La messa della domenica macchiata del sangue di 20 persone uccise da due bombe esplose in rapida successione, probabilmente fatte detonare da due kamikaze. E nella cattedrale di Nostra Signora del Santo Carmelo, nel sud delle Filippine, il raccoglimento della liturgia ha lasciato il posto al caos della paura tra i banchi sventrati e le urla degli oltre 110 feriti. Un attentato rivendicato in serata dall’Isis, che in un comunicato citato da Site parla di 40 morti causati da due terroristi suicidi, tra cui sette agenti delle forze di sicurezza, e di 80 feriti. E’ successo tutto in pochi minuti. Prima l’esplosione di un ordigno all’interno della chiesa di Jolo, poi – mentre i sopravvissuti in preda al panico cercavano di scappare – la seconda esplosione nella parcheggio antistante, che ha ucciso anche cinque dei militari di guardia all’edificio religioso. Un ennesimo massacro che il Papa ha voluto ricordare all’Angelus. “Condanniamo questa violenza che colpisce questa comunita’ cristiana. Prego il Signore, principe della pace, affinche’ converta i cuori dei violenti e garantisca agli abitanti di quella popolazione una pacifica convivenza”, ha detto Francesco.
I sette feriti piu’ gravi sono stati trasportati in elicottero alla vicina citta’ di Zamboanga e tutta l’area intorno alla chiesa si e’ trasformata in una zona di guerra. I militari a bordo di blindati hanno bloccato la principale strada di accesso alla cattedrale mentre le sirene scandivano il via vai delle ambulanze che portavano via morti e feriti. Fuori uso, per qualche ora, anche i telefoni cellulari, riporta il sito inquirer.net. “Perseguiremo fino alla fine del mondo gli spietati responsabili che sono dietro questo crimine ignobile, fino a quando ogni killer non sia stato assicurato alla giustizia e sbattuto dietro le sbarre. La legge non avra’ pieta’”, ha detto a Manila l’ufficio del presidente Rodrigo Duterte, che ha avvertito: le forze armate delle Filippine “schiacceranno questi criminali senza Dio”. Subito dopo l’esplosione il segretario alla Difesa Delfin Lorenzana aveva reso noto di aver “dato ordine alle nostre truppe di aumentare il livello di allerta, proteggere tutti i luoghi di culto e avviare misure proattive per contrastare i piani ostili”. Una risposta a quella che e’ di fatto una dichiarazione di guerra a una settimana dal referendum che ha approvato la creazione della Regione Autonoma di Bangsamoro che dovrebbe dare maggiore autonomia alle aree a maggioranza musulmana delle Filippine meridionali, in sostituzione della Regione Autonoma del Mindanao islamico, ma che che nella provincia di Sulu, dove si trova Jolo, e’ stato respinto. Il referendum e’ il risultato dell’accordo di pace del 2014 tra l’allora governo di Benigno Aquino III e il Fronte islamico di liberazione Moro (il principale gruppo ribelle) che, nelle intenzioni dei firmatari, dovrebbe porre fine a mezzo secolo di ribellione separatista che ha lasciato sul terreno 150.000 morti. Ma contro l’accordo si e’ schierata la fazione rivale del Fronte di liberazione nazionale Moro, a testimonianza del fatto che la stabilita’ e la pacificazione della zona non sono dietro l’angolo. Oltre ad Abu Sayyaf, gruppo inserito nella lista nera degli Stati Uniti e delle Filippine e affiliato allo Stato Islamico, nell’area operano gruppi armati che non hanno preso parte alle trattative e che sono ideologicamente vicini all’Isis.
Intratteneva rapporti, attraverso i social, con tre suoi connazionali legati all’Isis, un tunisino di 24 anni, figlio di un’italiana, espulso dall’Italia per motivi di sicurezza nazionale e di prevenzione del terrorismo. Il giovane è stato ritracciato dagli uomini della digos e il questore di Torino ha ordinato l’accompagnamento immediato alla frontiera, con un provvedimento convalidato dal tribunale torinese. Il 24enne è stato scortato dagli agenti di polizia della questura del capoluogo piemontese fino all’aeroporto di Roma Fiumicino ed è stato rimpatriato a Tunisi. Regolare in Italia, secondo gli investigatori aveva nel tempo assunto comportamenti indicativi di radicalizzazione religiosa e manteneva contatti con i suoi connazionali che erano considerati una potenziale minaccia per la sicurezza dello Stato e per l’incolumità delle persone.
La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, nei confronti di Chiara Ferragni e di altre persone per l’accusa di truffa aggravata Al centro dell’inchiesta, coordinata dal pm Cristian Barilli e dall’aggiunto Eugenio Fusco e condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, ci sono i casi di presunta pubblicità ingannevole legata alle vendite, a prezzi maggiorati e mascherate con iniziative benefiche, avvenute tra il 2021 e il 2022, del pandoro ‘Pink Christmas’ Balocco e delle uova di Pasqua-Dolci Preziosi.
Oltre a Chiara Ferragni, l’atto di chiusura dell’inchiesta, notificato stamane, riguarda il suo ex stretto collaboratore Fabio Damato, Alessandra Balocco, titolare dell’azienda piemontese produttrice del Pandoro, Franco Cannillo della Dolci Preziosi. Come si legge in una nota della Procura sono stati ipotizzati i reati di truffa continuata e aggravata in relazione alle operazioni commerciali ‘Pandoro Balocco Pink Christmas, Limited Edition Chiara Ferragni’ (Natale 2022) e ‘Uova di Pasqua Chiara Ferragni -sosteniamo i Bambini delle Fate’ (Pasqua 2021 e 2022). “Le indagini – è scritto nel comunicato firmato dal procuratore Narcello Viola – hanno permesso di ricostruire la pianificazione diffusione di comunicazioni di natura decettiva, volte a indurre in errore i consumatori in ordine al collegamento tra l’acquisto dei prodotti pubblicizzati e iniziative benefiche”.
“Riteniamo che questa vicenda non abbia alcuna rilevanza penale e che i profili controversi siano già stati affrontati e risolti in sede di Agcom. Avvieremo al più presto un confronto con i Pubblici Ministeri e confidiamo in una conclusione positiva della vicenda. Chiara Ferragni ha fiducia nel lavoro della magistratura e che la sua innocenza venga acclarata quanto prima.”. Così gli avvocati di Chiara Ferragni hanno commentato la chiusura delle indagini per truffa aggravata nei confronti dell’influencer e di altre quattro persone per i casi del pandoro e delle uova di Pasqua.
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L’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui vengono diagnosticate le malattie genetiche. Secondo quanto emerso dal XXVII Congresso nazionale di genetica umana a Padova, è ora possibile rilevare indizi di malattie genetiche attraverso una semplice foto del paziente. Grazie a nuove applicazioni installabili su smartphone, i medici possono utilizzare questa tecnologia per analizzare le caratteristiche facciali e ottenere indicazioni utili per la diagnosi.
Diagnosi genetica con una foto: come funziona?
Il processo è semplice: puntando lo smartphone sulla foto del paziente o scattando direttamente una foto, l’algoritmo dell’intelligenza artificiale analizza i tratti facciali e fornisce al medico un elenco di possibili malattie genetiche. Questa innovazione risulta particolarmente utile per malattie rare, che spesso sono difficili da diagnosticare. Si stima infatti che circa un bambino su 200-250 possa essere affetto da una malattia genetica.
Un supporto prezioso per i genetisti clinici
Luigi Memo, pediatra e genetista dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste, ha evidenziato l’importanza di questo strumento nel supportare i medici. “Anche per le sindromi più rare e difficili da diagnosticare,” ha spiegato, “il genetista clinico può ora disporre di tecnologie avanzate come il cariotipo molecolare e il sequenziamento di nuova generazione, oltre a potenti motori di ricerca online. Questa app, inoltre, può essere utilizzata come una sorta di secondo parere per confermare una diagnosi o come punto di partenza nei casi più complessi.”
L’importanza della valutazione clinica
Nonostante il grande potenziale dell’intelligenza artificiale nella diagnosi genetica, i medici sottolineano che essa non può sostituire la valutazione clinica accurata del paziente. È infatti fondamentale che il genetista clinico continui a cercare quei segni diagnostici particolari, noti come “maniglie diagnostiche”, che indirizzano verso una diagnosi corretta.
Verso un futuro di diagnosi più rapide e precise
L’intelligenza artificiale è destinata a rivoluzionare il modo in cui vengono diagnosticate le malattie genetiche rare, offrendo ai medici strumenti preziosi per migliorare l’accuratezza delle diagnosi. Tuttavia, è essenziale che questa tecnologia venga utilizzata in combinazione con l’esperienza clinica per garantire i migliori risultati possibili.
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