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Slittano i soccorsi sul Nanga Parbat, Daniele Nardi e Tom Ballard forse sono sotto una valanga di ghiaccio

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“Secondo me sono stati presi da una valanga” di “blocchi di ghiaccio. Non c’e’ grande speranza, o c’e’ quasi zero speranza, che sia ancora possibile trovarli vivi”. Non si fa illusioni Reinhold Messner. Daniele Nardi e Tom Ballard sono ormai dispersi da domenica sul Nanga Parbat, di cui volevano scalare l’inviolato e terribile sperone Mummery. E intanto slittano i soccorsi. Dopo il forfait del team russo impegnato sul K2, e’ saltato per oggi anche il piano B per portare al campo base una squadra con i droni. Il denaro chiesto dalla compagnia degli elicotteri non poteva arrivare in tempo. Tutto rimandato, almeno a domani mattina. Il problema e’ dato da tre seracchi, giganteschi blocchi di ghiaccio “che stanno sopra lo sperone Mummery, a sinistra e a destra”, ricorda Messner, che sul Nanga Parbat nel 1970 ha perso il fratello Gunther. “In base alle fotografie che ho visto oggi”, Nardi e Ballard, scozzese di casa in Val di Fassa, “sono saliti per un pezzo, poi ritornando giu’ per qualche motivo, forse nel punto piu’ esposto, sono stati presi da blocchi di ghiaccio”.

Travolti sotto una valanga di ghiaccio

Al “99,9 per cento sono stati travolti da una valanga generata dal crollo regolare, costante, di uno dei grandi seracchi che sono posti in cima allo sperone”, gli fa eco Simone Moro, che nel 2016 era nella prima e unica spedizione ad aver raggiunto in invernale gli 8.126 metri del Nanga Parbat. Un pericolo “non calcolabile”, dice Messner. Insomma, spiega: “Chi va sotto rischia la vita. Un alpinista esperto non dovrebbe andare. Nardi ha capito quello che fa. Ballard e’ un grande alpinista, giovane, ma non ha l’esperienza di questo tipo”. E se fossero riusciti a raggiungere il plateau, il ghiacciaio a monte di quel costone alto mille metri, potendo scendere dalla via ‘normale’, la Kinshofer? “Sarebbero gia’ scesi e si sarebbero visti – afferma Moro -, sia nel volo in elicottero sia anche a occhio nudo. Io sono arrivato al campo base dal plateau in mezza giornata, le corde fisse nella parte piu’ verticale ci sono”. “Sicuramente – sostiene Messner – i soccorritori fanno di tutto per trovare una risposta su cosa e’ successo, dove e’ successo”.

Anche i droni per trovare i dispersi

Ma le operazioni di ricerca rallentano. Dopo i sorvoli di ieri, oggi gli elicotteri sono stati fermi. “Askari, la societa’ che gestisce i voli ha dovuto attendere, nonostante da mattina presto ci fosse l’autorizzazione dei militari. La famiglia di Daniele Nardi – scrive su facebook lo staff dell’alpinista – si e’ resa disponibile al pagamento delle somme necessarie, i tempi tecnici di fatto impediscono il trasferimento di ingenti somme in poche ore”. L’Italia, “tramite l’Ambasciatore Stefano Pontecorvo, ha lavorato per cercare di risolvere la situazione cercando di capire le motivazioni di tale ritardo”. Quindi “in accordo con le informazioni forniteci, la partenza degli elicotteri e’ stata fermata dal meteo che e’ peggiorato e l’operazione di recupero” dell’alpinista basco Alex Txikon e del suo team, dal campo base del K2, “si dovra’ effettuare domani mattina”. Le ricerche si concentreranno sullo sperone Mummery, dove video girati dal campo base testimoniano il continuo crollo di seracchi. “D’inverno Nardi l’ha tentato piu’ volte – ricorda Messner -, lui stesso ha scritto che nessuno e’ mai uscito vivo da questo sperone. E purtroppo questa sua frase e’ vera”.

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Ucciso a 5 mesi dal pitbull, procura apre un’inchiesta

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Per il neonato ucciso ieri dal cane di casa, un pitbull, la procura di Vercelli ha aperto un fascicolo per appurare eventuali responsabilità. Il piccolo Michele, 5 mesi, era stato azzannato dall’animale nel tardo pomeriggio, mentre era nel cortile di casa a Palazzolo (Vercelli) con la nonna che lo accudiva, mentre i genitori si erano allontanati come accadeva ogni tanto, per la spesa o per seguire dei lavori di risistemazione di un’altra casa. La nonna ora è in ospedale a Vercelli, per lievi ferite riportate durante l’aggressione avvenuta da parte del cane, ma soprattutto perché sotto shock per l’accaduto.

Il bambino era stato improvvisamente assalito dal cane di proprietà dei genitori: l’animale aveva puntato più volte alla parte posteriore del collo e al cranio. Titolare dell’indagine è il sostituto procuratore Michele Paternò e al momento è stato disposto il sequestro del cane, Nerone, un pitbull di otto anni, per motivi di sicurezza e per verificare un’eventuale indole pericolosa. L’animale ora si trova quindi in un canile della zona. L’inchiesta è indirizzata anche all’accertamento di eventuali negligenze da parte dei proprietari del cane e ieri sera sarebbero stati portati via dall’abitazione dove la coppia viveva con bebè e nonna, altri due cani di proprietà della famiglia.

Erano stati gli stessi genitori, una volta rientrati in casa, a lanciare l’allarme e a portare il figlio in fin di vita verso l’elisoccorso, atterrato nel campo sportivo del paese per un tentativo estremo di salvarlo. Animalisti e associazioni dei consumatori hanno reagito chiedendo nuovamente di regolamentare “con urgenza la detenzione di determinate razze o simil-razze” come sottolinea ad esempio l’Oipa. I casi simili infatti si ripetono, dal bambino di un anno morto a Eboli, ad altre due aggressioni finite senza conseguenze estreme nel Foggiano, ai danni di una bimba e di un’adolescente, di cui era stata data notizia proprio ieri.

Viene inoltre evidenziato dal Codacons come “l’aver eliminato la lista delle 17 razze di cani a rischio introdotta dall’ ex ministro Sirchia ha di fatto cancellato qualsiasi obbligo per i loro proprietari, con conseguenze negative sul fronte della sicurezza”, chiedendo un “patentino per i cani potenzialmente pericolosi”. Dall’Aidaa, che esprime vicinanza alla famiglia, arriva intanto un appello anche per il pitbull: “Annunciamo fin da ora che faremo tutto il possibile per garantire salva la vita di quel cane, che in fondo si è solo comportato come il suo istinto gli ha suggerito”.

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L’ex vigilessa uccisa, il collega rimane in carcere

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Giampiero Gualandi rimane in carcere. Nell’udienza di convalida il 62enne ex comandante della polizia locale di Anzola ha continuato a sostenere che è stato un tragico incidente, che non voleva sparare a Sofia Stefani, la ex collega di 30 anni più giovane di lui con cui aveva avuto una relazione. Ma il Gip Domenico Truppa ha rilevato gravi indizi di colpevolezza nei suoi confronti, evidentemente non ritenendo, almeno per il momento, credibile la sua versione dei fatti e propendendo per un omicidio volontario. “È contestato nel capo di imputazione che la povera Sofia, a cui dobbiamo tutti portare rispetto, non accettava la fine della relazione ed era molto arrabbiata rispetto a questa cosa.

Ha mandato messaggi reiterati”, ha detto ai giornalisti in tribunale l’avvocato Claudio Benenati, difensore dell’indagato. Il legale ha spiegato che giovedì pomeriggio la giovane donna sarebbe piombata all’improvviso al comando di Anzola, dove Gualandi lavora. “Lui non sapeva che lei stesse arrivando”. A quel punto, “tutto è durato tre minuti”, da quando la 33enne è entrata in ufficio alla chiamata ai soccorsi. La ricostruzione difensiva è che tra i due ci sarebbe stata una piccola colluttazione e che dalla pistola di ordinanza di Gualandi, arma che lui aveva in ufficio per pulirla, così da poter fare le esercitazioni al poligono come da programma, è partito uno sparo per sbaglio.

E perché la pistola era carica se doveva pulirla? “E’ uno dei problemi di questa vicenda”, ha ammesso l’avvocato. La responsabilità colposa dell’assistito, ha aggiunto, non è in discussione. Quello che è in discussione è l’intenzionalità. “Facciamo tutti gli accertamenti tecnici, la perizia balistica, ma non diamo per assodato e per certo che qui siamo di fronte ad un omicidio volontario”, ha ripetuto. E quando ha ricevuto la notifica della custodia in carcere per Gualandi, ha annunciato ricorso al tribunale della Libertà. “Siamo di fronte – dice invece l’avvocato Andrea Speranzoni, per conto dei genitori della vittima – a un grave caso di omicidio che ha portato via ai suoi cari e a tutta la comunità una giovane vita che guardava al mondo con fiducia e speranza e che ha trovato la morte in un luogo che per sua natura dovrebbe essere sicuro. Ora i familiari sono distrutti ma anche consapevoli della necessità di andare fino in fondo nel raggiungimento di verità e giustizia”.

Appreso l’esito dell’udienza di convalida, “esprimo piena fiducia nel lavoro degli inquirenti e ritengo che l’odierno accoglimento della domanda cautelare confermi e rafforzi l’ipotesi accusatoria di omicidio volontario aggravato formulata dalla Procura della Repubblica di Bologna”. Le indagini preliminari ora continueranno “e i genitori della vittima desiderano far sapere mio tramite che perseguiranno con determinazione il percorso di giustizia che Sofia merita”, chiude il legale.

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Ricerca sull’Intelligenza artificiale: il 65 per cento degli studenti italiani la usa per fare i compiti

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L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando ogni settore, compreso quello dell’istruzione. Secondo una ricerca condotta da Tgm Research per conto di NoPlagio su un campione di mille persone, il 71% dei ragazzi dai 16 ai 18 anni usa l’intelligenza artificiale per cercare informazioni il 60% per fare i compiti, il 33% per imparare, il 18% per rispondere ai test, il 21% la usa come assistente personale (per scrivere e mail per esempio), il 13% per scrivere saggi. “Non intendiamo demonizzare l’uso dell’intelligenza artificiale – ha spiegato Chorst Klaus, uno dei fondatori della startup Noplagio.it -, ma promuoverne l’uso consapevole per contrastare l’ignoranza che potrebbe colpire i nostri ragazzi. Gli stessi insegnanti dovrebbero essere i primi ad approfondire la materia per guidare i ragazzi verso un utilizzo corretto dell’intelligenza artificiale. Dalla ricerca emerge chiara la preoccupazione dei ragazzi dell’uso che si può fare dell’IA e la necessità che i governi intervengano nella gestione corretta di questo strumento”.

Rispondendo alla domanda “Hai mai utilizzato ChatGpt o strumenti di intelligenza artificiale simili per completare i compiti”, su coloro che hanno risposto sì all’uso in generale dell’intelligenza artificiale, il 79% dei ragazzi ha risposto che li usa per fare i compiti e scrivere saggi. I sedicenni sono più attivi dei diciottenni con un +3%. Se guardiamo la distribuzione geografica troviamo il 60% dei ragazzi appartiene alle città di Napoli e Torino seguite da Milano con il 56% e Roma con il 53%. I ragazzi sono entusiasti di usare l’intelligenza artificiale tanto che il 68% di loro intende continuare in futuro ad utilizzarla.

I ragazzi sono quelli più propensi a farlo con il 71% contro il 65% delle ragazze. Sicuramente in questo caso i sedicenni sono stati meno propositivi nell’uso futuro dei diciottenni: il 63% contro il 71%. Il 31% delle persone intervistate pensa che l’intelligenza artificiale possa essere uno strumento utile nella vita quotidiana, ma c’è un buon 64% di ragazzi che si dice essere preoccupato dell’uso illimitato che se ne possa fare sia a scuola che a lavoro. Solo il 4% ha paura di questa scoperta. Il sesso femminile spicca il volo su questo aspetto con una percentuale del 70%.

Alla domanda pensi che i contenuti prodotti da ChatGpt possano portare al rischio di opinioni non inclusive e prevenute. Il 48% pensa che l’utente potrebbe raggirare questo rischio. Il 32% risponde positivamente dichiarando che i contenuti prodotti dagli algoritmi seguono un pregiudizio rispetto ai contenuti mainstream su Internet. Il 19% ammette di non saperlo. Il 54% risponde che l’utente dovrebbe fare attenzione e non fare affidamento sui contenuti prodotti da ChatGpt. Il 25% ammette l’affidabilità dello strumento.

Il 18% indica una risposta netta, che non bisognerebbe mai fidarsi. Il 57% dei ragazzi ha risposto di non credere che l’intelligenza artificiale possa arrivare a imporre i suoi algoritmi influenzando l’opinione pubblica, contro il 21% che crede spaventosamente reale questo rischio, seguito da un altro 20% convinto che si possa evitare di essere soggiogati, se i governi intervengono con delle apposite politiche di controllo e restrizioni.

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte dei ragazzi per compiti scolastici e la scrittura di saggi è molto diffuso in Germania, Spagna e Italia. Nonostante ci siano leggere variazioni tra i tre paesi, con il 63% dei ragazzi in Germania, l’70% in Spagna e il 65% in Italia che utilizzano l’intelligenza artificiale per questi scopi, si può notare una tendenza comune verso l’adozione di questa tecnologia nell’ambito dell’istruzione. In particolare, la Spagna si distingue per avere la percentuale più alta di utilizzo dell’intelligenza artificiale in questi contesti rispetto agli altri due paesi.

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