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Arriva il Fondo nazionale innovazione, Di Maio lo presenta Torino: “Stanziato un miliardo per le start up”

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Se non fosse diventato ministro, avrebbe fatto lo startupper. A ricordarlo sul palco delle Ogr, le ex Officine Grandi Riparazioni di Torino, è lo stesso vicepremier Luigi Di Maio presentando il Fondo nazionale innovazione. “Un progetto strategico per i prossimi 15-20 anni”, come lo ha definito, che punta a recuperare il gap con gli altri Paesi per fare dell’Italia “la prima forza manifatturiera in Europa”. Non senza polemiche, però, con gli industriali che si dicono “dispiaciuti” per non essere stati invitati e l’assessore alle Attività Produttive della Regione Piemonte, Giuseppina De Santis, convinta che l’innovazione “è un lievito che attraversa tutto il sistema economico e non uno zoo per start up digitali”. La data scelta per la presentazione show, il 4 marzo, non e’ casuale. Un anno fa come oggi l’Italia andava alle urne “ed essere riusciti a fare tutto questo in meno di un anno di governo mi riempie d’orgoglio”, sottolinea davanti all’enorme schermo allestito dove un tempo venivano riparati i treni.

E non è casuale neppure la scelta di Torino, città pentastellata “dove per la prima volta è stata sperimentata la tecnologia 5G – ricorda la sindaca Chiara Appendino – dove stiamo presentando la guida autonoma e in cui per la prima volta in Europa e’ stato fatto uno spettacolo di droni”. In sala c’e’ anche Davide Casaleggio, presidente e fondatore dell’associazione Rousseau; c’e’ Fabrizio Palermo, ad di Cassa Depositi e Prestiti a cui e’ stata affidata la regia del nuovo fondo; e c’e’ il ‘gotha dell’innovazione italiana, tra cui l’ad di Fincantieri Giuseppe Bono e il torinese Marco Gay di Digital Magics, per il quale il Fondo “e’ il modo corretto di rimettersi in linea con l’Europa”. “Questo fondo e’ strategico per il futuro dell’Italia e per aiutare davvero i giovani a restare qui da noi – sostiene Di Maio – Bisogna tenere qui i giovani che abbiamo formato in Italia, bisogna che tutti il sistema faccia lavorare i venture capital italiani e attragga quelli stranieri”. La dotazione prevista per il fondo e’ di un miliardo di euro, con l’obiettivo di farlo diventare due grazie agli sgravi fiscali. “La sfida – insiste il vicepremier e ministro al Lavoro – e’ portare il fondo al centro delle politiche industriali economiche di crescita del Paese”.

Perchè “il tema dell’innovazione tecnologica e degli investimenti sara’ fondamentale nei prossimi anni e tutto quello che porteremo avanti come Mise ruotera’ attorno a questo progetto”, sostiene senza dire una parola sulla Torino-Lione. Il tema al centro del dibattito politico degli ultimi mesi e’ assente alle Ogr: “E’ un progetto di 20 anni fa quando oggi il ministro Di Maio presenta il Fondo nazionale dell’innovazione, cioe’ un miliardo di euro sul futuro del Paese, sull’innovazione e sul digitale”, taglia corto Stefano Buffagni, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Movimento 5 Stelle. L’obiettivo del Fondo e’ ambizioso: generare in cinque anni investimenti per 5 miliardi di euro e raddoppiare in breve tempo gli attuali 50 mila occupati in ambito startup e pmi innovative. I rappresentanti delle associazioni produttive, non invitati alla convention e assenti alle Ogr, storcono pero’ il naso. “E’ davvero singolare che il vicepremier scelga Torino per presentare un nuovo strumento economico che dovrebbe aiutare anche il rilancio del manifatturiero e scelga di farlo escludendo i rappresentanti delle principali associazioni produttive”, osserva Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte. “Un atteggiamento anomalo”, per il presidente dell’Unione Industriale di Torino, Dario Gallina, che si dice “dispiaciuto” del mancato invito. “Abbiamo la sensazione che ci sia un’incapacita’ di fondo di confrontarsi con temi concreti – rincara la dose l’assessora regionale De Santis – e che questo Governo abbia una percezione delle cifre piuttosto scollegata all’effetto che esse possano avere sulla realta’ vera”.

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Economia

Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Record per raccolta del plasma, ma autosufficienza scende al 62%

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La raccolta di plasma ha raggiunto livelli record nel 2023 in Italia, ma paradossalmente l’autosufficienza di questa componente del sangue è più lontana, a causa dell’aumento della domanda di immunoglobuline. E’ quanto è emerso dalla seconda edizione di “The Supply of Plasma-derived Medicinal Products in the Future of Europe”, il convegno internazionale dedicato al plasma, patrocinato dal ministero della Salute e organizzato dal Centro Nazionale Sangue (Cns), che ha visto a confronto esperti e policy maker, associazioni di donatori e di pazienti ed istituzioni italiane, europee ed internazionali. Secondo i dati ancora preliminari diffusi nel corso del convegno, per quanto riguarda le immunoglobuline, prodotto driver del mercato dei medicinali plasmaderivati, l’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente.

L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma, frutto delle generose donazioni di circa 1,5 milioni di donatori, ha raggiunto i livelli più alti di sempre per l’Italia. Ad allontanare il nostro Parse dal traguardo strategico dell’autonomia in materia di plasmaderivati è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, dai circa 104 grammi ogni mille abitanti del 2022 ai 108 del 2023 (+3,8%). Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda.

L’Italia, che è autosufficiente per quel che riguarda la raccolta di globuli rossi, deve quindi ricorrere al mercato internazionale per sopperire alla domanda di plasmaderivati ed integrare i medicinali, usati anche in terapia salvavita, prodotti a partire dal plasma raccolto a partire da donazioni volontarie, anonime e non remunerate. “La mancata autosufficienza di medicinali plasmaderivati resta un problema strategico per il sistema sanitario nazionale – ha commentato il direttore del Cns, Vincenzo de Angelis -. I dati, per quanto ancora preliminari, confermano la necessità di aumentare la raccolta attraverso azioni di sensibilizzazione rivolte ai possibili nuovi donatori, ma questo non basta. Bisognerà anche razionalizzare la domanda, specie di un prodotto come le immunoglobuline che sta trovando sempre più applicazioni a livello terapeutico. È un obiettivo su cui stiamo già lavorando con tanti partner italiani ed europei, perché il Covid ha dimostrato che, in situazioni particolari e spesso imprevedibili, non sempre il mercato internazionale può rispondere alla domanda dei nostri pazienti”.

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Cronache

Auto in fiamme a Napoli, si blocca la zona collinare, traffico in tilt

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Un incendio di vaste proporzione ha creato notevoli problemi alla circolazione della zona collinare di Napoli: un’auto in fiamme in via Bernardo Cavallino per motivi da accertare, ha provocato una nuvola di fumo che ha costretto due squadre di Vigili del Fuoco ad intervenire. Non ci sono feriti, ma gli abitanti del quartiere hanno temuto il peggio. La zona è rimasta bloccata da poco dopo le 8 del mattino ed ancora si sta lavorando per mettere la zona in sicurezza. visto che si tratta di un’arteria importante delal zona collinare della città e densamente abitata

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