La storia del cooperante veneziano detenuto senza accuse in Sud America. La madre Armanda: “Se fosse suo figlio, cosa farebbe?” Sullo sfondo di un’agenda politica nazionale sempre più affollata, sul tavolo della premier Giorgia Meloni dovrebbe trovarsi anche una cartellina dal titolo semplice: Alberto Trentini. All’interno, le lettere accorate della madre, Armanda Colusso Trentini, e la storia drammatica del figlio: un cooperante veneziano, da oltre 140 giorni prigioniero senza accuse ufficiali in una cella in Venezuela.
La madre ha scritto alla Presidente del Consiglio: chiede attenzione, chiede aiuto, chiede che almeno venga pronunciato il nome di Alberto in pubblico. Un gesto semplice ma fortemente simbolico per non far sentire dimenticato un cittadino italiano che ha sempre operato nel mondo per aiutare i più fragili, e che oggi è trattenuto in silenzio da un governo straniero senza un’accusa, senza diritti, senza nemmeno un contatto consolare.
Un sequestro di Stato
Alberto Trentini, 46 anni ad agosto, si trovava in Venezuela per conto della ONG francese Humanity and Inclusion, premio Nobel per la Pace nel 1997. Venerdì 15 novembre 2023, il suo ultimo messaggio ai genitori: “Saluti da aeroporto di Caracas”. Poi, il silenzio.
Non un rapimento da parte di bande criminali, ma un vero e proprio sequestro di Stato, secondo quanto affermano i familiari e l’avvocata Alessandra Ballerini, già difensore della famiglia Regeni. Da allora nessuna comunicazione ufficiale, nessuna accusa, nessuna visita consolare.
La mobilitazione pubblica
La strategia iniziale del silenzio, adottata nella speranza che una bassa esposizione mediatica potesse favorire il rilascio, non ha funzionato. Così la madre Armanda è uscita allo scoperto: apparizioni in tv, lettere al Presidente Mattarella e al ministro degli Esteri Antonio Tajani, una petizione da quasi 100 mila firme, e una mobilitazione nazionale che include un digiuno a staffetta con oltre 2.000 partecipanti.
Ma nulla, per ora, ha smosso l’inerzia diplomatica.
Una prigionia senza accuse
Alberto non ha doppia cittadinanza, è incensurato e privo di qualsiasi legame politico. Ed è proprio questa sua “purezza” a renderlo potenziale merce di scambio per un regime — quello di Nicolás Maduro — che cerca legittimazione diplomatica e leva internazionale.
Oltre 60 cittadini stranieri sono stati arrestati dopo la rielezione contestata di Maduro nel luglio scorso. L’Italia non riconosce la legittimità del suo governo. Eppure nessuno, neanche Mantovano (sottosegretario con delega ai Servizi) né Tajani, riesce a indicare cosa il Venezuela voglia in cambio di Trentini.
Il tempo stringe
Alberto soffre di ipertensione, le sue condizioni di salute destano preoccupazione. Ma finora non ha avuto accesso né a cure mediche, né assistenza legale. Neppure un contatto umano con rappresentanti del nostro Paese.
La madre continua a sperare: «Ogni settimana vado a controllare casa tua a San Pietro, perché sia tutto in ordine quando tornerai. Dai, tesoro, ci vediamo tra poco. Un abbraccio, un bacio e tutto il mio cuore. Mamma».
Un dovere morale e politico
Salvare Alberto non è solo un dovere di Stato, è anche una prova di forza umana e diplomatica. Un Paese che si rispetti non può abbandonare chi ha speso la propria vita per curare le ferite del mondo. Un gesto pubblico della premier Meloni, una presa di posizione chiara, potrebbero fare la differenza.
La Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito un sequestro preventivo nei confronti di otto elicotteri riconducibili a quattro soggetti residenti a Pompei, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla procura di Torre Annunziata. Le indagini hanno rivelato che, fino a novembre 2024, gli indagati avrebbero svolto attività di air taxi e voli panoramici senza le necessarie autorizzazioni, configurando l’impiego abusivo di aeromobili a scopo di lucro.
Lanci di petali e voli tra ostacoli
Tra gli episodi più eclatanti finiti sotto la lente degli investigatori figura il lancio di petali di rose in volo dopo un matrimonio, un’attività non solo scenografica ma anche potenzialmente pericolosa. Gli elicotteri, secondo gli inquirenti, non risultavano sottoposti ad ispezioni periodiche e le procedure di manutenzione non rispettavano gli standard europei previsti per i mezzi adibiti a scopi commerciali.
Turisti con bagagli sui comandi di volo
Ancora più gravi le irregolarità riscontrate a bordo: in diversi casi i piloti avrebbero trasportato turisti con i bagagli appoggiati sui comandi di volo o non correttamente stivati. Inoltre, le aree di decollo e atterraggio erano spesso collocate in prossimità di ostacoli pericolosi, come scuole, ferrovie e tratte autostradali, con gravi rischi per la sicurezza pubblica.
Tre elicotteri già sequestrati
Le operazioni di sequestro sono ancora in corso. Al momento, sono tre gli elicotteri già posti sotto sequestro, mentre proseguono le attività di accertamento e perquisizione nei confronti degli indagati e delle società riconducibili a loro.
(La foto in evidenza ha solo uno scopo illustrativo ed è stata realizzata con sistemi di intelligenza artificiale)
Settembre 2022: Anm sostituisce la fune di trazione della funicolare Centrale, operazione che richiese la chiusura dell’impianto per un solo giorno. Il cavo, in acciaio, lungo 1,5 chilometri e del peso di 13 tonnellate, era stato installato nell’ambito della manutenzione straordinaria ventennale eseguita da Leitner. Tutto regolare, con un intervento rapido che sembrava garantire sicurezza e durata.
Un nuovo problema dopo due anni e mezzo
Sono passati poco più di due anni e mezzo e la funicolare ha nuovamente chiuso per motivi tecnici. Alle 7 del mattino, gli utenti hanno trovato le porte delle stazioni chiuse con un cartello che parlava di «verifiche tecniche inderogabili fino a cessate esigenze». Nessuna spiegazione precisa, né tempistiche sul ripristino. Chi si trovava all’Augusteo ha dovuto ripiegare sulla metropolitana, mentre altri hanno usato la funicolare di Chiaia o affrontato a piedi i 500 scalini del Petraio.
Il silenzio di Anm e la reazione della politica
Per ore, nessuna comunicazione ufficiale da Anm. Solo nel pomeriggio, intorno alle 16, è arrivata una nota: «Durante le operazioni di manutenzione ordinaria si è rilevata la necessità di approfondire alcuni aspetti tecnici dell’impianto». Non un cenno alla fune, elemento invece al centro del confronto con Ansfisa, l’agenzia del ministero dei Trasporti per la sicurezza degli impianti a fune.
La fune da sostituire: spunta un’anomalia
Secondo quanto trapelato da fonti sindacali, durante gli esami strumentali sono emerse possibili criticità nella fune installata nel 2022. Nessun rischio imminente, ma la decisione è stata quella di sostituirla per precauzione, forse anche sull’onda emotiva della recente tragedia della funivia del Faito. L’origine del deterioramento così rapido non è ancora chiara.
Riapertura prevista il 30 aprile
La funicolare resterà chiusa fino a mercoledì 30 aprile. Tempi lunghi, probabilmente legati all’arrivo del nuovo cavo da fuori Italia. Intanto, per alleviare i disagi, la funicolare di Montesanto prolungherà gli orari di esercizio: venerdì e sabato fino alle 2, domenica fino a mezzanotte e trenta.
Anche la Linea 6 in tilt
Nella stessa giornata, disagi anche sulla linea 6 della metropolitana, chiusa per oltre un’ora a causa di una verifica urgente al software di gestione.
Nessun ragazzo è perduto. Il cambiamento è sempre possibile. Vietato arrendersi. Sono le tre regole non scritte che guidano da anni il lavoro instancabile di Eugenia Carfora (foto Imagoeconomica in evidenza), dirigente dell’Istituto superiore “Francesco Morano” di Caivano, nel cuore del Parco Verde, una delle realtà più difficili della provincia di Napoli. Da quando è arrivata, nel 2007, ha fatto della scuola un presidio di legalità, bellezza e speranza.
La sfida iniziata dai banchi
All’arrivo della preside, il “Morano” era una scuola dimenticata, con uscite di sicurezza ostruite, aule fatiscenti e strutture abbandonate. Eugenia Carfora ha ripulito muri e coscienze, ha coinvolto genitori, professori e studenti in una grande operazione di rigenerazione. Oggi l’istituto è un modello: ha una palestra funzionale, un orto per l’indirizzo agrario, laboratori moderni per informatica e meccatronica, una cucina per l’alberghiero. E soprattutto ha ritrovato la dignità.
Una serie tv per raccontare la sua storia
La sua vicenda sarà al centro di una serie tv Rai1 intitolata “La preside”, diretta da Luca Miniero e interpretata da Luisa Ranieri, che ha conosciuto personalmente la dirigente. «Non pensavo di dovermi esporre così per salvare un ragazzo o dire che la scuola è bella», ha commentato Carfora, commossa ma determinata. La fiction punta a raccontare la forza della scuola pubblica e il valore della cultura in territori difficili.
Una vocazione totale
Instancabile, sempre presente, la preside Carfora vive la scuola come una missione assoluta. «Sono malata di scuola», ammette. Anche a scapito della famiglia: «Ho un marito meraviglioso che è una mia vittima. Non sono stata una buona madre, ma i miei figli oggi sono come me». Non si è mai fermata davanti alle difficoltà: ha affrontato i pregiudizi, è andata a cercare i ragazzi casa per casa, ha sognato l’impossibile.
“Mi voglio spegnere tra i miei ragazzi”
«Mi offende sentir dire “poveri ragazzi” — spiega — perché in quell’espressione c’è già la resa. Io credo che ognuno di loro possa farcela». E quando pensa alla fine, confessa: «Non vorrei morire nel mio letto, ma fra i ragazzi, qui a scuola».