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Cronache

Appalti truccati a Sorrento, 16 arresti: tra tangenti, fondi Pnrr e un “sensitivo” al centro del sistema

Appalti truccati a Sorrento: arrestati l’ex sindaco Coppola e “Lello il sensitivo”. Inchiesta su 35 milioni di euro e mazzette per ottenere lavori pubblici.

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Minacciava il suicidio per le continue richieste di tangenti, poi ha trovato il coraggio di denunciare e collaborare con gli inquirenti. Così è stato svelato il cosiddetto “sistema Sorrento”, una rete di corruzione e appalti pilotati che coinvolge funzionari pubblici, imprenditori e persino un personaggio noto come “Lello il sensitivo”.

L’indagine, condotta dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata e Massa Lubrense su delega della Procura di Torre Annunziata, è durata tre anni. Ieri mattina i finanzieri, coordinati dal colonnello Gennaro Pino e dal capitano Francesco Tartaglione, hanno eseguito 16 ordinanze di custodia cautelare (11 in carcere e 5 ai domiciliari) firmate dal gip Mariaconcetta Criscuolo, su richiesta del procuratore Nunzio Fragliasso e del sostituto Giuliano Schioppi.

Mazzette, appalti e soldi pubblici: ecco i reati contestati

I reati contestati sono, a vario titolo, corruzione, peculato e turbativa d’asta. Coinvolti due funzionari del Comune di Sorrento, sette imprenditori e l’ex sindaco Massimo Coppola, già arrestato in flagranza lo scorso 21 maggio con Francesco Di Maio, dopo aver intascato una tangente da 6mila euro.

In carcere anche Raffaele Guida, alias “Lello il sensitivo”, ritenuto il “cassiere” delle mazzette. A casa sua sono stati trovati 167mila euro in contanti, parte dei quali nascosti dentro un tavolo da biliardo. Si sarebbe presentato come “vicesindaco” sulla base di una “autoinvestitura astrale”, esercitando potere politico-amministrativo attraverso una rete personale di influenza.

Il bancomat degli appalti e i fondi Pnrr

L’inchiesta ha passato al setaccio 36 appalti per un valore totale di 35 milioni di euro, di cui 15 milioni di fondi FESR e 4,5 milioni da PNRR. Tra gli interventi analizzati: teatro Tasso, restyling urbano, illuminazione pubblica, eventi e manutenzioni varie.

Particolarmente grave la gestione dell’associazione La Fenice, descritta come “bancomat personale del sindaco”. Massimo Coppola, secondo l’accusa, utilizzava una carta collegata a quel conto per spese private: 34mila euro in viaggi, beni di lusso e vacanze, anche in compagnia della famiglia Guida.

Chi sono gli arrestati

Oltre a Coppola e Guida, sono stati arrestati:

  • Vincenzo Sorrentino, ex consigliere comunale e commercialista

  • Gennaro Esposito, tecnico

  • Danilo Amitrano, rappresentante dell’associazione La Fenice

  • Filippo Di Martino, capo dell’Ufficio Tecnico del Comune

  • Luigi Desiderio, funzionario comunale

  • Vincenzo Rescigno, progettista

E sette imprenditori:
Mario Parlato, i due Aniello Vanacore, Luigi Todisco, Raffaele Guarino, Alessandro Di Domenico, Michele Zambelli e Luigi Di Palo.

Secondo la DDA, tutti avrebbero pagato tangenti tra il 6% e il 10% per ottenere appalti. Durante le perquisizioni sono stati sequestrati quasi 50mila euro in contanti. Gli indagati saranno sentiti nei prossimi giorni per gli interrogatori di garanzia e potranno fornire le proprie versioni dei fatti.

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Ragazzo pestato durante la movida, altri tre indagati

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Napoli, violenta lite a Chiaia per una fila: giovane aggredito con il calcio di una pistola. Esplosi colpi tra la folla. Tre nuove misure cautelari. Una banale discussione per una fila non rispettata si è trasformata in un episodio di violenza inaudita nel cuore della movida partenopea. È successo la notte del 1° febbraio 2025 nel quartiere Chiaia, all’interno e poi all’esterno di un noto locale notturno, dove un giovane è stato brutalmente aggredito. La causa scatenante: un alterco per l’accesso ai servizi igienici.

Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo di Napoli Bagnoli, la vittima sarebbe stata colpita prima con il calcio di una pistola e poi ripetutamente presa a calci e pugni. La situazione è degenerata ulteriormente quando, all’esterno del locale, uno degli aggressori avrebbe esploso diversi colpi d’arma da fuoco in strada, in mezzo a una folla di giovani, al solo scopo di intimidire.

A seguito degli accertamenti, supportati dalle immagini di videosorveglianza e dalle testimonianze raccolte, i Carabinieri hanno dato esecuzione a un provvedimento emesso dalla 10ª Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Il provvedimento riguarda tre ulteriori indagati – di età compresa tra i 20 e i 31 anni – ritenuti gravemente indiziati di concorso in lesioni personali aggravate.

Per uno di loro è stata disposta la custodia cautelare in carcere (l’indagato è già detenuto per altra causa), mentre per gli altri due sono scattati gli arresti domiciliari. Il provvedimento rappresenta un’integrazione rispetto a un’ordinanza emessa il 2 aprile 2025 dal GIP del Tribunale di Napoli, che aveva inizialmente disposto misure cautelari solo nei confronti di tre dei sei soggetti coinvolti, ritenuti responsabili – tra le varie imputazioni – anche di minaccia, intimidazione pubblica con uso di armi e reati aggravati da metodo mafioso.

Il Riesame, accogliendo l’impugnazione del Pubblico Ministero, ha ritenuto fondata la ricostruzione secondo cui tutti e sei gli indagati abbiano partecipato attivamente all’aggressione, rendendo necessario un intervento più ampio sul piano cautelare.

Si precisa che le misure eseguite sono provvedimenti cautelari emessi in fase di indagini preliminari. I destinatari restano, a norma di legge, persone sottoposte alle indagini e pertanto presunte innocenti fino a eventuale condanna definitiva.

L’episodio riaccende i riflettori sul tema della sicurezza nei luoghi della movida cittadina e sulla pericolosa escalation della violenza legata a comportamenti di tipo mafioso, anche per motivi apparentemente futili.

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Maradona senza pista e con terzo anello: Manfredi mostra alla Uefa il masterplan per Euro 2032

Il Comune presenta alla Uefa il progetto di riqualificazione del Maradona: via la pista di atletica, spalti ravvicinati e impianto attivo 7 giorni su 7. Manfredi sarà subcommissario.

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Tra otto giorni gli inviati della Uefa arriveranno a Palazzo San Giacomo per incontrare il sindaco Gaetano Manfredi, proprietario dello stadio Maradona e punto di riferimento per la candidatura di Napoli tra le città italiane ospitanti di Euro 2032, il torneo che l’Italia organizzerà con la Turchia. Invitato anche il presidente della SSC Napoli Aurelio De Laurentiis, che al momento però non sembra intenzionato a investire nell’impianto di Fuorigrotta.

Il progetto del Comune: restyling con terzo anello e niente pista

Durante il vertice, Manfredi consegnerà alla Uefa il masterplan redatto dal Comune per il Maradona, intitolato: «Riqualificazione dello stadio Maradona e riapertura del terzo anello». Un progetto dettagliato per rendere l’impianto conforme agli standard Uefa, attraverso una modernizzazione radicale e funzionale.

Il Comune ha pensato a uno stadio senza pista di atletica, con spalti ravvicinati al campo per migliorare la visione e aumentare la pressione “calda” del pubblico. Una soluzione storicamente auspicata da De Laurentiis, che da anni chiede un impianto interamente dedicato al calcio. Il nuovo Maradona sarebbe organizzato su una singola gradinata senza soluzione di continuità, ispirata al modello Maracanã, e dotato di strutture interne polifunzionali come spazi food, intrattenimento e un museo del Napoli.

Arriva il commissario per velocizzare tutto

La riqualificazione sarà sostenuta dalla struttura commissariale nazionale prevista dal Governo, che prevede l’assegnazione a Manfredi del ruolo di subcommissario per l’impianto partenopeo. Il nuovo assetto garantirà procedure accelerate e semplificate, bypassando ostacoli burocratici che spesso rallentano i cantieri sportivi italiani. La misura è stata fortemente voluta dal ministro dello Sport Andrea Abodi, ed è stata inserita nel Decreto Sport, insieme alle norme speciali per la Coppa America a Bagnoli.

Agevolazioni per gli investitori privati

Il Governo ha spiegato al sindaco fin dove potrà spingersi in termini di supporti amministrativi e finanziari. Non si parlerà di fondi a fondo perduto, ma di un mix di strumenti incentivanti: piccole quote di investimento, garanzie, contributi in conto interessi, credito sportivo e culturale. Inoltre, Napoli rientra già in una Zona economica speciale, con una fiscalità agevolata per i privati che decidono di investire sul territorio.

Il silenzio di De Laurentiis

Nonostante il masterplan rifletta in pieno molte delle richieste storiche del patron azzurro, De Laurentiis non ha ancora manifestato alcuna disponibilità a partecipare alla riqualificazione del Maradona. Il rischio concreto è che il presidente del Napoli resti concentrato sul progetto alternativo del nuovo stadio a Caramanico, presentato alla Zes. Tuttavia, la partita è ancora aperta: l’incontro del 25 luglio con la Uefa potrebbe rappresentare un momento decisivo per il futuro del calcio a Napoli.

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Il “bancomat” dei Casalesi: truffe con slot truccate e scommesse illegali, 8 arresti

Indagine “Doppio gioco”: il clan dei Casalesi guadagnava milioni con slot e scommesse illegali. Arrestati anche Ivanhoe Schiavone e la moglie del cassiere, percettrice del Reddito.

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Un retrobottega, fumo di sigaretta e una slot machine scollegata dai sistemi dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: nessuna possibilità di vincita per il giocatore, ignaro di star alimentando la cassa di un clan. Così funzionava il bancomat criminale messo in piedi dai Casalesi, al centro di un’inchiesta che ha portato a otto arresti, sei in carcere, due ai domiciliari, e un divieto di dimora.

Il sistema criminale: slot truccate e 14 siti di scommesse pirata

A orchestrare il sistema è stato Raffaele Letizia, il “cassiere” della fazione Russo-Schiavone, tornato operativo dopo la scarcerazione. Con lui anche il cognato Pasquale Di Bona e altri sette indagati. Il business, secondo le stime, generava oltre 5 milioni di euro l’anno di guadagni non dichiarati, tra slot non collegate e scommesse clandestine su 14 siti web pirata, con la complicità di tre agenzie di gioco “compiacenti” tra Aversa, Castel Volturno e San Cipriano.

L’indagine della Guardia di Finanza di Napoli, diretta dal colonnello Paolo Consiglio e coordinata dalla Procura di Napoli guidata da Nicola Gratteri, ha fatto emergere un meccanismo perverso: ai gestori delle agenzie andava una percentuale del 2% sulle giocate illegali. Il resto, tolte le (rare) vincite, finiva direttamente nelle casse del clan.

Il trucco: le puntate alte dirottate sui circuiti legali

Uno stratagemma confermato da intercettazioni ambientali: Letizia, parlando col figlio, spiegava che le puntate più alte dovevano essere dirottate su Snai, canale legale, così da “liquidare” il giocatore e minimizzare il rischio d’impresa per il clan. Un doppio binario tra illegalità e copertura legale.

Ivanhoe Schiavone tra gli arrestati: minacce per i terreni del boss

L’altro filone dell’inchiesta riguarda la riappropriazione violenta di terreni del valore di circa 500mila euro nella zona dell’aeroporto di Grazzanise. Tra gli arrestati anche Ivanhoe Schiavone, figlio del capoclan Francesco detto “Sandokan”. Il giovane avrebbe minacciato via social e di persona l’affittuario di uno dei due terreni per costringerlo a lasciare il fondo senza opporsi alla vendita, poiché “già venduto” a terzi. I suoli erano riconducibili a Sandokan, ma il clan voleva tornare in possesso diretto.

Il paradosso del Reddito di cittadinanza

L’inchiesta, denominata “Doppio gioco”, ha infine svelato una contraddizione lampante: la moglie di Letizia, nonostante fosse percettrice del Reddito di cittadinanza, risultava cliente fissa da anni di un noto salone di bellezza di Ostia Lido, frequentato da celebrità e con tariffe altissime. La donna si sarebbe anche sottoposta a chirurgia estetica in una clinica dei Parioli, alimentando i sospetti della Finanza sulla sproporzione tra il reddito dichiarato e il tenore di vita familiare.

Un’indagine che ancora una volta mette in luce la capacità dei clan camorristici di evolversi, sfruttando tecnologia e reti digitali per alimentare i propri affari, mentre usano la fragilità economica delle persone per mimetizzarsi dietro il paravento del disagio.

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