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Corona Virus

Coronavirus: rischio contagio senza sintomi, pochi dati

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I virus possono trasmettersi con e senza sintomi, ma nel caso del coranavirus – nuovo arrivato nella grande famiglia degli agenti patogeni – ci sono ancora poche evidenze che questo stia accadendo. Il rischio di contagio per il coronavirus ad oggi passa soprattutto attraverso i sintomi, la tosse, lo starnuto, ma una pubblicazione del New England journal of medicine che nei giorni scorsi aveva analizzato i 4 casi tedeschi, aveva ipotizzato la possibilita’ che la trasmissione del coronavirus potesse esserci anche in assenza di sintomi. Ma i dubbi sono molti: manca ancora una massa di dati sufficientemente ampia per essere matematicamente certi che si tratti di un rischio tale da giustificare misure differenti da quelle adottate e soprattutto non si conoscono ancora le percentuali di questo rischio. “L’esperienza di altre infezioni respiratorie ci induce a pensare ancora una volta che ci siano persone che possono avere l’infezione ed essere asintomatici. Tuttavia il maggior rischio di trasmissione si ha quando le persone tossiscono e starnutiscono, emettendo goccioline che contengono il virus”: ha spiegato Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’ospedale Spallanzani di Roma. “Come per le altre malattie e’ necessario quantificare i rischi e calcolare le probabilita’ di trasmissione, cosa che potremmo fare solo quando avremo maggiori dati. Tutta la scienza del mondo lavora per questo”, ha concluso. A commentare la posizione della rivista scientifica anche Anthony Fauci, immunologo e direttore dell’Istituto per le malattie infettive statunitense, in prima linea per fronteggiare l’emergenza coronavirus: “Questo rapporto ha dichiarato alla Cnn risolve ogni dubbio sulla possibilita’ di contagio prima che vi siano sintomi”. I ricercatori credono, comunque, che sia necessario approfondire un tema centrale: la persona che ha trasmesso il virus era veramente asintomatica? La donna che, senza manifestare alcun sintomo e di ritorno da Shangai, ha fatto visita a 4 suoi colleghi tedeschi, ai quali successivamente e’ stato diagnosticato il coronavirus 2019-nCoV, ha veramente trasmesso il germe ed era veramente asintomatica? O non aveva forse assunto medicinali che attenuassero i sintomi? La risposta non si potra’ avere in tempi brevi, come conferma anche Ippolito. Dello stesso avviso la virologa Ilaria Capua, direttore del Centro di eccellenza dedicato alla ‘One Health’ dell’Universita’ della Florida, che ritiene che il virus si comporta come quelli di tutte le altre malattie infettive e che possa essere, quindi, trasmesso anche senza sintomi ma invita a non creare allarme: “da nessuna parte – ha dichiarato all’Ansa – ci sono i minimi segnali che si tratti di un’Apocalisse”. “Tutte le malattie infettiva hanno un periodo di incubazione che puo’ andare da un minimo di 48 ore a 14 giorni e in questo periodo e’ possibile la trasmissione senza sintomi”, ha rilevato Capua. E’ quello che accade, per esempio, nel caso del morbillo prima che compaiano le macchie sulla pelle o nella comune influenza prima che arrivi la febbre, complice la scarsa igiene delle mani. I dati dell’articolo – ha concluso – si riferiscono agli esami con tamponi faringei fatti in un numero limitato di pazienti ma rappresentano un tesoretto di informazioni per la comunita’ scientifica internazionale, dal quale raccogliere dati che servono a costruire i modelli”.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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