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Al Arabiya, su negoziati tregua pesa la notizia morte di Kfir

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L’armata volante Usa, B-2 e caccia in volo no-stop

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Una potenza di fuoco da record, con decine di caccia di ultima generazione, i bombardieri stealth B-2, aerei da rifornimento, altri ancora per il tracciamento radar o le misure di disturbo elettromagnetico. Missili Tomahawk e centinaia di militari nei centri di comando a coordinare l’attacco contro i siti nucleari iraniani. L’operazione ‘Martello di mezzanotte’ è il blitz aereo più imponente e sofisticato del nuovo millennio, 125 i velivoli coinvolti, portato a termine dalle forze statunitensi anche grazie a un tranello per distogliere i vertici militari iraniani e l’opinione pubblica mondiale e assicurarsi “l’effetto sorpresa”, il più decisivo nella storia militare di tutti i tempi. Il primo passo dell’operazione è stato infatti quello di far trapelare la notizia di un gruppo di B-2 partiti dal Missouri e diretti sull’isola di Guam, nel Pacifico occidentale, ha rivelato il generale Dan Caine, capo dello Stato maggiore congiunto Usa, illustrando il blitz con tanto di mappa.

La mossa è stata largamente percepita come una sorta di rinvio dell’attacco, i tempi lunghi dell’arrivo degli aerei sull’isola e il probabile coinvolgimento nell’operazione degli altri B-2 già dislocati in pompa magna nell’area, nella base Diego Garcia nell’Oceano Indiano. In realtà in Missouri decine di caccia intercettori riscaldavano i motori, pronti al decollo per scortare e aprire la pista a 7 bombardieri B-2, ciascuno con a bordo 2 bombe Gbu-57 Massive Ordnance Penetrator ad alta penetrazione. Un carico da oltre 180 tonnellate. L’armata volante ha iniziato il suo lungo viaggio verso gli obiettivi sorvolando prima l’Atlantico e il Mediterraneo, arrivando infine – da quel che si mostra sulla mappa – sui cieli di Israele e quelli iracheni fino ai bersagli in Iran, dopo 18 ore ininterrotte di volo e continui rifornimenti in quota.

Ad aprire il fuoco è stato però un sottomarino nel Golfo Persico che ha lanciato 30 missili Tomahawk contro l’impianto di Isfahan in due ondate, la seconda per coprire la successiva ritirata degli aerei. Subito dopo a Fordow e Natanz i caccia hanno messo fuori uso i sistemi di difesa aerea, oltre 60 i dispositivi d’arma utilizzati, mentre i B-2 facevano il resto, sganciando in tutto 14 Gbu-57 da 13 tonnellate l’una. Immagini satellitari diffuse in giornata dai media internazionali mostrano almeno 6 crateri nell’impianto di Fordow, considerato il più ostico da colpire, concentrati in due punti: segno che i vari ordigni si sono aperti la strada in sequenza per detonare più in profondità. Il “gruppo d’attacco” è “passato letteralmente inosservato”, ha sottolineato Caine, “nessuno se n’è accorto”. Poco prima dell’annuncio dei bombardamenti da parte del presidente Donald Trump, alcuni analisti americani avevano osservato che i martellanti raid dei caccia israeliani nel sudovest dell’Iran nella serata di sabato fossero tesi ad aprire la strada agli Usa, che avrebbero utilizzato proprio quel corridoio per colpire indisturbati.

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Nelle basi italiane ‘tutti i militari in sicurezza’

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“La sicurezza del personale militare italiano è e resta la mia assoluta priorità”. Queste le parole con cui oggi il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha annunciato l’innalzamento dell’allerta nelle basi italiane all’estero. Massima attenzione, dunque, per eventuali ritorsioni dell’Iran dopo l’attacco statunitense, anche se “i nostri militari – ha spiegato il ministro – non sono coinvolti nelle operazioni e non rappresentano un obiettivo diretto”. Questo, però, non esclude che possano verificarsi quelli che il titolare di via XX settembre e il capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Luciano Portolano, definiscono “danni collaterali”. Proprio per questo, in vista del ventilato raid americano, Crosetto ha disposto già da alcuni giorni la ricollocazione dei militari italiani che si trovavano in prossimità di obiettivi per così dire sensibili, quelli cioè riconducibili agli Stati Uniti.

“I protocolli di protezione del personale e di continuità operativa sono attivi – sono le parole del ministro -, aggiornati e pronti ad affrontare ogni possibile scenario”. Oggi Portolano ha sentito telefonicamente alcuni dei comandanti attualmente impiegati in Medioriente e ha spiegato, in un’intervista, che “le basi italiane all’estero stanno operando con la massima attenzione nel pieno rispetto delle misure di sicurezza in vigore e fino ad ora non sono emerse criticità”. “Il contesto resta instabile – ha aggiunto – ma le nostre unità sono ben preparate e mantengono un elevato livello di prontezza.

L’attacco di questa notte, come ha ricordato anche il ministro Crosetto, non ci ha colti di sorpresa, in quanto indicatori di carattere operativo avevano già fatto pensare che potesse scattare un attacco”. Attenzione viene rivolta anche alle basi statunitensi sul territorio italiano dove, inevitabilmente, è stata innalzato il livello di attenzione. Da Sigonella ad Aviano le misure di sicurezza sono sempre più stringenti. “Le basi – ha concluso Portolano – attuano procedure standard variabili secondo lo stato di allerta che rimane naturalmente elevato. A queste misure interne alle basi, vengono affiancate misure di sicurezza ulteriori, che sono messe in atto dalle forze dell’ordine e sono volte sostanzialmente a incrementare la sorveglianza delle aree circostanti le basi, al fine di individuare e neutralizzare prontamente eventuali minacce”.

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Attacchi all’Iran, rivelazione di Amwaj: «Washington ha avvertito Teheran in anticipo»

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Secondo quanto riportato dal sito Amwaj.media, vicino a un think tank guidato da un analista iraniano con base nel Regno Unito, gli Stati Uniti avrebbero avvertito preventivamente l’Iran degli attacchi avvenuti il 21 giugno. Lo ha riferito una fonte politica iraniana di alto rango, rimasta anonima, che ha confermato l’avvenuta comunicazione da parte dell’amministrazione Trump.

L’intento della Casa Bianca sarebbe stato quello di chiarire la natura mirata dell’azione militare, per evitare una reazione spropositata da parte della Repubblica islamica. Secondo la fonte citata da Amwaj, gli Stati Uniti hanno precisato di non voler innescare uno scontro militare su larga scala ma di voler colpire esclusivamente tre obiettivi nucleari specifici: i siti di Fordow, Isfahan e Natanz.

La strategia Usa: colpire e disinnescare

L’indiscrezione apre scenari interessanti sulla strategia americana: l’intenzione di agire sì con fermezza, ma senza provocare una guerra diretta. Il messaggio a Teheran sarebbe stato una sorta di “avviso diplomatico” finalizzato a preservare un canale di comunicazione, nonostante le tensioni. Non è chiaro se l’avvertimento sia stato trasmesso direttamente o attraverso intermedi diplomatici.

Il contenuto della comunicazione e la scelta di bersagli altamente simbolici e sensibili – i siti nucleari – indicano un’azione mirata più sul piano del messaggio politico-militare che su quello della distruzione strategica.

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