Nel suo smartphone sono stati trovati migliaia di file che secondo gli investigatori hanno un contenuto tutt’altro che equivoco. Si va dalle indicazioni su come costruire esplosivi o altre armi, ai video di attentati terroristici, esecuzioni di infedeli, predicatori che incitano alla Jihad, testi inneggianti al martirio. Per questo, al termine di un’indagine della Digos e della Polizia Postale, coordinata dalla Procura distrettuale di Bologna, e’ stato eseguito ieri il fermo di un tunisino di 25 anni, Mounir Bahroumi, muratore, residente a Busseto, in provincia di Parma. E’ accusato di autoaddestramento e attivita’ con finalita’ terroristica, anche internazionale. Il giovane, difeso dall’avvocato Roberto Filocamo, avrebbe inoltre tenuto, via social, contatti con ambienti dell’Isis. Lo dimostrerebbe proprio la natura del materiale informatico estrapolato dal suo telefonino e acquisito nel corso di una prima perquisizione, fatta a giugno. L’indagato avrebbe progressivamente e sistematicamente scaricato e memorizzato documenti finalizzati ad addestrarsi.
Ad esempio c’e’ un manuale con ‘200 consigli’ con schede e istruzioni per realizzare molotov, ingredienti per preparare una bomba, suggerimenti su tecniche di combattimento e raccomandazioni per eludere inseguitori ed evitare la cattura, strumenti di autodifesa e fuga, oltre a manoscritti. Tutto questo “dimostra con evidenza – scrive il pm Antonella Scandellari nel decreto di fermo – che il percorso di radicalizzazione si e’ ormai completato”. Il riferimento e’ anche alle frasi in vari appunti, dove l’indagato “celebra la jihad ed esalta i mujaheddin e al contempo esterna positivi e preoccupanti apprezzamenti per il martirio”, (‘shahid’, cioe’ testimone della fede) tanto da proporre “forme di incitamento all’azione suicidiaria come atto estremo, evidentemente ritenuto necessario per sostenere la lotta violenta, o meglio la jihad”. ‘Omaggiamo Allah con la morte’ o ‘Verra’ innalzato con il nostro sangue e la parola di Allah sara’ suprema’, alcune delle espressioni citate. Concetti che, per gli inquirenti, “dimostrano la piu’ totale adesione all’ideologia riconducibile al fondamentalismo islamico” e un “completo allineamento alle posizioni proprie dell’organizzazione terroristica dell’autoproclamato stato islamico”. Gli indizi a suo carico, prosegue il pm, vanno valutati tenendo conto delle logiche “della jihad globale che porta gli aspiranti mujahidin a cercare, per una mirata formazione e addestramento, contatti e incontri sul web e non piu’ nelle moschee o luoghi privati”. Incontri, dunque, che si realizzano sulle chat dando vita a messaggi cifrati e quindi sicuri, che alimentano e invogliano a sposare la causa dell’Isis. Nel caso del 25enne sono documentati i suoi contatti con appartenenti ad ambienti jihadisti via social, ad esempio in gruppi whatsapp con nomi come ‘L’esercito del Califfato’ oppure ‘I Nasheed dello stato islamico’.