Una malattia ereditaria ultra-rara, che colpisce circa un neonato su 500.000 con una diagnosi che risulta particolarmente complessa: l’Alfa Mannosidosi è stata al centro dell’evento che si è svolto oggi a Roma dal titolo “Alfa Mannosidosi – road to the first national day”, organizzato da Motore Sanità con il patrocinio di Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare, dell’Università degli studi di Padova, dell’Università degli studi di Firenze e dell’Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini. Presenti le Istituzioni, le Associazioni di pazienti e i maggiori esperti in campo.
“Il deficit di Alfa Mannosidosi”, spiega Carlo Dionisi Vici, Responsabile, UOC Malattie Metaboliche, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù IRCCS, Roma, “è una rara malattia metabolica e appartiene alla categoria delle malattie da accumulo lisosomiale. Dal punto di vista clinico, i sintomi sono molteplici e si evolvono con il crescere dell’età dei pazienti: caratteristico è il coinvolgimento neurologico, con progressiva disabilità intellettiva, associato ad anomalie scheletriche, macrocefalia, tratti grossolani del volto, deficit uditivo, e ridotta funzione immunitaria. Agevolare la diagnosi precoce di questa malattia è di fondamentale importanza, in quanto permette di iniziare tempestivamente la terapia e migliorare in modo sensibile la prognosi”.
Come accade per quel che riguarda tutte le malattie rare, la programmazione sanitaria per affrontarle è difficile e richiede molto impegno.
“Le malattie rare, e in particolare quelle ultra-rare come l’Alfa-Mannosidosi”, commenta Maria Letizia Urban, Dipartimento di medicina sperimentale clinica Università degli studi di Firenze, “richiedono uno sforzo organizzativo e di programmazione sanitaria in quanto necessitano di percorsi specifici e di un team multidisciplinare dedicato. Nelle malattie da accumulo lisosomiale, di cui fa parte l’Alfa Mannosidosi, la diagnosi precoce e la disponibilità di terapia enzimatica sostitutiva hanno migliorato la prognosi dei pazienti, che oggi raggiungono l’età adulta e necessitano quindi di un follow-up a lungo termine al pari delle altre malattie croniche. Per far fronte a queste nuove sfide nell’ambito delle malattie rare”, aggiunge la Urban, “è stato istituito a Firenze un processo di transizione, tra i primi in Italia, di pazienti affetti da malattie metaboliche ereditarie,tra cui l’Alfa Mannosidosi”.
Il percorso è nato grazie ad un progetto finanziato dalla Regione Toscana,l’Associazione Malattie Metaboliche Congenite (AMMEC) ONLUS, l’AOU Careggi e il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, in collaborazione con la SOC Malattie Metaboliche e Muscolari Ereditarie dell’AOU Meyer, IRCCS. Da dicembre 2021 è attivo infatti un percorso,presso la SOD Medicina Interna Interdisciplinare diretta dal Prof Domenico Prisco, dedicato alla transizione dei pazienti adulti affetti da queste patologie dall’AOU Meyer all’AOU Careggi di Firenze.Una medicina metabolica dell’adulto è il presupposto per una presa in carico multidisciplinare di pazienti diagnosticati in età pediatrica e che necessitano di terapia cronica, quale ad esempio la terapia enzimati casostitutiva, ed un appropriato follow-up. Inoltre, una medicina metabolica dell’adulto è anche importante presupposto per la diagnosi in pazienti adulti misdiagnosticati o affetti da patologia late-onset. Delle necessità di una diagnosi precoce, e di percorsi e personale sanitario dedicato a queste patologie rare ed ultra-rare, si è discusso oggi al convegno ‘Alfa-mannosidosi – road to the first national day’, promosso da MotoreSanità”.
“Le Malattie Rare”, sottolinea Antonella Guida, Direttore del Distretto e Presidente della Fondazione Global Health, “rappresentano una nuova sfida per la sanità territoriale: la sua riorganizzazione, il suo potenziamento, la sua nuova vocazione di prossimità e di domiciliarità saranno le leve per migliorare l’accesso e l’equità delle cure ai pazienti malati rari. Favorire i setting territoriali per liberare risorse ospedaliere sarà un positivo ‘effetto collaterale’ nell’applicazione del nuovo DM 77/22”.
Naturalmente la distribuzione capillare sui territori dei centri in grado di assistere i pazienti colpiti da malattie rare è fondamentale.
“I Centri di coordinamento regionali”, evidenzia Monica Mazzucato, Coordinamento malattie rare della Regione Veneto, “sono stati individuati dalle Regioni e Province Autonome con compiti di supporto alla programmazione regionale relativamente ad aspetti fondamentali quali l’identificazione ed il monitoraggio dei Centri di riferimento e tra questi dei Centri di eccellenza ERN, la definizione dei percorsi assistenziali, l’accesso ai trattamenti disponibili, anche innovativi, e la gestione dei registri malattie rare. Queste azioni sono rivolte alle persone con malattie rare ed ultra-rare, come è il caso dell’Alfa Mannosidosi, malattia che necessita di particolari competenze diagnostiche e terapeutiche e di dati real-world per aumentare le conoscenze sulla storia naturale e sull’impatto clinico di trattamenti disponibili. La complessità che caratterizza questa patologia”, prosegue la Mazzuccato, “e le malattie rare in genere, si riflette nell’organizzazione delle reti di assistenza dedicate, che si articolano non solo a livello ospedaliero, comprendendo la dimensione regionale/interregionale, nazionale ed europea, ma che devono includere sempre più i servizi vicini al luogo di vita del paziente per una presa in carico realmente rispondente ai bisogni dei pazienti e alle necessità delle famiglie”.
“Per quanto riguarda l’Alfa Mannosidosi e le nuove frontiere di cura che si stanno prospettando per questa rara malattia”, chiosa Giorgio Perilongo, Professore Ordinario Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova, “la metodologia usata che ha portato la ricerca di laboratorio su questa patologia a rendere reali e concreti appunto nuovi orizzonti terapeutici, rappresenta un modello di come individuare tra le migliaia di malattie rare quelle che incominciano ad avere un patrimonio di conoscenze precliniche e cliniche tali da convincere e coinvolgere anche le Big Pharma ad investire per generare, basandosi su tali dati scientifici, il consolidato processo di ricerca e innovazione (research and innovation) che porta alla commercializzare di nuovi farmaci diretti alle malattie rare”.