Il potere d’acquisto degli stipendi italiani è inferiore del 26,5% rispetto a quelli tedeschi. Colpa della produttività del lavoro, ferma in Italia da trent’anni, mentre altrove è cresciuta. Ma lo scarso potere d’acquisto non fa decollare i consumi. Così, la stima di crescita per il 2025 si ferma a un +0,8% di Pil. Ma ci sono pure segnali positivi nell’economia italiana, su inflazione, occupazione e redditi reali. Anche la marcia indietro di Trump sui dazi, e il prossimo taglio dei tassi di interesse da parte della Bce, sono segnali positivi per il futuro. E’ uno scenario con luci e ombre quello che disegna il Centro studi di Confcommercio, nella prima giornata del Forum annuale dell’associazione, organizzato insieme a Teha-Ambrosetti a Villa Miani a Roma. Tenendo conto del costo della vita, il potere d’acquisto degli stipendi italiani resta del 26,5% inferiore rispetto a quello tedesco e del 12,2% di quello francese.
Anche tenendo presente i contributi sociali, che in Italia sono più alti che in Germania e in Francia, lo scarto resta significativo: rispettivamente 16,5% e 11%. Il divario tra l’Italia e gli altri paesi europei, secondo Confcommercio si spiega in larga parte con le differenze nella produttività del lavoro. In Germania nel 1995 il rapporto fra valore aggiunto e occupati era pari a 71,2: nel 2024 era salito a 84,6. In Francia nello stesso periodo si è passati da 70,4 a 85,3. In Italia nel 1995 eravamo a 72,8, l’anno scorso eravamo ancora a 74,0.
“Stimiamo per il 2025 una crescita del Pil allo 0,8% e dei consumi sul territorio dell’1,2%, e analoghe variazioni per l’anno prossimo -, ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, abbassando la stima precedente di +0,9% -. Siamo di fronte ad uno scenario dominato da profondi e repentini cambiamenti, la direzione dei quali non è prevedibile”. Confcommercio ritiene che “l’attuale debolezza della domanda interna è un problema per la crescita della nostra economia. I consumi, anche alla fine del prossimo anno, non saranno tornati ai livelli del 2007, cioè di venti anni prima. Quindi, bisogna rimettere al centro dell’agenda di Governo la riduzione delle imposte per il ceto produttivo”.
Sangalli però vede anche elementi positivi in Italia: “Inflazione sotto controllo, occupazione ai massimi e redditi reali in aumento, grazie anche ai rinnovi contrattuali”. E poi “la conferma che il turismo e i servizi di mercato, pure tra mille difficoltà, sono il motore della crescita del nostro Paese”.
Per Sangalli “con l’auspicato nuovo taglio dei tassi d’interesse da parte della Bce, si rafforzerebbero queste luci”. Sui dazi di Trump, Confcommercio esprime un cauto ottimismo: “La parziale marcia indietro dell’amministrazione americana è una buona notizia – ha detto Sangalli -: implica che abbiamo una controparte che ascolta imprese e mercati”. Tuttavia “nella prima parte dell’anno l’economia europea ha risentito” delle incertezze legate ai dazi e “rimangono barriere tariffarie più elevate che in passato”. Per Sangalli “la loro rimozione richiede paziente, determinato e faticoso lavoro di negoziazione multilaterale, per ricucire e ripristinare”. Il presidente di Confcommercio giudica “non ancora sufficienti” le misure del governo sull’energia. Servono “un nuovo impulso all’efficienza energetica, all’incremento della produzione rinnovabile e, certamente, anche al nucleare sostenibile”.