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Economia

A2A, la battaglia per la poltrona di Ad dell’azienda che macina utili

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Le chiamano multiutiliy, sono spesso aziende che fatturano miliardi e sono tra le principali protagoniste sui mercati. Nel 2019 A2A, multiutility milanese-bresciana ha fatto registrare un margine operativo lordo a 1,23 miliardi di euro, in linea rispetto all’eccellente risultato del 2018, nonostante il venir meno del contributo dei certificati verdi e di altri incentivi per circa 100 milioni di euro. Forte crescita degli investimenti a 627 milioni di euro, +25% rispetto all’anno. Questo è  quanto emerge dai risultati consolidati preliminari dell’esercizio 2019. La posizione finanziaria netta, inclusi gli effetti contabili dell’applicazione dell’IFRS 16, e’ di 3,15 miliardi di euro. “Abbiamo chiuso il 2019 con risultati solidi, superiori alle nostre attese, confermando una marginalita’ operativa in linea con il 2018 recuperando integralmente il minor contributo di circa 100 milioni di euro derivanti da incentivi e titoli ambientali – ha commentato l’amministratore delegato Valerio Camerano -. Abbiamo inoltre rafforzato le basi della nostra crescita incrementando gli investimenti del 25% rispetto allo scorso anno e realizzando 5 nuove operazioni di crescita esterna”. “Il 2019 ha rappresentato un anno particolarmente importante per il consolidamento delle partnership territoriali avviate negli anni precedenti e ha posto le basi per un ulteriore sviluppo del Gruppo A2a su modello della Multiutility dei Territori – ha dichiarato il presidente Giovanni Valotti”. Per l’Ebitda di 1,23 miliardi le partite non ricorrenti sono risultate pari a +40 milioni, in linea con il valore registrato nell’esercizio precedente. Al netto del contributo dei certificati verdi e di altri incentivi, rilevato nell’esercizio 2018, tutte le Business Unit hanno riportato risultati in aumento rispetto all’esercizio precedente. A tale andamento positivo ha contribuito, inoltre, l’apporto per l’intero esercizio del gruppo Acsm Agam, consolidato integralmente a partire dal primo luglio 2018. Gli investimenti di 627 milioni hanno riguardato progetti volti a promuovere il piano di decarbonizzazione e il rinnovamento della capacita’ di generazione, l’efficientamento delle reti di distribuzione e l’ampliamento della capacita’ di trattamento dei rifiuti con l’obiettivo di garantire la chiusura del ciclo ambientale. Nel 2019, inoltre, A2a ha concluso operazioni di M&A principalmente nel comparto del trattamento dei rifiuti, della vendita energia elettrica e gas e delle rinnovabili per un importo complessivo di oltre 50 milioni. C’è in atto un cambio del vertice della A2A, nonostante questi risultati.  E spunta l’ipotesi di Renato Mazzoncini, ex ad di Fs, per l’incarico di amministratore delegato di A2A. Il manager si trova in pole position per il posto attualmente occupato da Valerio Camerano nel caso in cui il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e quello di Brescia, Emilio Del Bono, dovessero optare per un cambio radicale dell’assetto di vertice. Un incontro tra i due primi cittadini, il presidente di A2A, Giovanni Valotti, e Camerano e’ in programma venerdi’, anche se l’agenda dei sindaci e’ costantemente a rischio stravolgimento a causa dell’emergenza coronavirus. Nelle scorse settimane era emersa l’intenzione del Comune di Milano, a cui in questo giro di nomine spetta la scelta del presidente, di non concedere a Valotti il terzo mandato. Ora anche la posizione di Camerano appare in bilico anche se per la scelta occorrera’ attendere il faccia a faccia tra sindaci e manager.

Il ‘bresciano’ Mazzoncini, il cui nome e’ stato anticipato oggi da Il Giornale, sarebbe in buoni rapporti con entrambi i sindaci, che devono indicare congiuntamente l’ad. Per la presidenza sono circolati nelle scorse settimane i nomi della vice presidente Stefania Bariatti e del consigliere di A2A Enrico Corali, come scelte interne, a cui si e’ aggiunto quello di Marco Patuano, ex ad di Tim e di Edizione, come esterno. “Si tratterebbe di cambiamento inatteso dal mercato, perche’ la societa’ ha diversi dossier aperti per aggregazioni di local utilities in Lombardia (Gelsia) ed in Veneto (Aim Vicenza e Agsm Verona) ed inoltre l’attuale management ha una profonda conoscenza del settore energetico, che sta vivendo una profonda trasformazione verso le rinnovabili dettata dal Green Deal Europeo”, hanno commentato gli analisti di Equita. A favore della conferma dei vertici giocano i risultati raggiunti in questi anni, sia sul fronte industriale che in Borsa, mentre a spingere per un rinnovo che sembra prendere sempre piu’ quota ci sarebbe la volonta’ dei Sindaci di evitare il consolidarsi all’interno dell’azienda di posizioni di potere. Venerdi’, tra l’altro, scadranno i bandi pubblici dei due Comuni per la presentazione delle candidature ad amministratore di A2A. Il board, per cui Brescia e Milano presenteranno una lista di maggioranza congiunta, sara’ rinnovato con l’assemblea di bilancio in primavera.

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Inflazione, Codacons: con record cacao e caffè rischi rincari

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E’ boom per le quotazioni di cacao e caffè, con i prezzi delle due materie prime che sui mercati internazionali stanno raggiungendo nuovi preoccupanti record, aumenti che potrebbero portare a breve a forti rincari dei listini al dettaglio per una moltitudine di prodotti venduti in Italia. L’allarme arriva oggi dal Codacons, che ha monitorato l’andamento delle quotazioni negli ultimi mesi. A inizio gennaio il prezzo del cacao era pari a circa 4.250 dollari la tonnellata, mentre ieri, mercoledì 24 aprile, le quotazioni sui mercati avevano raggiunto quota 10.800 dollari, con un incremento del +154% da inizio anno, riporta il Codacons. Trend analogo si registra per il caffè, con il Robusta che è passato dai 2.800 dollari la tonnellata dello scorso gennaio ai 4.250 dollari del 24 aprile, segnando un +51,8%, mentre l’Arabica nello stesso periodo sale da 190 a 224 centesimi alla libbra (+18%).

Quotazioni alle stelle che interessano materie prime utilizzate per prodotti molto consumati in Italia, e che rischiano di determinare rincari a raffica per i prezzi al dettaglio di una moltitudine di alimenti, lancia l’allarme il Codacons. Basti pensare che solo per i prodotti a base di cacao e caffè gli italiani spendono oltre 10,2 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: il giro d’affari del cioccolato nel nostro Paese è di circa 2 miliardi di euro, con un consumo procapite di circa 2 kg. Cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. I prezzi al dettaglio hanno già risentito nell’ultimo periodo dell’andamento delle quotazioni, con i prezzi di prodotti a base di cacao e caffè che sono aumentati sensibilmente rispetto allo scorso anno – aggiunge il Codacons. Ipotizzando un rincaro medio dei listini al dettaglio del +5% come effetto dei rialzi delle materie prime, i consumatori andrebbero incontro ad una nuova stangata da 510 milioni di euro solo per i consumi di caffè e cioccolato.

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Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

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Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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Bhp offre 36 miliardi per il rame di Anglo American

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Scossone nel mondo delle materie prime. Bhp, il primo gruppo mondiale, un gigante da 120 miliardi di sterline di capitalizzazione di Borsa, sta cercando di mettere le mani su un altro colosso del settore, Anglo American, ingolosito dalle sue miniere di rame, metallo reso sempre più ricercato e costoso dal ruolo centrale che riveste nei processi di transizione energetica e di elettrificazione. La multinazionale con sede a Melbourne, in Australia, ha inviato ad Anglo American una proposta di fusione attraverso uno scambio azionario che valuta la concorrente 31,1 miliardi di sterline (36 miliardi di euro), incluse le partecipazioni nelle controllate quotate Anglo American Platinum e Kumba (ferro), di cui è prevista la distribuzione agli azionisti di Anglo American prima della fusione.

L’offerta, che valuta le azioni 25,08 sterline l’una, ha fatto impennare il titolo alla Borsa di Londra, salito del 16,1% a 25,6 sterline, sopra il prezzo offerto da Bhp. Segno che la proposta degli australiani potrebbe non bastare: secondo gli analisti di Jefferies serviranno almeno 28 sterline ad azione per avviare “serie discussioni” e “ben più di 30” nel caso in cui si facessero sotto altri pretendenti. Il cda di Anglo American ha fatto sapere che sta analizzando l’offerta, che Bhp dovrà confermare o ritirare entro il 22 maggio. Ma non è questo l’unico ostacolo che Bhp si troverà ad affrontare. Anzitutto l’operazione passerà al setaccio delle autorità antitrust di diversi Paesi – dall’Australia, al Sudafrica, al Cile – alla luce del rafforzamento della posizione di Bhp in alcuni mercati, a partire da quello del rame, di cui diventerebbe da terzo a primo produttore mondiale, con una quota di mercato di circa il 10% e una produzione annua superiore ai due milioni di tonnellate.

In secondo luogo occorrerà convincere il governo sudafricano, dove si trovano un quinto degli asset di Anglo American e che controlla il primo azionista del gruppo, il fondo pensione Pic. Il ministro delle Risorse minerarie, Gwede Mantashe, ha già chiarito all’Ft di non vedere di buon occhio l’operazione avendo avuto un’esperienza “non positiva” con Bhp in occasione dell’acquisizione di Billiton nel 2001, tradottasi in un impoverimento per l’industria mineraria del Paese. Pic ha dichiarato che valuterà l’offerta ma ha precisato che le nuove opportunità dovranno tener conto del ruolo “fondamentale” che il settore minerario riveste per l’economia sudafricana e i suoi stakeholder e della “sostenibilità a lungo termine”. Oltre ad “aumentare l’esposizione alle materie prime del futuro” integrando “gli asset di livello mondiale nel rame di Anglo American”, Bhp ha detto di essere interessata alle attività nei metalli ferrosi e nel carbone metallurgico australiano mentre gli altri asset, inclusa la quota nel produttore di diamanti De Beers, saranno sottoposti a “revisione strategica” e dunque potrebbero essere messi sul mercato a valle dell’acquisizione.

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