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Barnier, l’europeista che negoziò la Brexit è il nuovo premier francese

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A 73 anni, Michel Barnier arricchisce il suo lungo curriculum con l’incarico forse più difficile: primo ministro dopo 60 giorni di inutile ricerca da parte di Emmanuel Macron. Per lui, neogollista, conservatore ed europeista, una vera sfida da giocare sul filo della fiducia, della diplomazia, dell’affidabilità. Tutte qualità che ha affinato nella sua lunga carriera – è il premier più anziano della Quinta Repubblica, che sbarca a palazzo Matignon dopo il più giovane, Gabriel Attal – e che ora avrà modo di mettere alla prova. Nato a La Tronche, nelle Alpi francesi, vicino a Grenoble, a due passi dal confine con l’Italia, Barnier si definisce “patriota ed europeo”.

A livello nazionale è stato ministro per la prima volta nel 1993, poi a tre riprese durante le presidenze di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, due capi di stato neogollisti come lui. Fuori dai confini francesi, è’ stato per due volte commissario europeo a Bruxelles e tra il 2016 e il 2021 ha guidato le trattative per la Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, un compito delicatissimo, nel quale ha dimostrato le sue doti di negoziatore su scala continentale, conquistando fiducia e apprezzamento tra molti Stati membri. E’ un fan del negoziato e del compromesso, a Bruxelles fu nominato per la prima volta commissario alla Politica regionale. Tornò in Francia per fare il ministero degli Esteri nel governo di Jean-Pierre Raffarin, poi dell’Agricoltura con Sarkozy. Eletto deputato europeo, fu nuovamente commissario dal 2010 al 2014, stavolta al Mercato interno.

Dopo, il tentativo del grande rientro in Francia dal portone principale, quello che lo avrebbe portato all’Eliseo, ma il suo sogno si infranse nel dicembre 2021, quando non riuscì a qualificarsi per il secondo turno al Congresso dei Républicains e quindi non poté rappresentare la destra alle presidenziali. Fu l’anno in cui i neogollisti rischiarono di scomparire dalla scena, con la clamorosa débacle di Valérie Pécresse. Tenere insieme il “patriota” e “l’europeo” non è tuttavia stato sempre facile. Nel 2017, tentando il rilancio nel partito dei Républicains, lanciò la sua campagna affermando la necessità di “ritrovare la nostra sovranità giuridica”, e addirittura proponendo un referendum per una moratoria sull’immigrazione al fine di “non essere più sottomessi alle sentenze della Corte di giustizia Ue”.

Una proposta che apparteneva più all’estrema destra che al partito neogollista e che fece molto discutere. Oggi, inoltre, nella sua prima invettiva contro la nomina di Barnier, il “tribuno” della gauche radicale, Jean-Luc Mélenchon, ha ricordato il voto “contro la depenalizzazione dell’omosessualità” di Barnier nel 1981, quando l’attuale premier si trovò a votare no all’abolizione delle norme che consideravano l’omosessualità un reato e che erano in vigore nel regime collaborazionista di Vichy. Con lui, Jacques Chirac, François Fillon e molti altri gollisti di quegli anni.

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Trump: la Crimea resterà alla Russia, Zelensky lo sa

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Donald Trump torna a parlare della guerra in Ucraina e lo fa con dichiarazioni destinate a far discutere. In un’intervista rilasciata a Time, il presidente degli Stati Uniti ha affermato che “la Crimea resterà con la Russia”, aggiungendo che anche il presidente ucraino Zelensky ne sarebbe consapevole.

“La Crimea è andata ai russi, fu colpa di Obama”

«La Crimea è stata consegnata alla Russia da Barack Hussein Obama, non da me», ha ribadito Trump, sottolineando come la penisola fosse “con i russi” ben prima del suo arrivo alla Casa Bianca. «Lì ci sono sempre stati i russi, ci sono stati i loro sottomarini per molti anni, la popolazione parla in gran parte russo», ha aggiunto. Secondo l’ex presidente, se lui fosse stato alla guida del Paese, “la Crimea non sarebbe mai stata presa”.

“Questa guerra non doveva accadere”

Trump ha definito il conflitto in Ucraina “la guerra che non sarebbe mai dovuta accadere”, lanciando un messaggio implicito al presidente Joe Biden e alla gestione democratica della politica estera. A suo avviso, con lui alla presidenza, la situazione in Ucraina si sarebbe sviluppata in modo del tutto diverso, senza l’invasione da parte delle truppe russe.

Le dichiarazioni si inseriscono in un contesto internazionale già molto teso, mentre si continua a discutere del futuro della Crimea e dei territori occupati.

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Mosca: generale ucciso in attacco terroristico

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La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha condannato come “un attacco terroristico” l’attentato in cui è morto oggi vicino a Mosca il generale Yaroslav Moskalik, ucciso dall’esplosione di un ordigno posto sulla sua auto. “La questione principale – ha detto Zakharova, citata dall’agenzia Tass – è come fermare la guerra nel cuore dell’Europa e del mondo. Vediamo così tante vittime ogni giorno. Anche oggi, un militare russo è stato ucciso in un attacco terroristico a Mosca”. (

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‘Usa offriranno pacchetto di armi da 100 miliardi a Riad’

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Gli Stati Uniti sono pronti a offrire all’Arabia Saudita un pacchetto di armi del valore di ben oltre 100 miliardi di dollari: lo riferisce la Reuters sul proprio sito citando sei fonti a conoscenza diretta della questione e aggiungendo che la proposta dovrebbe essere annunciata durante la visita di Donald Trump nel regno a maggio. Il pacchetto offerto arriva dopo che l’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden ha tentato senza successo di finalizzare un patto di difesa con Riad nell’ambito di un accordo più ampio che prevedeva la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele.

La proposta di Biden offriva l’accesso ad armamenti statunitensi più avanzati in cambio del blocco degli acquisti di armi cinesi e della limitazione degli investimenti di Pechino nel Paese. La Reuters non è riuscita a stabilire se la proposta dell’amministrazione Trump includa requisiti simili.

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