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Cronache

La ricostruzione dell’uccisione del vicebrigadiere: Cerciello aveva dimenticato l’arma in caserma, il suo collega Varriale non ha sparato perchè sopraffatto

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Quella notte Mario Cerciello Rega non aveva con se’ la pistola. L’aveva lasciata nell’armadietto in caserma, ma “per quale motivo fosse li’ lo sa solo lui”. In una lunga conferenza stampa, il comandante provinciale dei carabinieri, Francesco Gargaro, risponde a tutte le domande dei giornalisti, smentisce “ombre e presunti misteri” che si sono diffusi negli ultimi giorni e ricostruisce minuto per minuto la dinamica dell’omicidio del vicebrigadiere. Un caso sul quale, pero’, “ci sono ancora dei punti oscuri”, per usare le parole del procuratore reggente di Roma, Michele Prestipino. Nell’incontro con la stampa, al quale hanno partecipato anche numerosi giornalisti statunitensi, investigatori e inquirenti hanno anche ribadito che sul caso del fermato con la benda sugli occhi e immortalato in una foto choc saranno fatti accertamenti “senza alcun pregiudizio e con il rigore gia’ dimostrato da questa procura in altre analoghe vicende”. In questo momento le indagini si concentrano sulla notte dell’omicidio, su quanto sia successo a via Pietro Cossa, nel cuore di Roma, prima e dopo le undici coltellate mortali.

Mario Rega Cerciello. Il vicebrigadiere ucciso

“La procedura seguita e’ stata regolare”, ha spiegato Gargaro, svelando, pero’, che Cerciello non aveva con se’ l’arma, ma solo le manette. “E’ stata probabilmente una dimenticanza – ha sottolineato -, ma cio’ non toglie che non aveva alcuna possibilita’ di reagire”. Chi, invece, era armato era il suo collega, Andrea Varriale. “Non poteva sparare ad un soggetto in fuga – ha replicato il comandante – altrimenti sarebbe stato indagato per un reato grave”. Cio’ che appare evidente, fino a questo momento, e’ che l’incontro con i due ragazzi americani rientrava in una di quelle operazioni di ‘routine’ in una metropoli come Roma. “Loro non immaginavano di trovarsi di fronte una persona che si presenta con un coltello di 18 centimetri e non pensavano di essere aggrediti nel momento in cui si qualificano – ha aggiunto Gargaro -. Non c’e’ stata possibilita’ di usare armi, di reagire”.

In attesa dei risultati dell’autopsia e degli altri esami tecnici, come l’analisi dei tabulati dei telefonini dei due americani in stato d’arresto, gli investigatori continuano a lavorare per far piena chiarezza sull’omicidio, sul quale “purtroppo non abbiamo video delle telecamere”, ha spiegato Gargaro. A indicare che gli autori del furto erano due magrebini, hanno sottolineato gli investigatori in conferenza, e’ stato Sergio Brugiatelli, il tramite tra i due americani e il pusher che ha venduto loro “tachipirina invece di cocaina”. “L’indicazione ci e’ stata data subito dopo l’omicidio – ha spiegato Gargaro -. Poi la sera successiva in caserma, davanti alle evidenze, ha ammesso che erano americani”. Si e’ parlato anche dell’interrogatorio e della discussa foto di Gabriel Christian Natale Hjorth, uno dei due ragazzi fermati, con la benda sugli occhi. “Gli indiziati sono stati individuati e interrogati dai magistrati nel rispetto della legge”, ha esordito il reggente di piazzale Clodio, Michele Prestipino, sottolineando che “gli interrogatori sono stati effettuati con tutte le garanzie difensive, alla presenza dei difensori, dell’interprete e previa lettura di tutti gli avvisi di garanzia previsti dalla legge. Gli interrogatori sono anche registrati”. Intanto, nel carcere di Regina Coeli, i due arrestati hanno ricevuto la visita di un rappresentante dell’autorita’ consolare per “assicurarsi che i detenuti ricevano un processo equo e trasparente”, ma anche “per garantire che ricevano un trattamento umano, inclusi eventuali cure mediche se ritenute necessarie”. E la madre di Finnegan Lee Elder, reo confesso di essere l’autore materiale dell’accoltellamento, si dice grata dell’assistenza medica fornita in carcere al figlio. A complicare pero’ la posizione di Elder, sono le notizie che arrivano dagli Usa. Il San Francisco Chronicle ha rivelato che il 19enne era stato arrestato gia’ nel 2016 per aver aggredito un compagno di classe sferrandogli un pugno che gli causo’ ferite “potenzialmente letali”.

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A New York si commemorano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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Una giornata speciale per i ragazzi delle medie e delle superiori per commemorare due simboli della lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel triste anniversario della Strage di Capaci. L’appuntamento si è svolto presso la Scuola d’Italia di New York Guglielmo Marconi, guidata da Michael Cascianelli. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono solamente nomi nella storia italiana, ma incarnano valori di coraggio, integrità e impegno civico. Per far comprendere appieno il significato di queste figure agli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, è stato organizzato un incontro con due esperti del campo: il Professore Antonio Nicaso e il Professore Rosario G. Scalia.

Il Professore Nicaso, storico delle mafie e autore di varie opere sull’argomento, ha condiviso con gli studenti la sua vasta esperienza e aneddoti privati, invitandoli a guardare al futuro con ambizioni elevate e a non scendere mai a compromessi di fronte alle mafie. L’incontro è stato condotto dal Professore Scalia, professore del dipartimento di Italiano alla Rutgers – State University of New Jersey, che ha moderato l’evento e ha portato anche una testimonianza personale, ricordando la sua infanzia a Catania e l’ombra costante della mafia che aleggiava sulla città. Ha evidenziato come frasi dette dai genitori come “stai tranquillo che i mafiosi si uccidono solo tra loro” per tranquillizzare i propri figli, o “ci si uccide solo al sud” o “solo in Italia” abbiano contribuito a creare una distanza emotiva e fisica dalle persone nei confronti della mafia. Ha invitato gli studenti a non voltare le spalle alla realtà, ma ad affrontarla con coraggio e determinazione, senza mai fare un passo indietro.

L’incontro, coordinato dalla Professoressa Cristiana Grassi, ha suscitato grande interesse e partecipazione da parte degli studenti, dimostrando l’importanza di educare le giovani menti alla consapevolezza civica e alla lotta contro ogni forma di criminalità. La morte di Falcone e Borsellino ha avuto un impatto profondo non solo in Italia, ma anche oltre confine. Negli Stati Uniti, Giovanni Falcone è ricordato come un eroe, anche dall’FBI. Una statua eretta a Quantico, sede dell’FBI, testimonia il rispetto e l’ammirazione che gli americani nutrono per il giudice italiano. La relazione tra Stati Uniti e Falcone si consolidò durante il celebre caso “Pizza Connection” durante gli anni del Maxiprocesso di Palermo. Oggi, la collaborazione tra Italia e Stati Uniti nel campo della lotta alla criminalità organizzata prosegue su queste solide basi, dimostrando che l’eredità di Falcone e Borsellino continua a essere una fonte di ispirazione nel cammino verso una giustizia globale e una cooperazione internazionale più stretta.

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Carabinieri: prima confisca e conversione in euro di monete digitali sottratte a napoletani

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La Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria ha completato con successo la prima operazione di conversione in euro di beni confiscati in monete digitali. L’attività è conseguente al sequestro di Bitcoin e Monero, per un controvalore di circa 11mila euro, avvenuto a gennaio 2023, quando la Prima Sezione Operativa di Roma e la Sezione Criptovalute hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di individui, tutti residenti a Napoli, sospettati di appartenere ad un gruppo criminale dedito alla contraffazione valutaria. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli e condotte con la collaborazione di Eurojust ed Europol, fanno parte di un ampio contesto investigativo iniziato nel 2018, mirato a smantellare una rete di distribuzione di banconote contraffatte attraverso il Darkweb, canali Telegram e il trasferimento di criptovalute come Bitcoin e Monero su wallet dedicati. Lo rende noto un comunicato dell’Arma.

“Nel corso delle operazioni le criptovalute sequestrate – in particolare Monero e Bitcoin, spiega la nota – erano state trasferite dalla Sezione Criptovalute su portafogli dedicati, attraverso l’uso di tecniche e software sviluppati direttamente dal Reparto Specializzato dell’Arma che consentono la creazione dei wallet garantendo, oltre ad una elevata sicurezza, anche una gestione particolare delle chiavi private e/o seed phrase. L’approccio utilizzato dalla Sezione Criptovalute assicura che nessun singolo operatore possieda la conoscenza completa della chiave privata, eliminando così un punto critico di vulnerabilità e aumentando significativamente la protezione contro gli attacchi informatici”.

“Le criptovalute, oggetto di sequestro, sono state confiscate con decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria di Napoli la quale – prosegue la nota – ha disposto la conversione e il trasferimento al Fondo Unico di Giustizia. Pertanto, i Carabinieri della Sezione Criptovalute unitamente a personale dell’Exchange italiano Young Platform nominato appositamente ausiliario di polizia giudiziaria per procedere alla conversione, hanno provveduto al trasferimento e cambio in euro per il successivo deposito al Fug delle somme oggetto della confisca”. “La peculiarità di questa operazione non risiede solo nel suo successo e nella sua natura pionieristica, ma anche nel modo in cui dimostra l’efficacia dell’Arma dei Carabinieri nello svolgere operazioni altamente specializzate anche con le nuove tecnologie finanziarie. L’Arma dei Carabinieri, sempre attenta e vigile nelle indagini sul sensibile tema del Cybercrime, ha svolto recentemente il primo corso di perquisizione e sequestri di valute digitali presso l’Istituto Superiore Tecniche Investigative di Velletri, con il quale ha formato 25 operatori già specializzati in indagini telematiche”, conclude la nota.

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Reddito cittadinanza, presi altri 63 beneficiari e denunciati per truffa

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Sono 63 le persone che in provincia di Foggia sono state denunciate per aver indebitamente conseguito il reddito di cittadinanza, per un ammontare complessivo di 691 mila euro. Tra quelle individuate dai finanzieri del comando provinciale di Foggia negli ultimi due mesi ci sono i componenti di un intero nucleo familiare, che vive sul Gargano, e che avrebbero presentato istanze per ottenere il reddito di cittadinanza, allegando una dichiarazione sostitutiva mancante dell’indicazione dell’esatta composizione del nucleo familiare, che ha consentito loro di ricevere indebitamente oltre 21.400 euro. I controlli hanno interessato tutto il territorio provinciale, in particolare Cerignola, San Severo, Vieste e San Nicandro Garganico. I 63 beneficiari sono stati segnalati alla direzione provinciale Inps per la sospensione del sussidio. Numerose le irregolarita’ riscontrate dalle Fiamme gialle: dalla mancanza del requisito della residenza effettiva nel territorio nazionale alle mendaci dichiarazioni inerenti alla composizione del nucleo familiare, dall’omessa dichiarazione dello svolgimento di attivita’ lavorative, in diversi casi anche esercitate in nero, alla perdita del diritto al beneficio in conseguenza dello stato di detenzione.

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