Collegati con noi

Politica

Campagna d’agosto su candidati, ecco le prime sorprese: Cucchi, Cottarelli, Maglie, Lotito e…

Pubblicato

del

Ilaria Cucchi e Aboubakar Soumahoro da una parte, Carlo Cottarelli dall’altra. Il centrosinistra scalda i motori in vista del 25 settembre e inizia a schierare volti noti della politica e della societa’ civile: la federazione Verdi-Si punta sul ‘sindacalista degli ultimi’, dei braccianti del Sud, e sulla paladina della battaglia della verita’ sulla morte di Stefano Cucchi; Pd e +Europa candidano nelle loro liste Mr Spending Review. Nel centrodestra si gioca ancora a carte coperte. Tra i papabili candidati: Claudio Lotito (con FI), Maria Giovanna Maglie, Simonetta Matone e Federico Freni (con la Lega), piu’ l’ex candidato sindaco di Napoli Catello Maresca. C’e’ chi ipotizza anche una riconferma di Umberto Bossi, mentre e’ quasi certa quella di Giulia Bongiorno. Il noto economista ‘con il trolley’ sara’ a capo della lista Democratici e progressisti nel proporzionale, ma sara’ presente anche in un collegio uninominale al nord. “Ho lavorato con le agora’ democratiche. E’ stato per me naturale accettare l’offerta che mi veniva dal Partito Democratico e Piu’ Europa – ha detto Cottarelli -. Non e’ stato possibile portare avanti un percorso con Azione, ma guardiamo avanti”. Dal cantiere del terzo polo, Carlo Calenda non fa mancare il suo gradimento (gia’ espresso in passato) per la scelta: “Avere Cottarelli in Parlamento sara’ una cosa positiva per il paese”. Commento che, comunque, non gli risparmia una stoccata dal presidente di +Europa, Riccardo Magi che lancia l’hashtag #ilCarlogiusto. Se Emma Bonino rimarca come schierare ‘Mr spending review’ sia un segno di “reale serieta’ rispetto al nostro accordo politico sulla prosecuzione dell’agenda Draghi”, il segretario Enrico Letta non vede il dato in contrapposizione con l’intesa tra i dem e Verdi-Si (all’opposizione di Draghi). Dimostra, invece, “la capacita’ di andare oltre le singole frontiere dei singoli partiti”, sostiene. Nelle liste Pd entreranno anche la vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein, le ex segretarie di Cgil e Cisl, Susanna Camusso e Annamaria Furlan. Nella stessa mattinata, con un timing studiato a tavolino per non invadere i rispettivi spazi, l’ala sinistra della coalizione, Europa Verde e Si, presenta i suoi due nomi forti alle urne. Aboubakar Soumahoro, l’attivista sindacale italo-ivoriano che da 20 anni difende gli invisibili, i lavoratori della terra sfruttati. Accanto a lui, sara’ candidata Ilaria Cucchi che per anni si e’ battuta per avere verita’ sulla morte del fratello Stefano, diventando icona dei diritti umani e civili. “In una politica impazzita in cui l’ego imperversa, rovesciamo l’ordine delle cose”, rivendica il coportavoce di Europa Verde Angelo Bonelli. Il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, risponde alle critiche degli ultimi giorni: “Hanno detto che io e Bonelli avevamo trattato seggi sicuri per noi. Ecco per chi erano questi seggi sicuri: persone capaci di rappresentare l’idea di un paese”. A stretto giro, anche sua moglie Elisabetta Piccolotti, componente della segreteria di Sinistra Italiana, risponde al “fango” che le “e’ piovuto addosso” sulla possibile corsa per il Parlamento: “Il famoso collegio uninominale non era per me: erano due, per Ilaria Cucchi e Aboubakar Soumahoro, e io ne sono davvero felice”, “decidera’ l’assemblea nazionale del mio partito se sono utile o sono d’intralcio, se candidarmi e dove, come sempre e’ stato”. A polemiche di simile tenore ribatte anche la consigliera del Lazio Michela Di Biase, coniuge del ministro della Cultura, che – nel confermare come il Pd locale l’abbia inserita nella rosa dei candidati alle politiche – punta il dito contro chi la descrive come “la moglie di’ o ‘lady Franceschini’: un “atteggiamento misogino e maschilista” a cui contrappone la sua lunga militanza politica, premiata dalle preferenze conquistate sui territori. Dovrebbe essere ricandidata, con qualche mal di pancia interno a FI, anche la deputata Marta Fascina compagna del leader Silvio Berlusconi.

Advertisement

In Evidenza

Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

Pubblicato

del

Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

Continua a leggere

Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

Pubblicato

del

Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

Continua a leggere

Politica

Addio a Giancarlo Gentilini, lo “Sceriffo” di Treviso simbolo della Lega Nord

Pubblicato

del

È morto a 95 anni Giancarlo Gentilini (foto Imagoeconomica in evidenza), storico sindaco e vicesindaco di Treviso, conosciuto come “lo Sceriffo” per la sua spilla simbolo di ordine, disciplina e rispetto delle leggi. Figura centrale della Lega Nord, è stato per vent’anni un riferimento assoluto per la città e per il movimento federalista e nordista. Gentilini si è spento ieri all’ospedale di Treviso, dopo un improvviso malore. Aveva appena trascorso le festività pasquali con familiari e amici.

Dal 1994 un’era politica fuori dagli schemi

Eletto per la prima volta nel 1994, in piena frattura con la Prima Repubblica, Gentilini ha rappresentato il primo grande esperimento amministrativo della Lega Nord in Veneto. La sua leadership ha ispirato generazioni di sindaci padani. Rimasto in carica fino al 2013, ha saputo imprimere un’impronta personale, carismatica e controversa al governo della città, definendosi “al servizio del mio popolo”.

Una vita di provocazioni e polemiche

Uomo fuori dagli schemi, Gentilini è stato amato e odiato. Amatissimo dal suo elettorato, detestato dalle opposizioni per uscite spesso offensive: frasi contro immigrati, rom, comunità omosessuale, disegni di teschi agli incroci pericolosi e panchine rimosse per evitare che vi si sedessero stranieri. La sua comunicazione era brutale, talvolta al limite del razzismo, ma efficace. Una figura che ha spesso messo in difficoltà anche la sua stessa Lega, incapace di contenerne la dirompenza.

L’ultimo capitolo di una vita sorprendente

Nel 2017 ha perso la moglie, e l’anno successivo, a 89 anni, si è risposato. Un uomo che non ha mai smesso di sorprendere, nel bene e nel male. Sempre fedele alla sua immagine, sempre diretto, spesso divisivo, ma instancabile e coerente con il proprio sentire.

Il cordoglio delle istituzioni

Tra i primi a ricordarlo, Luca Zaia, presidente del Veneto: «È stato un grande amministratore, ha saputo intercettare i sentimenti del popolo. Ha fatto la storia di Treviso e del Veneto». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ha parlato di «dedizione totale alla città». Il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha espresso il dolore dell’intera comunità: «Il nostro Leone è andato avanti. Ha scritto la storia».

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto