Le autorita’ russe hanno deciso di usare la mano pesante per sopprimere le proteste nelle strade di Mosca. E non solo con l’approccio tolleranza-zero adottato dagli agenti di polizia. L’ultima frontiera, infatti, passa per via giudiziaria: gia’ in dieci sono stati incriminati per “disordini di massa”, reato che in Russia e’ punito con un massimo di otto anni di reclusione. Ora pero’ si e’ alzata l’asticella. I magistrati hanno chiesto al tribunale di privare due genitori della custodia del figlio di 12 mesi poiche’ lo hanno portato con loro in manifestazione. Il caso sta suscitando (comprensibilmente) un polverone. Ma il diavolo come sempre sta nei dettagli. In una nota la procura di Mosca ha spiegato che, nel corso della protesta del 27 luglio, la coppia “ha affidato il bambino a una parte terza, il che ha messo in pericolo la salute e la vita del piccolo e gli ha causato danni fisici ed emotivi”. Secondo i magistrati, l’uomo in questione, Serghei Fomin, con il bambino tra le braccia avrebbe attraversato il cordone di polizia abbandonando l’area della protesta. Un espediente per fuggire, dunque. Tanto piu’ che Fomin, attivista e sostenitore della campagna di raccolta firme della fedelissima di Navalny Lyubov Sobol per essere ammessa alle elezioni comunali di Mosca, e’ uno dei manifestanti incriminato (in contumacia) per disordini di massa – e ora latitante. In un video, diffuso dal Centro contro l’Estremismo e ripreso da tutti i media di ‘sistema’, lo si vede alla testa di un corteo mentre incita i manifestanti a urlare i loro slogan. Fomin, insomma, e’ stato bollato come una sorta di agente provocatore al soldo di qualcuno. I genitori del bimbo, Olga e Dmitry Prokazov, hanno dunque commesso un atto di grave irresponsabilita’ – e complicita’ – ad affidargli il bimbo e permettergli cosi’ di farla franca. Peccato pero’ che Fomin non sia uno sconosciuto, ma il fratello di Olga. Dunque un parente. Lo hanno chiarito gli stessi Prokazov in una conferenza stampa, sottolineando peraltro di non aver “pianificato” di prendere parte al corteo col piccolo, ma di aver deciso “all’ultimo minuto”. “Serghei e’ il mio migliore amico, padrino del mio primogenito e fratello di mia moglie. Ad un certo punto gli ho chiesto di portare il bambino e siamo entrati in metropolitana. Non c’erano poliziotti, cordoni o truppe della Guardia Nazionale da nessuna parte”, ha dichiarato Dmitry smentendo le parole dei magistrati. La vicenda ha suscitato indignazione persino a livello politico e Irina Kirkora, membra del Consiglio Presidenziale dei Diritti Umani, ha stigmatizzato l’operato dei pm. La direzione pero’ pare ormai chiara: stroncare la voglia di protestare in ogni modo. Le autorita’, peraltro, non hanno davanti un compito troppo arduo. Un sondaggio del centro demoscopico indipendente Levada ha infatti rivelato che i moscoviti, pur essendo a conoscenza del movimento di protesta, non lo sostengono poi molto: solo il 26% si dice a favore – percentuale che sale se si include chi si definisce membro del movimento (il 2%) e chi confida che potrebbe potenzialmente potrebbe aderire alle proteste (il 9%). Ma il 30% si definisce “neutrale” e il 27% persino “contrario”. Non esattamente un plebiscito a favore del cambiamento.