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Cronache

Omicidio brutale di Willy Branchi 30 anni fa, ci sono degli indagati

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Nuova svolta, la più importante da quando sono state riaperte le indagini, nel caso di Willy Branchi, il 18enne ucciso e poi abbandonato nudo nella golena del Po a Goro, il 30 settembre 1998. La Procura di Ferrara ha iscritto una o piu’ persone per omicidio volontario. La notizia, su cui gli inquirenti mantengono uno stretto riserbo, e’ stata diffusa da Luca Branchi, fratello di Willy, in un post su Facebook, alla luce delle informazioni avute dal legale della famiglia, Simone Bianchi, che ha fatto accesso agli atti. Le indagini sono in corso e non si sa chi e quanti sono i sospettati. Ma la novita’ e’ accolta dai familiari della vittima come un raggio di luce dopo decenni di buio.

“Dopo 30 anni e 8 mesi, dopo tanto dolore, dopo tante bugie, prese per i fondelli, la notizia che e’ arrivata in queste ultime ore potrebbe davvero essere la svolta decisiva per arrivare a quei bastardi che hanno ridotto in quel modo Willy”, ha detto Luca Branchi. Bugie e omerta’ hanno infatti da sempre fatto da sfondo alla tragica vicenda del giovane ucciso con un colpo alla testa sparato con una pistola usata per uccidere i maiali. Un delitto le cui circostanze non furono mai chiarite, nonostante indagini che riguardarono anche un giro di pedofilia. In passato una persona del paese venne accusata e poi prosciolta per l’assassinio. Le nuove iscrizioni sono il frutto della pressione degli investigatori, il pm Andrea Maggioni e i carabinieri del Reparto investigativo di Ferrara, e arrivano a seguito delle indagini compiute a carico di altre sei persone, testimoni reticenti sui fatti e accusati di false informazioni al pm. Tra questi c’e’ don Tiziano Bruscagin, all’epoca parroco di Goro e piu’ volte interrogato. Ora il sacerdote e’ accusato anche di calunnia, dopo gli accertamenti e i riscontri testimoniali raccolti. Dove potra’ portare questa nuova pista non si puo’ prevedere, ma la famiglia Branchi ringrazia fin d’ora chi indaga. “Ho aspettato con pazienza questo momento… tante volte ho pensato che non sarebbe piu’ arrivato. E invece ho fatto bene a continuare a credere e sperare”, ha detto ancora il fratello Luca. “Non sono qui a colpevolizzare nessuno – prosegue – ma se la Procura e’ arrivata a tanto, credo che abbia in mano elementi decisivi. Mentre scrivo ho gli occhi gonfi di lacrime, perche’ dopo aver visto mio padre morire pian piano, con la foto del suo Willy tra le mani, dopo aver ascoltato tutti i giorni, ancora oggi, mia madre parlare con Willy a voce alta e chiamarlo a ogni ora del giorno e della notte, credo sia il minimo”. Ora a lui e alla famiglia “interessa una cosa sola: sapere chi ha ucciso mio fratello”.

 

Quella che leggere di seguito è la lettera scritta dal fratello di Willy Luca. A corredo della lettera Luca Branchi pubblica anche una foto del fratello nelle condizioni in cui fu ritrovato cadavere.

Luca Branchi

Così ho visto l’ultima volta mio fratello. Era la mattina del 30 settembre 1988 quando mi chiamarono mentre ero al lavoro per dirmi che avevano ritrovato il corpo di un ragazzo sull’argine. Sono trascorsi 11185 giorni da quando me l’hanno ucciso. Ho aspettato con pazienza questo momento…tante volte ho pensato che non sarebbe più arrivato. E invece ho fatto bene a continuare a credere e sperare. Oggi è una giornata che in parte mi ripaga delle sofferenze e dei dolori che in questi anni io e la mia famiglia abbiamo passato. Mi avevano chiesto di tenere la cosa ancora riservata, ma non ce l’ho fatta. E’ più forte di me.

Dopo 30 anni e 8 mesi, dopo tanto dolore, dopo tante bugie, prese per i fondelli, la notizia che è arrivata in queste ultime ore potrebbe davvero essere la svolta decisiva per arrivare a quei bastardi che hanno ridotto in quel modo Willy. La Procura ha indagato una o più persone per omicidio. Sì, avete capito bene: per l’omicidio di mio fratello. Non sono qui a colpevolizzare nessuno, ma se la Procura è arrivata a tanto, credo che abbia in mano elementi decisivi. Mentre scrivo ho gli occhi gonfi di lacrime, perchè dopo aver visto mio padre morire pian piano con la foto del suo Willy tra le mani, dopo aver ascoltato tutti i giorni, ancora oggi, mia madre parlare con Willy a voce alta e chiamarlo ad ogni ora del giorno e della notte, credo sia il minimo. Potete dire tutto di me, potete tirare fuori gli sbagli commessi in passato, non mi interessa. Perché a me interessa una cosa sola, sapere chi ha ucciso mio fratello. Willy, che male aveva fatto per meritarsi una fine così orribile? Spiegatemelo. E dovete dirlo ai carabinieri e al magistrato che, insieme al mio avvocato, in tutto questo tempo hanno fatto il massimo. Oggi sentire questa notizia mi fa arrabbiare ancora di più, ma dall’altro lato mi riempie il cuore di speranza. Dopo le tante falsità dette da un prete e dalle altre persone oggi indagate, ora siamo davvero arrivati alla fase decisiva di questa maledetta storia. E queste persone indagate per omicidio, che non conosco nemmeno i loro nomi, dovranno spiegare molte cose.
Willy, questa giornata è tutta per te, fratello mio.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

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Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

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Vino nel biberon per errore, bimbo 4 mesi in rianimazione

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Vino bianco al posto dell’acqua per preparare il latte in polvere a suo figlio di quatto mesi. Un errore, è l’ipotesi degli investigatori, commessa da una donna di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che ha fatto finire il piccolo in coma etilico. Ricoverato in rianimazione all’ospedale pediatrico di Bari, le sue condizioni sono in lieve miglioramento. A fare insospettire la donna è stato il rifiuto del piccolo che dopo i primi sorsi avrebbe smesso di bere respingendo il biberon. A quel punto la sua mamma si sarebbe accorta di non aver mescolato il latte in polvere con l’acqua.

A farla sbagliare sarebbe stato il colore scuro della bottiglia in cui era contenuto il vino. Subito dopo aver compreso l’errore, la donna ha portato il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi dove il piccolo è arrivato già in coma etilico. Sottoposto a una lavanda gastrica, è stato intubato e trasferito d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione.

La procura di Brindisi ha avviato un’indagine, ma al momento l’ipotesi prevalente dei carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana è che sia stato un incidente domestico. Dai riscontri dei militari non sono emersi altri elementi. L’affanno dovuto alle incombenze quotidiane, la necessità di preparare in fretta il biberon per il proprio figlio e la bottiglia scura avrebbero portato la donna a sbagliare. E’ stato lo stesso bimbo, rifiutandosi di continuare a bere, a rivelare che quel liquido non era latte. Un segnale subito percepito dalla mamma che si è resa conto in pochi istanti quale fosse il vero contenuto della bottiglia da cui aveva prelevato il liquido credendo fosse acqua.

La corsa in ospedale è stata immediata, dall’abitazione al pronto soccorso del Perrino. Qui il piccolo è stato preso in cura dai medici che con stupore hanno accertato il coma etilico di un bimbo di soli quattro mesi. Un quadro clinico che ha allarmato il personale sanitario e che ha portato al trasferimento del bimbo a Bari dov’è stato sottoposto a specifiche cure. Al momento la prognosi è riservata ma i medici sono fiduciosi perché le condizioni del piccolo migliorano. La notizia ha scatenato tante reazioni anche sui social dove molti manifestano comprensione per “il dispiacere e per quello che sta passando in queste ore la mamma”, auspicando che “il piccolo possa presto riprendersi da questo brutto incidente”.

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