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Cronache

I 100 migranti a bordo del pattugliatore Cigala Fulgosi sbarcano a Genova, vanno nel Lazio ospiti Cei

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Il pattugliatore Cigala Fulgosi della Marina militare accostato alla banchina di Calata Bettolo, a Genova, offre un’immagine gia’ vista: uomini fasciati dalle candide tute di cartene in piedi e uomini accucciati sul ponte in attesa. I 100 profughi salvati al largo delle coste libiche – 23 bambini, 17 donne e 60 uomini adulti – sono arrivati a vedere la skyline di Genova stamani poco prima delle 9. Erano in porto, alla calata Bettolo, dopo una manciata di minuti. Ad attenderli una tendopoli della Croce Rossa ma anche polizia, medici e psicologi, la protezione civile. Per loro che avevano gia’ patito due giorni in mare, una lunga attesa col sole a picco sul capo. Uno vicino all’altro come sono stati per due giorni sul gommone. I primi a salire sul pattugliatore sono stati i medici per accertare la presenza di malattie infettive: qualche caso di scabbia, nulla piu’. Perche’ molto ha fatto l’ufficiale medico della Fulgosi, che in navigazione ha curato le ustioni da sole di una bimba e di una donna e che ha assistito le donne in gravidanza. Ai medici a terra, coordinati dal direttore del pronto soccorso dell’ospedale Galliera Paolo Cremonesi, i profughi si sono presentati con le loro storie patite sul gommone e il racconto della morte di alcuni loro compagni. Aspettano di sapere dove verranno mandati. Perche’ a Genova, e’ deciso, non restano, neppure in via provvisoria: qui rimarranno soltanto 11 bambini non accompagnati e le 6 donne in gravidanza per le cure necessarie, gli altri sono destinati a una struttura della Cei nel Lazio. I profughi arrivati a Genova “li manterranno i vescovi e il Vaticano e io li ringrazio. Se qualcuno verra’ mantenuto a spese di altri e non dell’Italia, sono contento” ha detto il ministro Salvini in serata. Che questi cento profughi non dovessero “pesare sulle tasche dei contribuenti italiani” e’ stato detto molte volte, in questi giorni. Parole che non arrivano a bordo della Fulgosi cosi’ come non arrivano le polemiche tra istituzioni e partiti locali e le voci della manifestazione di ‘Genova porti aperti’ fuori da calata Bettolo. Arriva in banchina don Giacomo, dell’ufficio Migrantes della Cei che ricorda come Genova sia citta’ di mare che tradotto vuol dire accogliente: “Noi non li facciamo morire in mare”. A gruppi di 20, cinque ore dopo l’arrivo, i profughi scendono dalla nave per le cure mediche e per l’identificazione poi. Si intravvede un ragazzino col capo appoggiato sul tavolo sotto la tenda dell’Unchr. Ha gli occhi persi nel nulla. La squadra mobile conclude scrupolose procedure di identificazione: non ci sono scafisti perche’, dice un funzionario “ormai li abbandonano in mare dicendo loro di tenere la prua sul nord”. La nave lascia la banchina alle 19: “Li abbiamo salvati con un mare forza 3 – ricorda ora il comandante Michele Fabiano -. Come uomini di mare, e per diritto internazionale, se troviamo qualcuno in pericolo di vita lo soccorriamo. E’ anche un dovere morale”. I profughi vengono fatti salire su due pullman. E’ l’ora: c’e’ ancora un lungo viaggio da fare: verso il Lazio, poi verso cinque Paesi europei.

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il giornalista Marc Innaro e la censura Rai: Russia demonizzata, Europa marginale

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Marc Innaro (foto Imagoeconomica in evidenza), storico corrispondente Rai da Mosca e oggi inviato dal Cairo, torna a parlare in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, affrontando con lucidità e tono critico le tensioni tra l’Occidente e la Russia, il suo allontanamento da Mosca e la crescente russofobia nelle istituzioni europee.

Dal 1994 al 2000 e poi dal 2014 al 2022, Innaro ha raccontato la Russia da dentro, cercando – come lui stesso dice – di “corrispondere” la realtà e il punto di vista di Mosca. Una scelta giornalistica che gli è costata accuse di filoputinismo e, di fatto, l’interruzione della sua esperienza russa da parte della Rai, ufficialmente per motivi di sicurezza legati alla nuova legge russa contro le “fake news”.

Ma Innaro contesta apertamente questa versione: “Quella legge valeva per i giornalisti russi, non per gli stranieri accreditati. Commissionai persino uno studio legale russo-italiano che lo dimostrò. Nessuno mi ascoltò”. A detta sua, la vera censura arrivava “non dai russi, ma dagli italiani”.

Nato, Ucraina e verità scomode

Un episodio televisivo emblematico segnò la sua posizione pubblica: una cartina sull’allargamento della Nato a Estmostrata in diretta al Tg2 Post, che gli offrì l’occasione per dire: “Ditemi voi chi si è allargato”. Una verità storica, sottolinea, che rappresenta “la versione di Mosca” e che fu raccontata anche da Papa Francesco, quando parlò del “latrato della Nato alle porte della Russia”.

Da lì in poi, dice Innaro, cominciò l’isolamento. Non gli fu consentito di intervistare Lavrov né di andare embedded con i russi nel Donbass, mentre altri inviati Rai furono autorizzati a farlo con le truppe ucraine, anche in territorio russo.

“La Russia non vuole invadere l’Europa”

Secondo Innaro, la narrazione di Mosca come minaccia globale è costruita ad arte: “La Russia è un Paese immenso con 145 milioni di abitanti. Come può voler invadere un’Europa da 500 milioni?”. L’obiettivo russo, dice, è sempre stato chiaro: la neutralità dell’Ucraina e il rispetto per le minoranze russofone.

Nel commentare le dichiarazioni dei vertici Ue e Nato, come quelle di Kaja Kallas o Mark Rutte, Innaro osserva che “alimentare la russofobia non aiuta a risolvere nulla” e ricorda che è grazie al sacrificio sovietico se l’Europa è stata liberata dal nazifascismo.

“L’Europa doveva includere la Russia”

La guerra, secondo Innaro, “diventa sempre più difficile da fermare”, anche per il consenso interno a Putin. Ma l’errore strategico dell’Occidente, dice, è stato non costruire una nuova architettura di sicurezza con la Russia dopo la Guerra Fredda: “Abbiamo più in comune con i russi che con altri popoli. Ma ora i 7/8 del mondo si riorganizzano e l’Europa resta ai margini”.

Un’analisi lucida e controcorrente, che rimette in discussione molte certezze del racconto dominante.

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Una 14enne precipita dal terzo piano e muore nel Tarantino

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Una ragazza di 14 anni è morta dopo essere precipitata dalla finestra al terzo piano dell’abitazione di Massafra (Taranto) dove viveva con i genitori. La ragazzina è stata soccorsa dal personale del 118 e trasportata d’urgenza all’ospedale Santissima Annunziata di Taranto, ma è deceduta poco dopo il suo arrivo al pronto soccorso. Il pm di turno, a quanto si è appreso, ha aperto un’inchiesta per fare luce sull’accaduto. La madre, che era con lei nell’appartamento, l’avrebbe vista lanciarsi dalla finestra. L’attività investigativa è affidata ai carabinieri.

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Nove colpi contro l’auto di un incensurato a Nocera Inferiore

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Nove colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi contro un’auto a Nocera Superiore. Il fatto è accaduto nella frazione Citola. La vittima dell’intimidazione è un 30enne, incensurato. L’uomo, ascoltato dai carabinieri, non ha saputo fornire alcuna spiegazione su quanto accaduto. I militari del reparto Territoriale nocerino, guidati dal comandante Gianfranco Albanese, sono al lavoro per ricostruire la dinamica di quanto accaduto. L’auto è stata posta sotto sequestro per consentire i rilievi. Non è escluso che i colpi siano partiti da due armi.

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