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Economia

Al via il Btp Valore, il Mef punta al successo bis

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Il debito, il lascito dei bonus edilizi, e la correzione dei conti che chiederà Bruxelles, da quadrare con 20 miliardi di euro. Il Governo deve trovarli se vuole confermare per il prossimo anno l’Irpef a tre aliquote e la decontribuzione per i redditi fino a 35.000 euro. E’ l’incastro complicato in cui Fitch conferma il rating dell’Italia, mentre il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si aspetta “fiducia” dai risparmiatori in vista della nuova emissione del Btp Valore della prossima settimana, puntando a un altro maxi-collocamento che metterebbe al sicuro una fetta consistente del fabbisogno.

L’agenzia di rating conferma il suo giudizio BBB con outlook positivo. Per prevedendo un’ “incerta traiettoria di bilancio”, Fitch constata come il “sostegno al governo Meloni resta solido, offrendo una piattaforma di pianificazione economica e di bilancio di medio termine. Il limitato spazio fiscale in seguito alle spese più alte del previsto per il Superbonus, potrebbe aumentare la tensione fra i partiti della coalizione”. Fitch è la seconda delle tre maggiori agenzie di rating a pubblicare la sua revisione di primavera, dopo che S&P Global aveva mantenuto il suo analogo ‘BBB’ lo scorso 19 aprile. Moody’s, che invece ha un più insidioso ‘Baa3’ un gradino sopra il livello ‘spazzatura’, è attesa il 31 maggio. Il filo conduttore delle valutazioni, nelle grandi linee, è quello già indicato dal Fmi e, ieri, dall’Ocse.

Crescita un po’ sotto l’1% indicato dal Governo, debito in rapida ascesa verso il 140%. In un recente report, proprio Fitch aveva avanzato una previsione al 142,7% per il 2027 dopo il tiraggio-monstre del superbonus nel 2023. Numeri che rischiano di “complicare le politiche economiche e fiscali e inasprire le tensioni nella maggioranza”, ragionavano gli economisti di Fitch. Fra la possibile correzione che Bruxelles chiederà nella ‘traiettoria pluriennale’ di rientro del debito dopo il voto europeo, e i desiderata del Governo sulle due misure-bandiera della maggioranza, l’unica quadra rischia di essere una spending review, una svolta sull’evasione fiscale, un rilancio della crescita con le riforme del Pnrr a partire dalla concorrenza. Temi rinviati assieme alla parte programmatica del Def. Per l’immediato, il Governo punta su un bis del successo di marzo del Btp Valore, quando aveva raccolto ben 18 miliardi di euro. Oggi il Mef ha annunciato tassi minimi garantiti al 3,35% dal primo al terzo anno, e al 3,90% dal quarto al sesto anno per la nuova emissione 6-10 maggio.

“È un titolo che offre rendimenti interessanti, soluzioni interessanti con il pagamento degli interessi ogni tre mesi. L’abbiamo concepito come uno strumento soprattutto per i pensionati, per coloro che vogliono avere un’integrazione magari modesta ma costante nel tempo alle loro entrate”, spiega Giorgetti.

Le cedole – ragionano gli operatori – restano appetibili per i risparmiatori, che puntano ad accaparrarsi rendimenti prima del taglio dei tassi Bce. Un ‘appeal’ per le famiglie che ancora tiene, e potrebbe portare a una domanda fra i 15 e i 18 miliardi. L’interesse reggerà fino a quando il Btp triennale non scenderà sotto il 3%: meglio dunque, per il Mef, anticipare i tempi e cogliere l’occasione con una nuova asta del titolo retail, accettando di pagare un sovrappiù di rendimento pur di avvicinare l’obiettivo dei 360 miliardi da collocare nel 2024: con 15 miliardi collocati la prossima settimana il direttore del Debito pubblico del Mef, Davide Iacovoni, avrebbe messo al sicuro, in quattro mesi, una copertura di oltre il 45% del totale.

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Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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