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Cronache

Allarme del Viminale, le mani della mafia sui vaccini

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I clan mafiosi sfruttano l’emergenza Covid. Le indagini rivelano che stanno gia’ tentando di accedere alle misure di sostegno all’economia e di infiltrarsi nei servizi di sanificazione per le strutture turistiche e commerciali. Il pericolo e’ che ora cerchino di mettere le mani sui vaccini e sulle future risorse che saranno garantite nell’ambito del Recovery Fund. A lanciare l’allarme e’ il quarto report dell’Organismo di monitoraggio istituito dal capo della Polizia e presieduto dal vicecapo Vittorio Rizzi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte delle mafie. Preoccupa l’aumento durante la pandemia di oltre l’8% delle operazioni sospette segnalate all’Unita’ di informazione finanziaria di Bankitalia (ben 67.382, di cui 1583 probabilmente legate direttamente all’emergenza sanitaria), riferibili soprattutto ad attivita’ di riciclaggio (+9%). Ma inquieta anche il pericolo, gia’ concreto, di una strumentalizzazione della stanchezza dei cittadini per le limitazioni legate alla pandemia e per la crisi economica, da parte di alcuni movimenti della destra, delle tifoserie, di gruppi antagonisti e della stessa criminalita’ organizzata, pronta a sfruttare il disagio sociale. Faro dunque puntato sulla diffusione dei vaccini che, segnala il rapporto, potrebbe interessare i gruppi criminali per “l’elevata domanda” e per “la fisiologica bassa offerta iniziale”. Ma non e’ il solo terreno su cui bisogna tenere gli occhi aperti. Rischi di infiltrazione ci sono non solo nei settori economici piu’ colpiti dalla crisi (commercio al dettaglio, turismo, trasporti, attivita’ di intrattenimento) con la mafia pronta a rilevare imprese e attivita’ in sofferenza, ma anche in quelli resi maggiormente attrattivi dal protrarsi della pandemia, legati alla richiesta di presidi medico-sanitari, all’utilizzo dell’e-commerce, alla vendita al dettaglio di prodotti alimentari, ai servizi di pulizia e funebri. Da non sottovalutare nemmeno il pericolo del cosiddetto “welfare criminale”, con la criminalita’ organizzata pronta ad offrire il suo sostegno interessato a soggetti privati e operatori in difficolta’ economica. E a confermare come il Covid possa rivelarsi per alcuni un grande affare sono anche i dati sulle frodi nelle forniture di mascherine a grandi e medie imprese, pari quasi a 25 milioni di euro in pochi mesi. Gli interessi attorno ai vaccini sono dimostrati anche dagli attacchi informatici subiti dal sistema sanitario e della ricerca per carpire “informazioni riservate”. Mentre alcune delle piu’ rilevanti strutture sanitarie impegnate nel trattamento dei pazienti Covid sono state oggetto di campagne di “cyberestorsione”. Un fenomeno che si inquadra nel boom di attacchi informatici alle Infrastrutture critiche di rilevanza nazionale, con un incremento nei primi dieci mesi del 2020 del 353% e l’aumento del 104% delle persone denunciate. Non e’ un caso che mentre dal primo marzo al 31 ottobre del 2020 i reati nel loro complesso son diminuiti del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (sono stati 1.159.258 a fronte dei 1.546.740 del 2019), quelli informatici hanno fatto un balzo in avanti di quasi il 35%. Il web preoccupa anche per i reati che coinvolgono i minori non solo come vittime. Tra i fenomeni piu’ recenti quello delle baby gang virtuali che organizzano pestaggi sui social e poi diffondono il video e i fight club, cioe’ l’uso delle app per promuovere dei veri e propri combattimenti per strada. Risse a cui partecipano decine di ragazzi con tanto di spettatori.

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Cronache

Carmela Quaranta, strangolata in casa la sera di Pasqua: indagato il compagno per omicidio volontario

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È stata un’amica preoccupata, che non riusciva a contattarla da ore, a dare l’allarme: Carmela Quaranta, 42 anni, operatrice sanitaria e madre di due figlie, è stata trovata senza vita sul pavimento della sua camera da letto, la sera di Pasqua, nella sua abitazione di via Trieste a Mercato San Severino, piccolo centro in provincia di Salerno.

I primi sospetti e il cambio di accusa

Inizialmente si era ipotizzato un malore o un’overdose, ipotesi che aveva portato a una prima contestazione al compagno, un uomo di 56 anni, per morte come conseguenza di altro reato. Ma un esame più attento del medico legale ha svelato segni di strangolamento sul collo della vittima, e questo ha portato alla modifica dell’imputazione: ora l’uomo è indagato per omicidio volontario, furto (il cellulare di Carmela è scomparso) e detenzione di stupefacenti (sono stati trovati alcuni grammi di droga in casa).

Le indagini e i sospetti

L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Nocera Inferiore. I carabinieri del Ris stanno passando al setaccio l’abitazione, palmo a palmo, per raccogliere tracce, impronte, elementi biologici e ogni dettaglio utile a chiarire cosa sia accaduto nelle ultime ore di vita di Carmela. Una seconda ispezione tecnica dell’abitazione è prevista per domani.

Il cerchio degli investigatori si è stretto attorno alle persone più vicine alla donna: l’ex marito e il compagno, con cui aveva una relazione da circa un anno, sono stati entrambi interrogati. Le risposte fornite e le discrepanze negli alibihanno portato gli inquirenti ad approfondire in particolare la posizione del 56enne.

Il profilo della vittima

Carmela viene descritta da amici e conoscenti come una donna solare, legatissima alle sue figlie, piena di energia e voglia di vivere. Lavorava in più ambiti, collaborava con un’azienda del settore nutrizionale, la stessa in cui operava anche il compagno indagato.

All’inizio la relazione sembrava felice: nel giugno 2024 Carmela aveva pubblicato una foto con lui sui social. Ma col passare dei mesi, i rapporti si erano incrinati. In particolare, un post pubblicato da lui a febbraio — una frase volgare accompagnata da un teschio e tibie incrociate — oggi assume una luce inquietante.

La ricerca della verità

Carmela si era trasferita da poco a Mercato San Severino, dopo aver vissuto a lungo a Nocera Inferiore. Domani, nella sua casa, torneranno ancora una volta i carabinieri del Ris di Roma. Gli investigatori lavorano per ricostruire le ultime ore di Carmela, cercando riscontri oggettivi che possano dare una svolta al caso. Il mistero della mamma trovata senza vita nel giorno di Pasqua attende ancora risposte.

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Misterbianco, madre lancia la figlia dal terrazzo: arrestata per omicidio aggravato

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Una tragedia sconvolgente ha colpito la comunità di Misterbianco, nell’hinterland di Catania. Anna (nome di fantasia), 40 anni, ha lanciato nel vuoto la figlia di appena sette mesi, Maria Rosa, dal terzo piano della palazzina in cui viveva con la famiglia. La bimba è morta sul colpo, sotto gli occhi disperati del padre, che ha tentato il suicidio subito dopo aver visto la scena.

Una madre fragile, ma mai violenta

Secondo i familiari, Anna era affetta da una profonda depressione post-parto. Dopo la nascita di Maria Rosa, non era mai riuscita ad accettarla, a differenza del primogenito di 7 anni, verso cui nutriva un legame totalizzante. Eppure, nonostante l’evidente disagio psicologico, non era mai stata violenta con la piccola.

Una tragedia inaspettata

Al momento del gesto, in casa erano presenti il marito, la suocera e il figlio maggiore. Nessuno, raccontano, si aspettava una simile esplosione di follia. «A volte era nervosa, ma mai avremmo immaginato che potesse fare una cosa simile», ha dichiarato una cugina. Anche il sindaco di Misterbianco, Marco Corsaro, ha espresso sgomento: «Siamo senza parole. Il compagno è una persona perbene, le è sempre stato accanto».

Il tentativo di suicidio del padre e l’arresto della donna

Dopo aver assistito alla caduta della figlia, l’uomo si è lanciato dalla stessa terrazza nel tentativo di togliersi la vita. Trasportato in ospedale in stato di choc, è ora ricoverato ma fuori pericolo. La donna è stata arrestata dai carabinieridella Tenenza di Misterbianco con l’accusa di omicidio aggravato.

Le fragilità psichiche e il vuoto della prevenzione

Anna era sotto amministrazione di sostegno, decisione presa dal Tribunale di Catania, ed era seguita dai servizi di salute mentale dell’Asp etnea. In passato era stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Tre mesi fa aveva partecipato a un’udienza davanti al giudice, accompagnata da un legale amico di famiglia. Aveva risposto “in modo impeccabile”, riuscendo a nascondere lo stato di alterazione, tanto che nessun provvedimento fu adottato.

Il padre della donna, un medico molto noto che vive fuori dalla Sicilia, era stato nominato come amministratore di sostegno. Tuttavia, nessuno tra i familiari aveva percepito segnali chiari del crollo psichico in corso. Per precauzione, la suocera si era trasferita in casa per stare vicino alla nuora e ai nipotini.

Una comunità sotto choc

La morte della piccola Maria Rosa ha lasciato sgomenta un’intera comunità. Le indagini proseguono per ricostruire ogni dettaglio e chiarire le responsabilità della rete di supporto. In attesa dell’esito degli esami e delle valutazioni psichiatriche, resta il dolore immenso per una vita spezzata e il peso di domande a cui, forse, sarà difficile dare risposte.

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Oppido Mamertina, denuncia gli stupri subiti da minorenne: la zia la frusta per mesi. Arrestata

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Ha trovato il coraggio di denunciare le violenze sessuali di gruppo subite quando era ancora minorenne, indicando i suoi aggressori: giovani legati alle cosche di Seminara, in provincia di Reggio Calabria. Ma la scelta di rompere il silenzio ha scatenato contro di lei la rabbia della sua stessa famiglia.

Una giovane di Oppido Mamertina, oggi maggiorenne, è stata punita con frustate per mesi dalla zia 78enne, ora agli arresti domiciliari su disposizione del gip del Tribunale di Palmi. La donna l’ha segregata in una stanza, tappandole la bocca con un foulard per impedirle di urlare, e l’ha colpita con una corda, come forma di “punizione” per aver denunciato.

La denuncia “inimica” la ’ndrangheta

Dalle intercettazioni ambientali emerge che la zia avrebbe voluto punirla perché la sua testimonianza aveva compromesso i rapporti con le famiglie di ’ndrangheta del territorio. La Procura aveva chiesto anche l’arresto del cugino 47enne, figlio dell’anziana, ma il giudice ha disposto solo il divieto di avvicinamento.

Sei condanne e un nuovo processo

La ragazza è una delle due minorenni abusate dal branco. A marzo scorso, sei dei responsabili sono stati condannati a pene comprese tra 5 e 13 anni. Un secondo processo per altri imputati, all’epoca minorenni, inizierà il 15 maggio davanti al Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria.

I tentativi di zittirla: psichiatra compiacente e istigazione al suicidio

Dopo la denuncia, la famiglia ha fatto di tutto per farla ritrattare. Avevano persino fissato un incontro con uno psichiatra per farla dichiarare incapace. Due suoi fratelli, oggi in carcere, l’avevano addirittura spinta, insieme alla madre che la difendeva, a buttarsi dalla finestra per “lavare la vergogna” inflitta alla famiglia.

La verità emersa dalle intercettazioni

Le indagini sono partite per caso, grazie a intercettazioni telefoniche legate ad altri reati commessi dagli stessi aggressori. La prima vittima identificata aveva denunciato, dando forza e ispirazione anche alla seconda ragazza, che oggi lotta non solo contro i suoi aggressori, ma anche contro chi avrebbe dovuto proteggerla.

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