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C’è il topo in classe, pochi studenti si trasformano in piccoli teppisti: atti vandalici al comune e pietre contro casa del sindaco del paese

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Una porta di accesso dell’aula consiliare distrutta e sassi contro la casa del sindaco. È successo a Casaluce, nel Casertano, dove un gruppetto di alunni della scuola media Ludwig Van Beethoven (dunque poco più che ragazzini) hanno così protestato dopo che nella giornata di ieri era stato diffuso sui social network un video nel quale veniva ripreso un topo nella scuola. Una ventina di ragazzi volevano esprimere il loro malcontento al sindaco Rany Pagano. Non l’hanno trovato in Comune e dopo aver distrutto la porta di accesso della sala consiliare, sono andati sotto casa del sindaco.  “Affacciati”, gridavano. Il sindaco però in quel momento non era in casa e così davanti al silenzio, è partita la raffica di sassi. “Quanto accaduto  è opera di un piccolo gruppetto di ragazzi, dei vandali, che di certo non hanno capito nemmeno la gravità del loro gesto”, ha commentato Pagano. “Forse non hanno capito quanto sia stato grave arrivare sotto casa mia e lanciare dei sassi, ma adesso spero che sia tutto risolto, e che tutti i ragazzi di Casaluce possano tornare tranquillamente nelle loro aule, in un ambiente pulito e salubre, così come riconosciuto anche dalla legge”. Nelle aule della scuola, dove era stata segnalata la presenza del roditore, è stata predisposta la disinfestazione. Gli autori del gesto presto potrebbero essere identificati. Al vaglio degli investigatori le immagini delle telecamere di video sorveglianza installate nei pressi del Comune che saranno incrociate con le assenze di oggi a scuola 

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OpenAI sfida Google, pronta a lanciare motore di ricerca

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Un’alternativa a Google, il motore di ricerca per antonomasia, basato su ChatGpt. Potrebbe essere questa la prossima mossa di OpenAI, l’azienda madre del software che ha dato una spinta all’intelligenza artificiale, rimescolato le carte nel settore tecnologico e che ora punta a togliere il monopolio al colosso di Mountain View. Un battage sui social media parla dell’esistenza di un nuovo dominio sul sito della società che contiene la parola ‘search’, appunto ‘ricerca’. Le voci ufficiose indicano il 9 maggio come data di lancio. Il dominio https://search.chatgpt.com, così si chiamerebbe, è stato avvistato da un utente della piattaforma Reddit. Al momento visitando il sito appare la scritta “not found”. Il possibile motore di ricerca si presume si baserà sul porre domande e sull’interazione con un modello di intelligenza artificiale che utilizza un linguaggio naturale, sulla falsa riga della Search Generative Experience di Google.

“Nessuno ancora è riuscito a combinare i large language models e la ricerca, mi piacerebbe farlo – ha detto il mese scorso in una intervista Sam Altman, il Ceo di OpenAI – Google ti mostra 13 annunci e dieci link blu, forse esiste un modo migliore per aiutare le persone a trovare le informazioni”. Le frasi sembrano una dichiarazione di guerra. Google domina la scena da quasi 30 anni, ha una quota di mercato del 90% e sborsa ogni anno miliardi di dollari a Apple per rimanere la scelta di ricerca predefinita anche sugli iPhone. E nel puzzle tecnologico che si sta componendo alla luce dell’exploit dell’intelligenza artificiale, proprio Apple – secondo indiscrezioni di Bloomberg – sta intensificando le trattative con OpenAI per una possibile integrazione di ChatGpt sui melafonini. Sullo sfondo c’è Microsoft che ha finanziato pesantemete la società guidata da Sam Altman e ha iniziato le prove tecniche di integrazione dell’IA nel suo motore di ricerca Bing.

Dal canto suo Google sta inserendo gradualmente il chatbot Gemini sia nella ricerca sia in alcune sue app popolari e, secondo il Financial Times, starebbe valutando la possibilità di far pagare per alcune funzionalità potenziate dall’IA. È probabile che un aggiornamento sull’intelligenza artificiale e una risposta ad OpenAI arrivi a stretto giro nella conferenza degli sviluppatori della società prevista il 14 maggio. L’ipotesi di un motore di ricerca con ChatGpt rimescolerebbe le carte di un settore in ebollizione, aprendo ad un nuovo attore che unisce l’intelligenza artificiale all’ampiezza dei dati trovati online. Quello dei dati usati per l’addestramento di questi grandi modelli linguistici, sempre più onnivori, non è però un tema secondario. Di recente negli Stati Uniti, dopo il New York Times, otto quotidiani hanno fatto causa a OpenAI per violazione dei diritti di autore: sostengono che i loro articoli sono stati usati per alimentare il chatbot. Mentre un’associazione europea, noyb.eu, ha depositato un reclamo al Garante per la privacy austriaca sostendendo che ChatGpt viola il Gdpr, la legge europea sulla protezione dei dati personali.

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Stakanovista 10% italiani, lavora 49 ore a settimana

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In Italia quasi un lavoratore su dieci tra i 20 e i 64 anni nel 2023 ha lavorato in media almeno 49 ore alla settimana, una percentuale superiore a quella media dell’Unione europea (7,1%) e inferiore solo a quella di Grecia, Francia e Cipro. In pratica il 9,6% degli occupati ha lavorato l’equivalente di un giorno in più a settimana, considerando che l’orario standard oscilla tra le 36 e le 40 ore a settimana. All’opposto si trovano le Repubbliche baltiche, con percentuali tra l’1% e il 2%, ma anche i Paesi scandinavi (la Norvegia è al 5,2% e la Finlandia al 5,7%) e la Germania con il 5,4%.

L’immagine di una parte degli italiani insolitamente stakanovista emerge dalle tabelle Eurostat sui lavoratori che fanno orari di lavoro lunghi. Il risultato, si deduce dai numeri, è legato alla consistenza del lavoro autonomo che tradizionalmente è impegnato per un numero di ore maggiore rispetto alla media totale dei lavoratori. Guardando infatti solo a professionisti e partite Iva, a lavorare almeno 49 ore è una percentuale molto più alta, pari al 29,3%. Il dato quindi non è legato tanto all’ampio uso del lavoro straordinario, quanto alla larga diffusione del lavoro autonomo in Italia (ma anche in Grecia), tipologia che spesso ha orari più lunghi di quelli contrattuali, soprattutto in settori come i servizi, le vendite e l’agricoltura.

La controprova sta nel fatto che nel nostro Paese i lavoratori dipendenti che lavorano almeno 49 ore la settimana in media sono il 3,8% del totale dei lavoratori subordinati (3,6% in Ue). Gli autonomi con dipendenti che lavorano con questi orari sono il 46% del totale (41,7% la media Ue). Gli autonomi senza dipendenti che lavorano 49 ore alla settimana sono invece il 27,4% (23,6% in Ue) mentre quelli impegnati in un lavoro di aiuto all’attività familiare che raggiungono le 49 ore sono il 20,1% (14% in Ue). La percentuale degli “stakanovisti” sale se si guarda solo agli uomini con il 12,9% del complesso degli occupati che lavora almeno 49 ore a settimana (9,9% in Ue). Nel complesso le donne che lavorano almeno 49 ore alla settimana sono il 5,1% del totale, comunque sopra la media europea del 3,8%. Tra gli uomini autonomi con dipendenti la percentuale di coloro che raggiunge o supera le 49 ore di lavoro a settimana supera il 50% in Italia (50,8%) e si attesta sul 46,3% in Ue.

Anche tra i dipendenti la percentuale di chi lavora almeno 49 ore alla settimana è più alta tra gli uomini con il 5,1% in Italia a fronte del 5% della media Ue. Tra le donne le autonome con dipendenti lavorano a lungo nel 32,5% dei casi (quasi una su tre) a fronte del 29,6% in Ue. Tra le dipendenti sono invece il 2,3% a fronte del 2,1% in Ue. In Italia lavorano con orari lunghi nel complesso soprattutto i manager (40,5% del totale a fronte del 21,9% in Ue) con una percentuale del 24,4%, molto superiore alla media, anche per i manager dipendenti (14,3% in Ue). Il 10,3% dei professionisti in Italia dichiara di lavorare almeno 49 ore e il 10,9% dei lavoratori dei servizi e delle vendite (6,5% in Ue). Tra i lavoratori dell’agricoltura infine è il 36,3% a lavorare ben oltre lo standard, contro il 27,5% rilevato in media nell’Unione europea.

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Alunni fragili esclusi dalla gita, ‘premiato chi ha otto’

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Una gita come tante, nella vicina Milano. Ma non tutti gli alunni hanno potuto partecipare. Solo i più meritevoli e chi non aveva la media dell’8 è rimasto a scuola. È quanto accaduto a una classe, una terza, della secondaria Italo Calvino, facente parte dell’Istituto comprensorio Niccolò Tommaseo, del centro di Torino. Una scelta non condivisa dal ministro Valditara per il quale “il merito non ha come riferimento la media aritmetica in pagella, ma l’impegno e la costanza nel realizzare i propri personali talenti. Se poi la scelta di ridurre a soli 15 studenti gli ammessi alla visita è stata fatta dalla struttura ospitante, credo che si potesse chiedere ed ottenere una eccezione facendo proprio riferimento alla necessità di una didattica inclusiva”. Gli studenti di 14 e 15 anni avevano partecipato, creando dei podcast, al progetto ‘Riconnessioni’. Come obiettivo anche quello di essere ospiti nella redazione di Radio24.

Ma c’era un limite stabilito di 15 ragazzi, visto che la radio, sponsor dell’iniziativa, aveva chiesto un massimo di 45 studenti per tre scuole. Quelli della ‘Calvino’ sarebbero stati scelti secondo il criterio del merito, per decisione del consiglio di classe. Qualche studente non è partito, tra cui chi ha dei disturbi nell’apprendimento e disabilità, rimanendo in classe, portando avanti attività del progetto. Alcuni genitori hanno così deciso di raccontare la storia a un quotidiano torinese mentre altri, ora, solidarizzano con i docenti e hanno chiesto un’assemblea per parlare di questa vicenda, visto che non condividono l’iniziativa di rivolgersi ai media. Nell’occhio del ciclone intanto è finita, non solo la docente di lettere che coordina il progetto, ma anche la preside della Tommaseo, Lorenza Patriarca, molto conosciuta in città in quanto consigliera comunale del Partito Democratico e presidente della commissione Istruzione a Palazzo Civico.

La sua scuola ha un motto: “Tutti diversi, tutti speciali, tutti insieme”. L’istituto comprensorio, elementare e medie, è considerato fiore all’occhiello tra quelli cittadini. “Da noi sono presenti 48 alunni con disabilità certificata – spiega Lorenza Patriarca – il numero degli alunni con Bes di diversa natura iscritti nelle nostre classi è di 4 volte superiore a quello degli altri istituti comprensivi a livello nazionale come risulta dalle statistiche del ministero”. “La docente di lettere coinvolge i ragazzi in un’infinità di iniziative e uscite didattiche lavorando per progetti, anche in soggiorni con pernottamenti plurimi fuori città. Il consiglio di classe, nella sua autonomia, senza coinvolgere la dirigenza – sottolinea Patriarca – ha ritenuto di scegliere sulla base del merito riferito a risultati scolastici di almeno 7 e 8 e assenza di note disciplinari, impegno e interesse inclusi perché in una classe che lavora per progetti la valutazione tiene necessariamente conto della partecipazione attiva dei ragazzi”. Per quanto riguarda lo studente con disabilità, Patriarca afferma che “la docente di sostegno ha valutato con il consiglio di classe che la ‘gita’ per lui non fosse utile e che gli avrebbe creato solo dello stress. Ma è l’unica uscita in cui lui non è stato coinvolto”.

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