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Autismo, passi avanti diagnosi ma indietro su bisogni

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Sempre più bimbi con disturbi dello spettro autistico riescono ad avere una diagnosi precoce e ad iniziare presto i trattamenti. Ma sul fronte dei diritti dei pazienti e delle loro famiglie sono ancora troppi i bisogni da colmare e pochi i dati disponibili. A partire dal numero dei casi in Italia, visto che manca un registro nazionale. Tra piccoli passi avanti e annosi problemi che perdurano, la sera del 2 aprile la luce blu illuminerà i principali monumenti per la Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’Autismo. A pesare sono anche le differenze tra le Regioni in termini di assistenza.

Secondo la mappatura dell’Istituto superiore di sanità, a marzo 2023, i centri clinici e socio-sanitari per l’autismo e gli altri disturbi del neurosviluppo censiti in Italia sono oltre 1200, di cui 649 (54%) al Nord, 259 (21%) al Centro e 294 (25%) al Sud e Isole. Relativamente all’utenza, 629 centri offrono prestazioni per l’età evolutiva e 517 per l’età adulta per un totale di 782.929 utenti, di cui 78.242 con diagnosi di autismo. Nell’ultimo anno, ed è questa una buona notizia, l’Istituto ha siglato accordi con le Regioni nell’ambito del Fondo Autismo per oltre 20 milioni di euro per implementare percorsi differenziati per la formulazione di piani individualizzati.

I Disturbi dello Spettro Autistico sono un insieme di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale, interessi o attività ristretti e ripetitivi. In Italia, secondo dati dell’Iss, un bambino su 77 presenta questo problema e i maschi sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. “Diverse ricerche – denuncia l’Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo (Angsa) – indicano che la quota della popolazione nello spettro autistico è intorno all’1% e riguarda 300mila persone in Italia” ma “non esiste un registro dei casi di disturbi dello spettro autistico. Piemonte ed Emilia Romagna sono le uniche due regioni che dispongono di dati epidemiologici completi. Nel resto del paese gli unici dati certi riguardano i minori iscritti a scuola che sono circa 50 mila”.

In Italia, abbiamo un’ottima legge ma “resta su carta, mentre siamo drammaticamente indietro per i bisogni reali” e “spesso le politiche per l’autismo sono frammentate tra i vari soggetti pubblici producendo dispersione, inefficienza e sprechi nell’utilizzo delle risorse”. Di contro passi avanti ci sono nella diagnosi precoce, già entro i 2-3 anni di età. Questo, spiega Elisa Fazzi, presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia), “è un obiettivo raggiunto o ben avviato nella maggior parte delle regioni”. Ma, aggiunge, “non altrettanto avviene per gli interventi terapeutici, sebbene anche in questo ambito grandi passi avanti siano stati realizzati”.

Certamente uno dei nodi resta quello che accade dopo la maggiore età, ovvero l’accompagnamento nella vita adulta. Quasi sempre, infatti, i famigliari sono caregiver obbligati, a causa della carenza di alternative, a tenere in famiglia figli con elevato grado di complessità. “Il progetto di vita – ha detto il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli – è alla base del percorso che ogni persona deve seguire per avere una vita dignitosa”. Intanto in Italia, come in tantissime altri paesi, domenica 2 aprile, per la giornata istituita dalle Nazioni Unite nel 2007, molti monumenti saranno illuminati di luce blu, e tra questi anche anche palazzo Montecitorio e il ministero dell’Istruzione e del Merito. Su indicazione del ministro Giuseppe Valditara, nelle scuole italiane la Giornata sarà un momento per riflettere su come migliorare la vita scolastica per alunni con disturbi dello spettro autistico. Mentre in occasione della giornata la Fondazione Cervelli Ribelli del giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti, papà di un ragazzo con autismo, ospita a Roma 15 “Cyber Rebels” da tutta Italia: giovani con autismo e un particolare interesse all’uso di strumenti informatici per comunicare, studiare, giocare o lavorare.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Esteri

Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Esteri

Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: 14 morti e oltre 700 feriti

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Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

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