveva convocato e poi perduto. L’uomo a cui Rishi ha strappato l’anno scorso la palma di premier britannico più giovane dell’era moderna e che ora, a 57 anni, si vede offrire dal nulla un posto di spicco nel governo del brexiteer Sunak; e la parallela cooptazione a vita nella Camera dei Lord, necessaria a ridargli lo status di parlamentare perso 7 anni fa con le dimissioni anche da deputato. “Sono stato in disaccordo con Rishi su alcune decisioni individuali” in passato, ma “so che è un leader forte e capace”, ha commentato a caldo il neo Lord Cameron, asserendo di aver accettato la nomina per spirito di “servizio verso il Paese” in un momento di “sfide esistenziali” globali segnate “dalla guerra in Ucraina o dalla crisi in Medio Oriente”. Non senza scatenare il sarcasmo delle opposizioni, Labour in testa, sulla rivincita dello “status quo”.

Mentre fra i commentatori non manca chi – riconosciuto il contributo “di esperienza e relazioni internazionali personali” che Cameron può dare al timone del Foreign Office – nota come egli sia stato fra l’altro garante da premier di un’età dell’oro nelle relazioni fra Londra e Pechino: ampiamente archiviata adesso dalla stretta imposta verso la Cina dagli Usa agli alleati occidentali. Il tutto in un contesto in cui il siluramento di ‘Crudelia’ Braverman rischia intanto di far riesplodere le divisioni interne fra correnti nel partito di Sunak. Ma l’epilogo era divenuto inevitabile – a soli due giorni dalla delicata sentenza finale della Corte Suprema sul contestatissimo piano affidato proprio al dicastero dell’Interno per il trasferimento di richiedenti asilo in Ruanda in funzione di pretesa dissuasione dell’immigrazione illegale – dopo un inedito attacco (non approvato da Downing Street) ai vertici della polizia: da lei accusati sul Times di non reprimere a sufficienza gli eccessi rinfacciati a frange di partecipanti alle imponenti manifestazioni svoltesi a Londra per invocare il cessate il fuoco israeliano sulla Striscia di Gaza (“marce dell’odio di orde pro Palestina”, nel suo linguaggio). Parole condannate da più parti – al pari di precedenti esternazioni sui migranti assimilati a “invasori” o sulla condizione sociale dei senzatetto liquidata a “scelta di vita” – come un attentato all’autorità e all’indipendenza delle forze dell’ordine. E seguite sabato dall’assalto sferrato agli agenti da qualche centinaio di militanti dell’estrema destra islamofoba: presentatisi in piazza a mo’ di “contromanifestanti anti Hamas” e in assetto violento, a differenza della stragrande maggioranza delle centinaia di migliaia di dimostranti filo-palestinesi.

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Nota tiktoker Om Fahad uccisa a Baghdad davanti casa

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Un uomo su una moto ha ucciso la nota influencer Om Fahad davanti casa a Baghdad, hanno riferito funzionari della sicurezza irachena, citati dal Guardian. L’aggressore, ancora non identificato ha sparato a Om Fahad che si trovava in macchina nel quartiere di Zayouna ieri, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, che ha chiesto l’anonimato perché non autorizzato a parlare con i media.

Un’altra fonte della sicurezza ha raccontato che l’aggressore avrebbe fatto finta di consegnare del cibo. Om Fahad era diventata famosa per i suoi video spensierati su TikTok in cui ballava musica irachena indossando abiti aderenti. Nel febbraio dello scorso anno, un tribunale l’aveva condannata a sei mesi di carcere per aver condiviso “video contenenti discorsi indecenti che minano il pudore e la moralità pubblica”. Il governo ha lanciato una campagna nel 2023 per ripulire i contenuti dei social media che, a suo dire, violavano “la morale e le tradizioni” irachene. È stato istituito un comitato del ministero degli Interni per setacciare TikTok, YouTube e altre piattaforme alla ricerca di filmati ritenuti offensivi. Secondo le autorità, diversi influencer sono stati arrestati. Le libertà civili rimangono tuttora limitate per le donne i Iraq. Nel 2018, la modella e influencer Tara Fares fu uccisa da alcuni uomini a Baghdad.

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Britney Spears patteggia col padre Jamie, paga le spese legali

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Britney Spears e il padre Jamie non andranno al processo sul pagamento delle spese legali che lui ha sostenuto nella pluriennale battaglia per mantenere la figlia sotto tutela legale. Secondo il sito di gossip Tmz, alla cantante non toccherebbe neanche un centesimo, mentre starebbe ora a lei pagare i costi degli avvocati di lui, pari, secondo alcune fonti, a due milioni di dollari.

L’intesa, siglata dai legali delle parti presso la Superior Court di Los Angeles e i cui termini economici non sono stati in realta’ ufficialmente resi noti, arriva piu’ di due anni dopo la liberazione di Britney dal ferreo controllo legale che dal 2008, dopo un paio di molto pubblicizzati episodi di crollo mentale, Jamie aveva esercitato su ogni aspetto della sua vita. Sempre secondo Tmz, che per primo ha dato la notizia dell’accordo, la cantante sarebbe furiosa: il suo avvocato Mathew Rosengart le aveva assicurato di avere la vittoria in tasca, mentre sarebbe lei adesso a dover aprire il portafogli.

Sembra dunque lontana una riconciliazione sul fronte degli affetti. “Jamie ama moltissimo Britney e non vorrebbe altro che tornare ad essere una famiglia con lei”, ha detto l’avvocato de padre, Alex Weingarten. Ufficialmente pero’ un altro capitolo della vita di Britney e’ finalmente chiuso. “Anche se la tutela legale e’ stata revocata nel novembre 2021, il desiderio di Britney di liberta’ e’ ora veramente completo”, ha detto Rosengart: “La liberta’ include anche non dover piu’ avere a che fare con i tribunali a causa di questa vicenda”.

Jamie Spears aveva chiesto alla magistratura di far pagare a Britney le spese legali da lui sostenute nel contenzioso. La pop star si era opposta sostenendo che il padre si era autostipendiato per oltre sei milioni di dollari durante i 13 anni della custodia legale, aveva impropriamente messo la figlia sotto sorveglianza e compiuto vari pasticci finanziari. “Le parti hanno risolto le questioni in sospeso”, ha detto Weingarten, mentre Jamie si e’ detto “felice che ora sia tutto finito”, pur essendo “dispiaciuto delle accuse irresponsabili fatte nei suoi confronti in pubblico”.

Il patteggiamento chiude dunque senza troppo clamore una vicenda per anni sotto i riflettori dei media in cui accuse e vetriolo erano state scambiate tra padre e figlia con Britney che a un certo punto aveva dichiarato in tribunale che avrebbe voluto vedere Jamie in prigione. Un nuovo processo, che avrebbe dovuto cominciare in maggio, e’ stato a questo punto evitato. Dalla fine della tutela legale Britney Spears si e’ sposata e ha divorziato. Ha pubblicato un libro di memorie intitolato The Woman in Me che ha venduto oltre due milioni di copie ma, con l’eccezione di un duetto con Elton John (Hold Me Closer) e un altro con Will.i.am (Mind Your Business), non e’ piu’ tornata a cantare.

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Re Carlo migliora e riprende gli impegni pubblici

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Re Carlo III sta meglio e si prepara a riprendere la prossima settimana le attività pubbliche di rappresentanza della monarchia britannica che aveva dovuto suo malgrado interrompere per sottoporsi alle terapie per un non precisato cancro, annunciato ufficialmente lo scorso 5 febbraio. Si tratta di un ritorno per ora limitato, “per ridurre al minimo i rischi per la ripresa” del sovrano, come ha precisato in un comunicato Buckingham Palace, ma arriva dopo che i medici di corte si sono detti “molto incoraggiati” dai progressi delle cure, destinate ad andare avanti. Le notizie rassicuranti per il Regno Unito sono state accompagnate da una nuova foto ufficiale raffigurante Carlo, 75 anni, con la regina Camilla, diffusa proprio per segnare questo importante momento, in cui la coppia a braccetto appare unita e sorridente.

L’agenda del sovrano è così già tornata, anche se con tutte le cautele del caso, a prevedere i cosiddetti ‘public engagements’, gli appuntamenti ufficiali in cui il sovrano appare in pubblico e incontra i sudditi; e per mostrare solidarietà e vicinanza a quanti si stanno curando per un tumore è stato scelto come primo impegno la visita a un centro oncologico, dove Carlo incontrerà medici e pazienti. Il Palazzo ha annunciato inoltre che il re e la regina riceveranno a giugno l’imperatore giapponese e l’imperatrice consorte: un evento eccezionale, considerando che si tratta della prima visita nel Regno di un capo di Stato nipponico dal 1998. Secondo la Bbc, Carlo, che mal sopportava il limite imposto alla sua attività come aveva rivelato la stessa Camilla, si sente “fortemente incoraggiato” dalla prospettiva di un graduale ritorno alla normalità.

Se da un lato non mancano quindi i segnali di cauto ottimismo per la salute del sovrano, dall’altro “è troppo presto per dire” quanto tempo durerà ancora il suo trattamento, come ha precisato Buckingham Palace. L’annuncio sulla salute di Carlo è stato comunque accolto con gioia dal premier Rishi Sunak, che ha scritto sul suo profilo di X: “Splendida notizia per concludere la settimana”.

E arriva dopo una serie di altri segnali positivi nelle ultime settimane in cui il re aveva iniziato a farsi vedere in pubblico, come in occasione della messa di Pasqua a Windsor, a differenza della principessa Kate, alle prese anche lei con un tumore e sottoposta a chemioterapia, come ha annunciato lei stessa lo scorso mese in un video toccante. Il sovrano era stato d’altra parte già autorizzato a partecipare ad impegni ufficiali all’interno di Palazzo con più persone, dopo che in precedenza questi erano limitati a pochi presenti, come il primo ministro Sunak nei consueti incontri settimanali, oltre a ricevere un sostanziale via libera ad una visita ufficiale di due settimane in Australia a ottobre con la regina Camilla.

In tutt’altro senso va invece la rivelazione sensazionalistica del giornale online americano Daily Beast, secondo cui in base a fonti non precisate sarebbero stati aggiornati i piani per la Operation Menai Bridge, il nome in codice per organizzare il funerale di Carlo, ipotizzando un peggioramento del sovrano. Palazzo non ha risposto a queste voci, preferendo annunciare direttamente il ritorno di Carlo all’attività pubblica.

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