Tutto ancora puo’ succedere. In quarantotto ore, un pericoloso crocevia di voti al Senato sul decreto sicurezza bis e sulla Tav, rischia di aprire una inedita crisi ferragostana. L’attenzione e’ tanta, anche se nella maggioranza scommettono che alla fine filera’ tutto liscio. Il decreto salvianiano, con un’accelerazione, dovrebbe essere votato con la fiducia lunedi’ sera e passare, anche grazie ad assenze come quella dei senatori vicini a Toti. Ma Matteo Salvini non si fida della capacita’ di tenuta del gruppo pentastellato: una pattuglia di dissidenti M5s – sei, secondo gli ultimi calcoli – rischia se non di affossare il testo, di far mancare la maggioranza assoluta. E a quel punto potrebbe aprirsi un problema politico. “Vedremo, la giornata sara’ lunga, io saro’ in Senato per il voto”, dice Matteo Salvini ostentando sorrisi, all’ultimo giorno di vacanza a Milano Marittima. Giornata in spiaggia con i figli, pranzo con amici e colleghi tra cui i ministri Fontana e Bussetti, serata in piazza a Colico, nel lecchese. Il vicepremier ignora le critiche per la sua performance alla consolle del Papeete beach (“Porti rispetto per l’inno di Mameli”, attacca Nicola Zingaretti) e anche per lo scontro con un cronista di Report sul caso Savoini. Non abbassa i toni. E moltiplica gli avvertimenti al M5s. Tanto che ingaggia un nuovo duello con Alessandro Di Battista: “Stasera potrei mandarlo a cagare”, dice greve. E il pentastellato risponde per le rime: “Non me ne frega nulla che si sia inginocchiato davanti ad una cubista, mi indigna che si sia inginocchiato davanti al potere dei Benetton e alle Coop, anche quelle rosse”, infilza. A Luigi Di Maio, il vicepremier leghista ha chiesto di dare il via libera a temi per il M5s tossici come trivellazioni, sanatoria per l’Ilva, Gronda, termovalorizzatori. E Autonomia. Altrimenti, ha scandito, sara’ crisi. Di Maio si mostra in video, in t-shirt, ma parla di altro, di norme sul lavoro. Non replica, per non dare sponde alla campagna agostana di Salvini a caccia di voti nel centro-sud, che dal 7 all’11 agosto tocchera’ Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Il pentastellati non vogliono dare all’alleato pretesti per rompere: il ministro Bonafede media sulla giustizia. Ma il problema, spiega un leghista, e’ che Di Maio rischia di non tenere i suoi gruppi parlamentari. La maggioranza sulla carta conta 167 senatori (difficile pero’ che Umberto Bossi riesca ad esserci). Se il decreto sicurezza bis fosse bocciato – ipotesi assai remota – si aprirebbe la crisi. Ma se, nel voto di fiducia, l’asticella si fermasse sotto la maggioranza assoluta di 161, potrebbe essere anche Salvini, oltre alle opposizioni, a porre il tema politico di una maggioranza che non c’e’. A serata in casa leghista trapela ottimismo. Secondo i calcoli, sarebbero sei i Cinque stelle pronti a non votare la fiducia. Ma i Cinque stelle hanno rassicurato la Lega: quel numero puo’ solo ridursi, non aumentare. Oltre a Elena Fattori, che potrebbe votare No, gli altri potrebbero uscire dall’Aula: si citano Virginia La Mura, Lello Ciampolillo, Matteo Mantero, Alberto Airola, Pietro Lorefice, Mattia Crucioli. In piu’, ad aiutare dovrebbe arrivare l’uscita dall’Aula di cinque o sei senatori ‘totiani’ ma potrebbe esserci anche alcune assenze ‘amiche’, per abbassare il quorum, ad esempio tra le fila FdI. Ancora quarantotto ore assai delicate. Ranghi serrati: tutti convocati. Matteo Renzi, per dire, torna dagli Usa per essere presente in Aula. Perche’ oltre al dl sicurezza, martedi’ si voteranno le mozioni sulla Tav e allora emergera’ con chiarezza la spaccatura giallo-verde. La Lega votera’ contro la mozione No Tav del M5s ma dovrebbe dire si’ a quelle pro-Tav di Pd, FI e Bonino. I leghisti scioglieranno la riserva pero’ solo dopo aver riletto i testi, per verificare che non nascondano tranelli.