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Contatti Meloni-con von der Leyen, con Usa nodi gas-Nato

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I contatti con Ursula von der Leyen ci sono stati nei giorni scorsi e non mancheranno alla vigilia della missione di Giorgia Meloni a Washington, come confermano dalla Commissione europea. Perché il dossier dazi resta in cima all’agenda dell’incontro di giovedì nello Studio Ovale. Davanti a Donald Trump, la premier non conta di avere “trattamenti particolari” ma “sicuramente, per quello che le sarà possibile, può fare da facilitatore” nella trattativa Usa-Ue sulle tariffe commerciali, per dirla con il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti.

E quasi a definire i paletti di questa postura, interviene Matteo Salvini, secondo cui Meloni “dovrà avere la linea del buon senso, quello che il governo italiano ha sempre tenuto, non inseguendo gli ultrà di Parigi o Bruxelles che parlano di bazooka, contro-dazi e guerre commerciali”. E l’ipotesi di Mario Draghi come mediatore non è nemmeno da considerare per il leader della Lega: “Abbiamo già dato”. In attesa di ufficializzare la visita del capo del governo italiano, la Casa Bianca ha già fatto sapere che nel Giovedì Santo Trump parteciperà a una messa, preceduta la sera prima da una cena pasquale. Quella sera stessa è attesa nella capitale americana Meloni, che da giorni prepara il bilaterale con la convinzione che si stiano creando le condizioni per sfruttare i 90 giorni della sospensione dei dazi per arrivare a un accordo su un mercato transatlantico libero.

Nell’agenda dell’incontro dovrebbero rientrare anche le crisi in Ucraina (il governo sta pensando all’undicesimo pacchetto di aiuti militari a Kiev, come anticipa il Messaggero) e in Medio Oriente. E sono diverse poi le questioni aperte fra Roma e Washington che possono intrecciarsi con la partita sui dazi, tra cui l’aumento delle spese militari in chiave Nato, gli investimenti reciproci nei due Paesi, l’acquisto di gas americano e i rapporti con la Cina. In particolare va capito in quale entità l’Italia può acquistare gas naturale liquefatto e armi dagli Stati Uniti, assecondando la strategia che sta prendendo corpo in sede Ue per scongiurare una guerra commerciale. Sul dossier Nato, spiegano fonti di governo, è in corso una ricognizione tecnica per individuare nuovi capitoli di spesa che si possono includere per arrivare alla quota del 2% rispetto al Pil, ad esempio la cybersicurezza.

I calcoli dovrebbero concludersi a breve, ma per raggiungere il risultato non è escluso che servano ulteriori stanziamenti. “Sono assolutamente d’accordo ad aumentare gli investimenti per difendere l’Italia e gli italiani, anche più del 2%”, apre Salvini. E di certo chiede più sforzi il ministro della Difesa Guido Crosetto: “Al momento – dice a La Stampa – non abbiamo né risorse né scorte né investimenti per garantire la difesa dell’Italia nei prossimi anni come dovremmo. E quindi serve un’accelerazione”.

Il tema Nato è stato affrontato da Meloni anche nell’incontro con il primo ministro della Norvegia Jonas Gahr Store, che rivendica di aver già superato il 3%, e concorda con la premier italiana sul fatto che “come ci difendiamo e da cosa ci difendiamo debbano essere il punto di partenza, non solo cifre e percentuali”. Intanto il Pd di Elly Schlein, incontrando i rappresentanti di agricoltura, cooperative, artigiani e Pmi ha proseguito gli incontri con le categorie produttive per elaborare proposte contro i dazi. Fra le ricette dem, “rilanciare la domanda aumentando i salari e approvando finalmente un salario minimo” e una battaglia in Ue “per avere investimenti comuni, un grande piano industriale per anticipare gli effetti devastanti di questi dazi sulle imprese, i lavoratori e le famiglie”. Giuseppe Conte si augura che il confronto Meloni-Trump “risulti proficuo”.

“Confido – ha spiegato il leader del M5s dopo aver incontrato il segretario della Cgil Maurizio Landini -, nell’interesse nazionale ed europeo, che Meloni in questo passaggio possa portare buone notizie da parte di Trump. Ma è chiaro che l’aumento delle nostre commesse militari a favore dell’industria americana o del nostro acquisto di gas americano non può essere considerato una buona notizia.

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L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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Addio a Giancarlo Gentilini, lo “Sceriffo” di Treviso simbolo della Lega Nord

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È morto a 95 anni Giancarlo Gentilini (foto Imagoeconomica in evidenza), storico sindaco e vicesindaco di Treviso, conosciuto come “lo Sceriffo” per la sua spilla simbolo di ordine, disciplina e rispetto delle leggi. Figura centrale della Lega Nord, è stato per vent’anni un riferimento assoluto per la città e per il movimento federalista e nordista. Gentilini si è spento ieri all’ospedale di Treviso, dopo un improvviso malore. Aveva appena trascorso le festività pasquali con familiari e amici.

Dal 1994 un’era politica fuori dagli schemi

Eletto per la prima volta nel 1994, in piena frattura con la Prima Repubblica, Gentilini ha rappresentato il primo grande esperimento amministrativo della Lega Nord in Veneto. La sua leadership ha ispirato generazioni di sindaci padani. Rimasto in carica fino al 2013, ha saputo imprimere un’impronta personale, carismatica e controversa al governo della città, definendosi “al servizio del mio popolo”.

Una vita di provocazioni e polemiche

Uomo fuori dagli schemi, Gentilini è stato amato e odiato. Amatissimo dal suo elettorato, detestato dalle opposizioni per uscite spesso offensive: frasi contro immigrati, rom, comunità omosessuale, disegni di teschi agli incroci pericolosi e panchine rimosse per evitare che vi si sedessero stranieri. La sua comunicazione era brutale, talvolta al limite del razzismo, ma efficace. Una figura che ha spesso messo in difficoltà anche la sua stessa Lega, incapace di contenerne la dirompenza.

L’ultimo capitolo di una vita sorprendente

Nel 2017 ha perso la moglie, e l’anno successivo, a 89 anni, si è risposato. Un uomo che non ha mai smesso di sorprendere, nel bene e nel male. Sempre fedele alla sua immagine, sempre diretto, spesso divisivo, ma instancabile e coerente con il proprio sentire.

Il cordoglio delle istituzioni

Tra i primi a ricordarlo, Luca Zaia, presidente del Veneto: «È stato un grande amministratore, ha saputo intercettare i sentimenti del popolo. Ha fatto la storia di Treviso e del Veneto». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ha parlato di «dedizione totale alla città». Il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha espresso il dolore dell’intera comunità: «Il nostro Leone è andato avanti. Ha scritto la storia».

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Industriali bocciano il dl bollette, irritazione Palazzo Chigi

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“Forte preoccupazione e contrarietà per l’assenza di misure concrete a sostegno del cuore produttivo del Paese”. Confindustria è dura commentando il varo del Decreto Bollette e avverte: “Si è persa un’altra occasione”, sul fronte dei costi dell’energia “è una situazione insostenibile per le imprese italiane. Occorre agire con urgenza”. Altrettanto netta è “l’irritazione” della presidenza del Consiglio per le dichiarazioni degli industriali: “Il provvedimento – rilevano fonti di Palazzo Chigi – era stato “ampiamente discusso” con tutte le associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria, “stupisce quindi che l’associazione degli industriali abbia manifestato la sua contrarietà solo dopo l’approvazione definitiva da parte del Senato”. La stessa premier Giorgia Meloni, sui social, prima della nota di Confindustria, commentato l’approvazione definitiva del provvedimento mercoledì sera in Senato aveva sottolineato come “il governo mette in campo misure concrete per sostenere famiglie e imprese di fronte al caro energia. Lo facciamo attraverso un investimento di circa 3 miliardi, destinato ad alleggerire le bollette, promuovere l’efficienza energetica, tutelare i più vulnerabili e chi produce”.

“Non ci fermeremo qui”, ha sottolineato la presidente del Consiglio: “Continueremo a lavorare con serietà e determinazione per contrastare il caro energia e aiutare chi ha bisogno”. Si accende anche lo scontro politico: “Se Meloni non ha tempo di girare e ascoltare il Paese, legga bene cosa pensano le aziende di questo suo decretino bollette dopo 25 mesi di crollo della produzione e aumenti vertiginosi dell’energia”, attacca il leader M5s Giuseppe Conte: “È davvero surreale leggere che una Presidente del Consiglio esulti per un misero e tardivo decreto-bollette”, “un provvedimento che lascia soli milioni di italiani e tantissime imprese”. Quanto al confronto con le parti sociali, “Confindustria – sottolineano gli industriali – aveva avanzato proposte di modifica a costo zero, finalizzate ad avviare un primo, reale e strutturale alleggerimento del peso delle bollette energetiche per le imprese. Tuttavia tra emendamenti dichiarati inammissibili, inviti al ritiro e l’assenza di pareri da parte dei ministeri competenti, si è persa un’altra occasione utile per intervenire in maniera efficace”.

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