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MoVimento Cinquespine, la guerra di logoramento a Di Maio ed i vaffanculo degli attivisti alla classe dirigente

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Leggerete che Beppe Grillo è corso a Roma per blindare un Luigi Di Maio in difficoltà nel MoVimento. I retroscenisti del teatrino della politica italiana vi spiegheranno che è solo una tregua e che presto una masnada di congiurati accoltelleranno alla schiena Di Maio e sistemeranno al suo posto qualcun altro. E invece non c’è alcuna blindatura di Grillo. Non c’è nessun nuovo leader all’orizzonte nel MoVimento Cinquestelle. L’ultima votazione sulla piattaforma Rousseau (se partecipare o meno alle prossime regionali) altro non è che il sentimento che nutre un elettorato schierato (sono gli iscritti alla piattaforma) che si sente accerchiato e che dopo la cocente sconfitta alle europee e la pesante mazzata delle regionali in Umbria non vuole dare il senso di abbandonare il campo di battaglia. Mi meraviglia la meraviglia di alcuni che pure il M5S l’hanno conosciuto, lo conoscono, lo studiano e l’hanno spesso spiegato, anche con asprezza, ma sempre con onestá e lucidità.

Se dovessi riassumere con una espressione “movimentista” il risultato dell’improvviso referendum per verificare la voglia di presentare o meno le liste del M5S alle regionali in Emilia Romagna e in Calabria, direi anch’io che gli attivisti del MoVimento hanno mandato un bel “vaffanculo” all’intera classe dirigente (non solo a Luigi Di Maio) che è ferma da 18 mesi nella comfort zone governativa ed ha oramai sporadici contatti con il Paese reale.

Alle elezioni politiche del 4 marzo 2018  il Movimento Cinquestelle fu il primo partito politico italiano. Superò il 32% dei consensi sia alla Camera che al Senato e portò in Parlamento  227 deputati e 112 senatori. Ebbene i 227 deputati da settimane sono incapaci di eleggere un capo gruppo dopo che Francesco Uva è passato nel gruppone governativo. Anche questo è un segnale di allontanamento dei parlamentari da chi li ha votati.

La comunità Cinquestelle non è un partito, non aspira a diventarlo, speriamo non lo diventi mai. Vero è che sembrare un partito, non riuscire più a “leggere” con intelligenza e a “decrittare” con velocità quali sono le proteste e le proposte che emergono dalla società italiana, ne stanno fiaccando la forza dirompente di cui erano e sono, più o meno a giusta ragione, portatori sani i cosiddetti grillini. Luigi Di Maio, giovane capo politico (ha solo 33 anni) è diventato per deputati, senatori, ministri, ex ministri e sottobosco governativo vario pentastellato l’alibi buono per intestargli ogni sconfitta, sfogare ogni frustrazione, criticare ogni scelta generosa, avventata o sbagliata salvo poi condividere con lui importanti successi o il varo di riforme bandiera del Movimento che andrebbero però accompagnate, migliorate, attuate e non abbandonate, come ad esempio il Reddito di Cittadinanza.

Il governo M5S-Pd. Il premier è Giuseppe Conte nomina i ministri del nuovo governo

Quella misura sacrosanta di redistribuzione di un po’ di ricchezza per gli strati più deboli della società sarà un fallimento se non si mette mano ai centri per l’impiego, se non si riforma il mercato del lavoro e se non si consente a chi oggi percepisce un reddito di sussistenza di poter accedere ad un lavoro, ad una retribuzione che è anche dignità. Chi se ne sta occupando nel M5S dell’attuazione di questa riforma sacrosanta? Sembra che sia stato fatto già tutto e che quel tutto era dare qualcosa di soldi in tasca ai disperati. No, il Reddito di Cittadinanza del M5S non è questo.

Qualche deputato o senatore del M5S si è accorto della vergognosa sceneggiata sulla pelle dei 471 vincitori della selezione per Navigator in Campania? Qualcuno di loro ha provato a capire che cosa si nasconde dietro le sceneggiate del presidente della Giunta regionale della Campania Vincenzo De Luca? Davvero non hanno alcun argomento convincente per indurre “l’alleato” del Pd a comportarsi da persona perbene?

Questo M5S, così com’è, è destinato ad estinguersi senza aver fatto il lavoro per cui era nato. Di questo bisogna parlare, non di chi comanda, di gruppi di potere, di federazioni di boss o camarille che muovono le leve del potere e si contendono posti o strapuntini. Tagliare il numero dei parlamentari, chiudere il rubinetto dei vitalizi, ridurre drasticamente i costi della politica, occuparsi degli ultimi, parlare di orario minimo di lavoro e di minima retribuzione oraria, impegnarsi in una riforma del mercato del lavoro che metta al centro il lavoratore e tante altre belle cose di cui si discute oggi in Italia lo dobbiamo all’impegno (anche dei portavoce del M5S nelle istituzioni) degli attivisti che oggi si macerano il fegato davanti a scelte governiste e movimentiste che talvolta costringono a fiaccare, addolcire o abbandonare certi radicalismi di questo movimento. Radicalismi che col tempo sono però diventati scelte di governo.

Chi di noi avrebbe scommesso un centesimo di euro sul fatto che il M5S avrebbe portato a casa la riforma costituzionale della riduzione drastica del numero dei parlamentari? Chi avrebbe mai pensato che ce l’avrebbero fatta a introdurre il reddito di cittadinanza? Chi scommetterebbe oggi un centesimo di euro sul fatto che riusciranno mai a riformare i Centri per l’impiego e a cambiare il mercato del lavoro in modo da mettere in relazione strettissima lavoratori-formazione professionale continua-aziende? E potremmo andare avanti per ore a parlare di ambiente, previdenza, sviluppo sostenibile, digitalizzazione della pubblica amministrazione, reddito energetico, pensioni di cittadinanza, agricoltura, difesa del mare e delle coste, cultura etc etc etc. Il M5S di governo dovrebbe smetterla di evitare situazioni nuove, dovrebbe tornare a sentire il peso dell’ansia e della paura di una società difficile da leggere e da cambiare.

Perché se il MoVimento limita i suoi movimenti, fiacca le sue opportunità di crescere e imparare, si rinchiuderà definitivamente in quella comfort zone, quello stato psicologico per il quale rimarrà a contatto con persone, cose e ambienti familiari. Si sentirà tranquillo ma firmerà la sua condanna a morte per strangolamento da parte di quelle forze politiche tradizionali che vivono da sempre nella comfort zone governativa anche quando sono all’opposizione.

Per cui certa classe dirigente pentastellata smetta i panni movimentisti quando si tratta di mazzolare Di Maio credendolo debole dopo una sconfitta elettorale e pensi a tornare sul territorio a fare politica. La distanza tra base del MoVimento e classe dirigente spedita a Roma a fare i portavoce si fa ogni giorno più difficile da colmare. È questa la debolezza principale, unitamente alla paura di aprirsi a nuove sensibilità, nuove idee, nuove energie.

Perchè come abbiamo già detto, vivere nella Confort Zone governativa assieme all’assistente parlamentare amico o al militante che si conosce da sempre li farà pure sentire al sicuro, ma così si perde il contatto con la realtà e si dà vita a qualcosa che non è manco un partito ma una setta. Ed il M5S era ed è un virus che deve riuscire ad infettare con le sue idee la politica italiana. Perché se fallisce il MoVimento Cinquestelle arriverà il sovranismo/nazionalismo, unica consolazione per un popolo povero e sfigato.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Da mini-condono a Salva multe, ecco i decreti in pole

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Tra il 22 e il 29 maggio, la date in cui dovrebbe riunirsi il Consiglio dei ministri, potrebbero vedere la luce almeno 5 provvedimenti, tutti piuttosto importanti per il governo anche alla luce delle prossime Europee. Tra i decreti annunciati ufficialmente c’è il cosiddetto ‘mini-condono’. Il progetto di legge, che il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini preferisce chiamare il ‘Salva-Casa’, punta a sanare tutte le difformità di tipo formale che non corrispondo alla planimetria dell’immobile: dal muro spostato al soppalco o alla veranda. Ma anche la finestra che è di 30 centimetri più in basso o più in alto rispetto al disegno originario. Con questo dl si potrebbero sanare anche le varianti in corso d’opera che non erano state disciplinate prima del 1977.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha poi promesso da tempo che si farà un decreto per ridurre i tempi delle liste di attesa nella Sanità. Ma questo, quasi sicuramente, non sarà all’attenzione dei ministri il 22 maggio perché sul tema, si spiega, sarebbe ancora in corso un confronto con le Regioni e si sarebbero ravvisati dei problemi di copertura. Tra gli altri provvedimenti in gestazione a Palazzo Chigi c’è quello fortemente voluto dal ministro per lo Sport, Andrea Abodi, per istituire l’Agenzia per lo sport professionistico. Un testo che gli enti di governo dello Sport, dalla Figc al Coni, starebbero guardando con una certa diffidenza e che potrebbe essere accorpato ad un altro decreto: quello di cui parla da giorni il ministero dell’Istruzione di Giuseppe Valditara in cui si affronterebbe, tra l’altro, anche il tema dei corsi di potenziamento per studenti stranieri.

E’ atteso inoltre anche un provvedimento ‘salva-infrazioni europee’. Per ora si tratta di un decreto ancora in stand-by perché sarebbe politicamente molto complicato varare questo testo senza risolvere prima il problema delle concessioni demaniali marittime. Un tema che ci vede in costante braccio di ferro con l’Europa. Più articolato il fronte della Giustizia dove, oltre ad un decreto sui giudici di pace, è in cantiere da tempo anche un disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati: cavallo di battaglia da sempre di Forza Italia. Il testo, che probabilmente potrebbe vedere la luce già nella riunione del 22 maggio, prevede, oltre a due distinti concorsi per giudici e Pm, anche l’istituzione di due diversi Consigli Superiori della Magistratura e la creazione dell’Alta Corte di giustizia per giudicare sulle toghe. A una delle due riunioni governative dovrebbe approdare anche un decreto legislativo attuativo della delega fiscale: quello che rivede le sanzioni tributarie, riducendole di un terzo ed eliminando quelle ‘maxi’ che arrivano fino al 240%. Chi commette violazioni fiscali pagherà al massimo il 125% di multa.

Le sanzioni amministrative verranno ridotte da un quinto a un terzo, avvicinandole ai parametri europei e introducendo un principio di maggiore proporzionalità. Sul fronte penale ci si allinea ai recenti indirizzi della giurisprudenza aiutando chi non può pagare per forza maggiore e decide di pagare rateizzando. Se, ad esempio, c’è la dichiarazione, la sanzione per l’omesso versamento dell’imposta viene ridotta al 25%. Pugno di ferro invece verso i comportamenti fraudolenti, anche sui bonus e sui crediti d’imposta. L’opposizione critica molto questo ‘sovraffollamento’ di ddl e decreti, parlando di ‘misure di propaganda elettorale’. Ma nel governo si fa notare che quelle del 22 e del 29 sono date obbligate, “non tanto per il voto” delle Europee, quanto perché se questi progetti di legge venissero approvati dopo l’appuntamento con le urne, magari a metà o fine maggio, poi scadrebbero a metà a agosto, quando i lavori parlamentari si presume che siano interrotti.

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L’Italia a giudizio alla Cedu per la legge elettorale

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L’Italia dovrà spiegare all’Europa se le diverse modifiche apportate negli ultimi anni alla legge elettorale hanno violato la libertà di voto dei cittadini: la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha ammesso il ricorso avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali proprio quei cambiamenti hanno comportato la violazione dei diritti nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte da Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale a febbraio ma la notizia si è diffusa oggi e ora il governo ha tempo fino al 29 luglio per replicare. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: “la Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato”.

Il ricorso è stato depositato alla fine di gennaio del 2023 da Staderini – segretario dei Radicali Italiani dal 2009 al 2013 – e da diversi cittadini: alle elezioni del 2022 in circa 500 sono andati ai seggi verbalizzando il loro dissenso e spiegando le ragioni dell’astensione. E quella documentazione è alla base della richiesta alla Cedu, che riguarda “l’instabilità della legge elettorale e la compatibilità” del Rosatellum “con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani”. “Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco. Prima il Porcellum, poi il Rosatellum, domani chissà cosa”.

Lo individua il deputato di Alleanza Verdi e sinistra Angelo Bonelli, il ‘cosa’: la decisione della Cedu “mette in seria discussione il premierato voluto da Meloni”. Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge del giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza non consente di esprimere il voto separato, vale a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale. Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, “queste ultime introdotte solo 3 mesi prima delle legislative” osserva la Cedu, che vuole sapere se “i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni”.

In seconda battuta la Corte chiede se il Rosatellum, “impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni”. Ed infine, i giudici vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso “effettivo” davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani, se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.

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Giorgetti: ripresi 15 miliardi di truffe su 215 di Superbonus

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“Con le indagini fatte dalla Guardia di Finanza abbiamo già recuperato più di 15 miliardi richiesti indebitamente allo stato come crediti fiscali” nell’ambito del Superbonus. Lo afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolineando che “di quei 215 miliardi 15 in qualche modo ne usciranno, ma al netto delle truffe dobbiamo tornare alla normalità, dobbiamo tornare sulla terra”. “Io – prosegue – ricordo che oggi in Italia è ancora previsto un beneficio del 70% per chi ristruttura la propria abitazione. Qual è quella nazione in Europa o al mondo che offre lo stesso beneficio?”. “A tutti quelli che si lamentano e contestano – aggiunge – inviterei a fare questa valutazione”.

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