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Battaglie ‘brutali’ in Ucraina ma per Putin “Kiev non avanza”

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Secondo Vladimir Putin, l’annunciata controffensiva dell’Ucraina “è cominciata”, ma sta andando male; per Volodymyr Zelensky, invece, “sono in corso battaglie molto brutali”, che però stanno portando “risultati”. La guerra delle parole, che sovrasta e confonde quella vera, è arrivata fino ai vertici e questo significa che qualcosa si sta muovendo davvero sul terreno . Trapela dagli scarni comunicati di entrambe le parti che gli scontri, come si andava delineando già da giovedì, avvengono a est, nel Donbass, soprattutto attorno alla città martire di Bakhmut e su almeno quattro direttrici di spinta, e a sud-est, nell’oblast di Zaporizhzhia, da Orikhiv. Le forze ucraine, ha dichiarato il capo del Cremlino, “non sono ancora riuscite ad avanzare in nessun punto del fronte, nonostante abbiano lanciato la loro controffensiva”.

E ciò, ha detto Putin, sarebbe dovuto al “coraggio dei soldati” russi e “all’adeguata organizzazione delle forze armate” di Mosca, che pure lamenta la carenza di “armi moderne” rispetto a quelle ricevute da Kiev da parte dei suoi alleati. “Tutti i tentativi di controffensiva” fatti finora dagli ucraini “sono falliti” e le forze nemiche hanno subito perdite “impressionanti” di uomini, ha aggiunto lo zar, che agli annunci trionfalistici di successi difensivi affianca di nuovo la minaccia atomica: da Sochi, sul Mar Nero, dove ha incontrato il presidente della Bielorussia e fedele alleato Aleksandr Lukashenko, il leader russo ha annunciato che il dispiegamento di armi nucleari tattiche russe in territorio bielorusso comincerà dopo il 7 o l’8 di luglio, quando è prevista la conclusione dei lavori di costruzione delle installazioni necessarie. Una mossa, annunciata da mesi, che evoca un “accerchiamento nucleare” dell’Ucraina da est e da nord. Kiev, che pure continua a dare indicazioni di “duri combattimenti”, sembra voler quasi dare l’idea che le sue truppe siano sulla difensiva, quando, come ha fatto in serata lo stato maggiore, scrive che “gli occupanti russi stanno concentrando i loro sforzi principali sui tentativi di occupare completamente le regioni di Lugansk e Donetsk” e che nel corso della giornata odierna si sono svolti 27 scontri. Solo su Bakhmut da ieri le forze ucraine vantano avanzate, rivendicando un progresso di un chilometro in 24 ore, approfittando dell’avvicendamento ancora non completato fra la Wagner e l’esercito russo.

Ma quello di Bakhmut potrebbe essere un diversivo tattico, e sulle altre manovre la comunicazione delle autorità militari ucraine si affida a figure ambigue come la “difesa attiva” da parte dei russi, esprime concetti volutamente indeterminati e imprecisi per confondere le idee sulle sue mosse reali. Il dirigente filorusso Vladimir Rogov, citato dall’Afp, ha ammesso “combattimenti attivi” nella regione di Zaporizhzhia fra Orekhovo (la denominazione russa di Orikhiv), in mano ucraina a ridosso del fronte, e Tokmak, occupata dai russi. Secondo Aleksandr Sladkov, giornalista russo attivo su Telegram, “le artiglierie” di Russia e Ucraina sono “intensamente attive”. Ancora più evasiva la comunicazione da Kiev: la viceministra alla Difesa ucraina, Hanna Malyar, con studiata vaghezza, dice che “l’epicentro” degli scontri resta l’est, cioè il Donetsk, in Donbass, mentre per quanto riguarda il fronte sud-est, “il nemico conduce azioni difensive” nel settore di Zaporizhzhia. Che si tratti della spinta maggiore o di attacchi per sondare le difese nemiche, appare evidente dalle carte che tanto gli scontri a sud che a est puntino a ricongiungere le linee di avanzata potenziali in profondità nel territorio controllato e pesantemente fortificato dai russi, per tagliare il fronte in due e recidere le vie di comunicazione e di approvvigionamento soprattutto con le forze russe asserragliate a sud, fra le regioni di Zaporizhzia e di Kherson.

Sempre secondo Malyar, il fatto che nelle loro fortificazioni i russi facciano ampio ricorso ai denti di drago, barriere piramidali anticarro, significa che intendono coprirsi la ritirata. Se le forze ucraine nelle prossime settimane riuscissero a piantare un cuneo di questo tipo, per Mosca potrebbe diventare più problematico difendere la Crimea. Secondo il think tank Usa Institute for the Study of War (Isw), interpellato da Afp, i segni che stanno trapelando indicano che le forze armate di Kiev stanno davvero avviando un’azione offensiva coordinata.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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