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Camion-bomba fa strage a Mogadiscio, decine di morti

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Erano quasi le otto di mattina a Mogadiscio, l’ora di punta, quando la citta’ e’ precipitata in un vortice di terrore e morte: un camion-bomba, condotto da un attentatore suicida, e’ stato fatto esplodere in un affollato incrocio, al centro di una coda che si era formata davanti ad un checkpoint. Il bilancio e’ uno dei piu’ gravi degli ultimi anni: almeno 76 morti e oltre un centinaio di feriti. In un istante, il camion si e’ trasformato in una enorme palla di fuoco, che ha lanciato in ogni direzione una infinita’ di schegge e frammenti incandescenti, uccidendo e devastando ogni cosa in un raggio di decine e decine di metri. I sopravvissuti, i testimoni e i soccorritori parlano di corpi martoriati, mutilati e carbonizzati, al di la’ di ogni possibile riconoscimento. E delle urla disperate e straziantii che si sono levate tra i rottami di auto, il fumo e le fiamme subito dopo l’esplosione, dei feriti e delle persone alla ricerca dei loro cari investiti dalla potente onda d’urto. Il numero delle vittime – tra cui figurano molti studenti universitari, oltre a donne e bambini e diversi agenti di polizia – potrebbe purtroppo continuare a salire. Negli ospedali molti feriti sono infatti arrivati in condizioni disperate. Fino a tarda sera nessun gruppo aveva rivendicato l’attacco, anche se sembrano esserci pochi dubbi sulla matrice jihadista, in particolare sulla possibilita’ che siano stati gli estremisti islamici di al Shabaab. Tuttavia, secondo Rita Katz, che con il gruppo Site monitora online la galassia jihadista, e’ possibile che una loro rivendicazione non giunga mai. La maggior parte degli attentati rivendicati dagli Shabaab sono stati infatti quelli che hanno colpito zone frequentate da quelli che loro chiamano “agenti stranieri” o contro obiettivi percepiti come nemici, come le forze di sicurezza, mentre oggi sono morte soprattutto decine di civili musulmani, e questa circostanza potrebbe danneggiare la loro causa. Anche in occasione dell’attacco del 14 ottobre 2017, che provoco’ quasi 600 morti a Mogadiscio, la maggior parte dei quali musulmani, Shabaab venne ritenuto il responsabile, ma non ne rivendico’ mai la responsabilita’. In ogni caso, un cosi’ devastante attentato mostra quanto sia fragile l’equilibrio nella tormentata Somalia e quanto difficile sia per le forze di polizia somale gestire la sicurezza dei cittadini. Quanto accaduto diventa inoltre particolarmente inquietante in vista delle elezioni che per la prima volta da decenni dovrebbero svolgersi nel 2020 e del previsto progressivo disimpegno della Amisom, la forza di pace dell’Unione Africana formata da 20 mila soldati che dovrebbe lasciare il campo ad un nuovo esercito regolare somalo. Nell’arco di poche ore, al presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed sono arrivati messaggi di cordoglio da tutto il mondo, tra cui quello del presidente Sergio Mattarella, che ha affermato di seguire “con partecipazione e profonda tristezza le notizie sul gravissimo attentato che ha colpito poche ore fa la citta’ di Mogadiscio causando un ingente numero di vittime. In questa luttuosa circostanza giungano a Lei e all’amico popolo somalo le espressioni del nostro piu’ sentito cordoglio”.

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Omicidio Cerciello, difensore carabiniere: assoluzione ristabilisce giustizia

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È stato “un percorso straordinariamente sofferto dove il maresciallo Manganaro è rimasto solo durante questi lunghi 5 anni. E questa assoluzione della Corte d’Appello perché il fatto non costituisce reato ristabilisce giustizia nei confronti di un militare che per 25 anni con onore ha servito l’Arma, continua a servirla e che in quell’occasione del luglio del 2019 ha protetto l’incolumità del fermato ed è stato sottoposto nei mesi e negli anni successivi non solo a una gogna mediatica ma anche all’isolamento e all’abbandono da parte delle istituzioni”. Lo dice a LaPresse l’avvocato Roberto De Vita, difensore del carabiniere Fabio Manganaro, a processo per aver bendato dopo il fermo Gabriel Natale Hjorth, uno dei due americani arrestati per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. “Questa sentenza, sia nel dispositivo e poi nelle motivazioni, dovrà essere letta attentamente dall’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dall’ex comandante generale dell’Arma Giovanni Nistri i quali all’indomani del fatto condannarono senza processo Fabio Manganaro”, conclude.

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Trovati e sequestrati dieci telefonini nel carcere di Avellino

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Nella casa Circondariale di Avellino, durante un ordinario giro di controllo, sono stati trovati 10 cellulari smartphone con caricabatterie. I telefonini sono stati scoperti in due sacchetti di plastica che si trovavano nell’intercinta, lo spazio che separa le aree detentive dal muro di cinta. Secondo gli agenti l’obiettivo era lanciarli all’interno del muro di cinta, in corrispondenza con il campo sportivo, dove è stata trovata anche una corda ricavata da lenzuola verosimilmente destinata ad essere usata per il recupero della merce. “È sempre più impellente che l’ amministrazione penitenziaria doti la polizia Penitenziaria di strumenti tecnologicamente avanzati con schermature degli istituti per contrastare il fenomeno dell’ingresso dei telefonini in carcere”, ripetono Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, dell’ Uspp.

“Si tratta di un fenomeno particolarmente rischioso e pericoloso – sottolineano – soprattutto se a farne uso sono i detenuti con reati di associazione mafiosa dati i probabili contatti esterni con la criminalità organizzata”. L’Uspp chiede anche “adeguate strumentazioni per fronteggiare la minaccia sempre più attuale e diffusa dei droni che sorvolano illecitamente sugli istituti di pena per trasportare oggetti pericolosi per la sicurezza interna ed esterna, come é avvenuto nel passato. Grazie agli sforzi profusi dalla polizia Penitenziaria impiegata in turni massacranti e con scarse risorse, – concludono i sindacalisti – si riescono comunque ma a fatica, ad arginare i tentativi fraudolenti, con continui rinvenimenti di telefonini e droga ed inevitabili gravi ripercussioni sull’ordine e la sicurezza, dato tra l’altro, come sopra evidenziato l’elevato rischio di contaminazioni con l’esterno”.

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Lite tra ragazzi a Casoria, 16enne esplode colpi a salve

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– Lite tra giovanissimi ed esplosione di colpi a salve, la notte scorsa a Casoria, in provincia di Napoli: coinvolto anche un 16enne armato. Sono stati alcuni cittadini, verso le 22, a segnalare al 112 l’esplosione di colpi d’arma da fuoco provenire da via Achille del Giudice all’altezza del civico 72. Sul posto sono arrivati in pochissimi minuti i carabinieri della sezione radiomobile della locale compagnia che erano in zona e hanno ricostruito a vicenda. Poco prima, per motivi ancora non chiari ma verosimilmente legati a sguardi mal tollerati, due gruppi di giovanissimi stavano litigando. La discussione è stata però interrotta dal rumore di tre colpi d’arma da fuoco con il successivo fuggi fuggi generale. Durante il sopralluogo i militari hanno trovato e sequestrato tre bossoli a salve. Hanno, quindi, iniziato la ricerca di chi aveva esploso quei colpi. Nascosto tra le auto in sosta un 16enne: impugnava una pistola replica a salve priva del tappo rosso; nelle tasche del ragazzino anche qualche dose di marijuana. Per il minorenne, prima di essere affidato ai genitori, è scattata una denuncia per minaccia aggravata e porto di armi. Il 16enne è stato segnalato anche alla prefettura perché assuntore di droga.

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