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Il Pd chiude il ciclo De Luca: “Confronto con tutti, trattative con nessuno”

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La linea è tracciata, e per la prima volta è netta. Nessun compromesso, nessun tavolo separato con Vincenzo De Luca. «Confronto con tutti, ma non si tratta con nessuno», è la sintesi secca dettata da Igor Taruffi, responsabile dell’organizzazione del Partito Democratico, che ha sancito – senza giri di parole – la chiusura di una stagione politica lunga trent’anni. È la fine di un’era, quella deluchiana, stoppata definitivamente dal pronunciamento della Consulta che ha escluso il terzo mandato.

IL NAZARENO CAMBIA PASSO

La fermezza espressa da Taruffi e dall’altro emissario dem Davide Baruffi, inviati a Napoli per ascoltare e mediare, segna un cambio di rotta. In passato tutti i segretari del Pd, anche i più ostili, erano stati costretti a sedersi al tavolo con De Luca. Stavolta no. Le porte restano chiuse, in un clima che molti hanno definito da “fine impero”.

Nella sede regionale di via Santa Brigida il clima è denso. Tra gli eletti e i dirigenti locali, oltre al deputato Piero De Luca, si presenta anche Nello Mastursi, capo dello staff del governatore, non invitato ma presente. Una presenza che alimenta tensioni e malumori. «Rinforzo non richiesto», commentano velenosamente alcuni presenti.

TENSIONE, IRONIA E UN CAMPO LARGO

La riunione a porte chiuse dura oltre tre ore. Fuori, nessuno vuole parlare. Dentro, invece, i toni sono alti, soprattutto quando Sandro Ruotolo parla di “fine del deluchismo” e invoca una “discontinuità necessaria”. Piero De Luca replica duramente: «Mancano i rapporti civili». E rilancia, difendendo l’operato del padre: «Ha buttato il sangue per la Campania. O si riparte da questi dieci anni o si dice chiaramente di no».

Ma è sempre Taruffi a chiudere la partita: «Quando si chiude una stagione ci sono cose da valorizzare e altre da innovare». È l’ammissione che si cambia pagina. Non senza riconoscimenti, ma senza concessioni.

L’ALLEANZA CON I 5 STELLE E IL RUOLO DI MANFREDI

L’obiettivo è ora costruire il Campo largo, anche con il Movimento 5 Stelle. L’interlocuzione con Paola Taverna è costante. Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, lavora a una lista civica moderata che funga da cerniera. Resta aperta la partita sui nomi: il governatore guarda con sospetto alla candidatura di Roberto Fico, gradirebbe di più Sergio Costa.

L’ADDIO DI UNA STAGIONE

Elly Schlein incontrerà De Luca? «Vedremo», taglia corto Taruffi. Anche perché lo scorso gennaio, il governatore non ha nemmeno risposto al telefono. Intanto, i segnali di abbandono si moltiplicano. Qualcuno parla già del Titanic, con i passeggeri in fuga. Intanto il commissario Antonio Misiani insiste nel cercare un filo con il presidente uscente, evocando «il riconoscimento dei dieci anni passati». Ma il vento è cambiato.

 

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Giorgetti ai lavori del Fmi, vede le agenzie di rating

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Gli incontri con i funzionari italiani del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale e quelli con le agenzie di rating. Il ministro dell’economia è sbarcato a Washington per le riunioni del Fmi, durante le quali partecipa al G7 finanziario e vede il segretario al Tesoro americano Scott Bessent. Gli incontri avuti con tre delle agenzie di rating sono stati positivi, hanno riferito alcune fonti del ministero sottolineando che la situazione dell’Italia è giudicata buona e il ministro si è detto soddisfatto di questa prima fase di appuntamenti. Probabilmente il giudizio dell’Italia sarebbe stato più positivo se non ci fosse questo momento di incertezza, hanno aggiunto le stesse fonti.

Giorgetti sarà a Washington fino a venerdì e fra i vari appuntamenti in calendario c’è quello di domani con Bessent. Intervenendo all’Institute of International Finance, il segretario al Tesoro ha citato le raccomandazioni di Mario Draghi “per rimettere l’economia sulla strada giusta” e invitato i paesi europei a “prenderle sul serio”. Bessent ha quindi assicurato il sostegno degli Stati Uniti al Fmi e alla Banca Mondiale e ha chiesto riforme per le due istituzioni di Bretton Woods affinché tornino alle loro missioni originarie, segnalando di fatto la volontà degli States – nella loro condizione di maggiore azionista – di cambiarle. “America First non significa America Alone.

Al contrario, è un invito a una più profonda collaborazione e al rispetto reciproco tra i partner commerciali”, ha spiegato Bessent. “Lungi dal fare un passo indietro, America First cerca di espandere la leadership degli Stati Uniti in istituzioni internazionali come il Fmi e la Banca Mondiale”, ha aggiunto il segretario al Tesoro rimproverando al Fondo un “ampliamento della sua missione”. L’istituto “un tempo era irremovibile nella sua missione di promuovere la cooperazione monetaria globale e la stabilità finanziaria. Ora dedica tempo e risorse sproporzionate al lavoro sui cambiamenti climatici, sul genere e sulle questioni sociali”, ha notato. Simili le critiche alla Banca Mondiale.

“Non dovrebbe più aspettarsi assegni in bianco per un marketing insipido e incentrato su slogan, accompagnato da impegni di riforma poco convinti”, ha aggiunto Bessent precisando che “il Fmi e la Banca Mondiale hanno un ruolo critico nel sistema internazionale. E l’amministrazione Trump vuole lavorare con loro, a patto che rimangano fedeli alla loro missione”, ha spiegato il segretario al Tesoro Scott Bessent. Nello “status quo non sono all’altezza”, ha osservato. La scossa di Besset alle due organizzazioni internazionali è arrivata nel giorno in cui il Fondo ha messo in guardia sul deterioramento dei conti pubblici globali in un contesto di rallentamento dell’economia a causa dei dazi.

Il debito pubblico salirà quest’anno sopra il 95% e, nello scenario peggio, potrebbe schizzare nel 2027 al 117% del Pil, il livello più alto dalla seconda guerra mondiale. Ai paesi europei impegnati ad aumentare le spese per la difesa il Fondo ha detto: servono piani credibili per finanziare gradualmente una maggiore spesa in modo da evitare che emergano delle “vulnerabilità”.

“Per i paesi che si trovano ad affrontare nuove esigenze di spesa, per esempio nell’ambito della difesa, è essenziale dimostrare un forte impegno per la sostenibilità a la prudenza di bilancio, garantendo allo stesso tempo la trasparenza”, ha osservato il Fondo invitando ad accompagnare qualsiasi aumento permanente delle spese fiscali per gli investimenti e la difesa con una maggiore “efficienza della spesa, una migliore pianificazione di bilancio pluriennale e da previsioni macroeconomiche migliorate per garantire valutazioni realistiche del loro impatto sulla crescita economica”.

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Movimenti e Anpi preparano le piazze del 25 aprile

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Roma, Milano, Napoli, Firenze, Bologna. Sono solo alcune delle città in cui il 25 aprile i movimenti antifascisti scenderanno in piazza per celebrare la liberazione, mentre ancora non si placa la polemica per il lutto nazionale proclamato dal governo fino al giorno successivo. Una giornata alla quale tiene molto anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha confermato la sua partecipazione a Genova. Le divergenze di approccio alla Festa della Liberazione permangono tutte alla vigilia della ricorrenza.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, non usa mezzi termini per stigmatizzare l’invito del governo alla sobrietà nelle manifestazioni: “Il 25 aprile non è che beviamo e quindi dobbiamo essere sobri. E’ una giornata di mobilitazione e di lotta”. Parole criticate duramente dal centrodestra: “Nostalgico, sbaglia ad alimentare tensioni”, puntano il dito da Forza Italia. E la Lega, con il vicesegretario Andrea Crippa, non è più morbida: “Non hanno senso le polemiche della sinistra sulla sobrietà, visto che il 25 aprile sarà un giorno di lutto nazionale. Organizzare le piazze è giusto, speriamo che non siano piazze violente verbalmente o fisicamente”.

L’Anpi, l’associazione nazionale partigiani, è già impegnata attivamente ad organizzare numerosissime iniziative” per “l’ottantesimo anniversario della Liberazione, un appuntamento di straordinaria rilevanza”. E le adesioni fioccano, talvolta spinte proprio dal malcontento per la postura dell’esecutivo. “Nelle ultime manifestazioni organizzate dalla sinistra si sono distinti soggetti che di sobrietà, pace e dell’educazione non hanno fatto un punto a loro favore”, punge ancora Crippa. Il leader forzista, Antonio Tajani, cerca di smorzare: il ministro Musumeci “ha parlato di un tema generico…non ha detto sobrietà per il 25 aprile. Non c’è da fare nessuna polemica”. A Bologna la festa più popolare è in programma come ogni anno in via del Pratello, un’iniziativa che come al solito sarà molto partecipata. A Roma “per il 25 aprile abbiamo dei programmi di celebrazione, che non so se possano essere definiti sobri…saranno corretti per una celebrazione importante”, fa sapere il sindaco di Roma Roberto Gualtieri.

“Per come lo abbiamo conosciuto, credo che persino papa Francesco sarebbe in imbarazzo ad immaginare un 25 aprile in sordina. Per la libertà e la democrazia vale sempre la pena celebrare al meglio possibile”, gli fa eco il collega di Rimini Jamil Sadegholvaad. Di parere opposto il primo cittadino di Benevento, Clemente Mastella: “Quando la sinistra fa così mi fa molto incazzare, sobrietà non vuol dire non andare alle cerimonie, Fratoianni e gli altri fanno confusione da questo punto di vista, e questo mi dispiace molto. Se nel centrosinistra non cresce l’area di centro non vincerà mai più le elezioni”. In Avs Angelo Bonelli tiene il punto: “Non si tratta di un happy hour, ma della commemorazione della liberazione dell’Italia dalla dominazione nazifascista, che ci ha restituito la democrazia. Una dominazione che ha causato l’assassinio di tanti italiani”. Musumeci “ha usato una parola sbagliata, sbagliata quella e la polemica che segue. Il 25 aprile si festeggia e lo si fa in forme sempre state sobrie, non è che uno va a ballare”, sottolinea da Azione Carlo Calenda. Il M5s si tiene distante dalle polemiche, ma Giuseppe Conte sarà in prima linea a festeggiare la liberazione, venerdì mattina alle Fosse Ardeatine. Quanto a Elly Schlein, sarà a Milano. Intanto, domani sono previsti eventi istituzionali alla Camera e al Senato.

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L’omaggio al Papa divide il Parlamento,accuse di Pd e 5s

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L’applauso bipartisan più convinto è per Matteo Renzi, che cita Fabrizio De André: “Nel vedere quest’uomo che muore, madre io provo dolore, madre ho imparato l’amore”. Per il resto, anche la commemorazione di Papa Francesco in Parlamento è l’occasione per misurare le fratture della politica. Con Giorgia Meloni che si mette la mano sul volto alla fine del discorso di Elly Schlein, secondo cui il Pontefice morto “non merita l’ipocrisia” di chi “deporta i migranti”.

“Ipocrisia” è la parola che usa anche Giuseppe Conte, per liquidare “i vaniloqui” di chi “ignorava i suoi moniti contro le parole di odio e la logica della guerra”. Insegnamenti e gratitudine sono invece i concetti ricorrenti nel discorso della premier, un concentrato di ricordi personali e momenti pubblici vissuti al fianco di Bergoglio, un papa che “ha rotto gli schemi” ed è “entrato nel cuore delle persone”. Senatori e deputati sono riuniti a Montecitorio, in un momento solenne, un’ora e mezza incastrata fra il voto di fiducia sul decreto bollette e la discussione sul decreto P.a. In Transatlantico non tutti rispettano la sobrietà richiesta nei cinque giorni di lutto nazionale.

“Manchi solo tu al conclave”, il messaggio che accompagna il selfie inviato a un collega assente da tre parlamentari divertiti. Poi tutti in Aula. Il presidente della Camera Lorenzo Fontana definisce Papa Francesco “pastore tra la gente”, rimarcando il “vuoto profondo” che lascia “per i cattolici e l’intera comunità internazionale”. “Lo abbiamo amato e ammirato per l’instancabile forza ed energia con cui si è battuto per la giustizia, la pace e la fraternità tra i popoli e le nazioni”, sottolinea il presidente del Senato Ignazio La Russa, prima del minuto di silenzio che evolve in una standing ovation con applauso prolungato.

Negli interventi dei gruppi parlamentari si misurano le prime distanze. I dem applaudono sia Galeazzo Bignami (FdI), che ricorda come “il Papa non è di una parte, non segue schemi politici”, e Francesco “si è sempre rivolto al suo popolo, senza sottrarsi al confronto con chi aveva opinioni diverse”; sia Simonetta Matone (Lega), per cui è “difficilissimo tracciare un ricordo” di questo pontefice, “spiazzante, imprevedibile, lontano dai partiti più di ogni altro del passato, ma politico, continuo pungolo dei partiti”. Dal Pd niente applausi invece a Maurizio Gasparri (FI), che stigmatizza “le tante ipocrisie di chi lo cita sempre e non ha mai seguito il percorso della fede”.

Una risposta diretta ai discorsi scanditi poco prima da Schlein e Conte. Quello della segretaria del Pd è l’intervento più politico. Il Papa, dice, “non merita l’ipocrisia di chi non ha mai dato ascolto ai suoi appelli ed oggi cerca di seppellire nella retorica il suo potente messaggio, di chi deporta i migranti, toglie i soldi ai poveri, nega l’emergenza climatica e nega le cure a chi non se le può permettere”. Immobili i parlamentari sui banchi del centrodestra, da cui invece parte qualche debole applauso per il leader M5s. Conte ricorda il “coraggio” di Bergoglio su Gaza, ma anche i mesi della pandemia e “il suo messaggio dirompente: ‘Nessuno si salva da solo'”.

Il finale è per Meloni. In piedi fra i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, parte dai ricordi personali, di “un grande uomo e un grande pontefice”, che “sapeva essere determinato, ma quando parlavi con lui non esistevano barriere”. Il consiglio “più assiduo”, nonché “l’ultimo”, è stato “non perda mai il senso dell’umorismo”, racconta la premier, ribadendo la “gratitudine, mia, del governo e dell’Italia” per la storica partecipazione del Papa al G7. In quell’occasione, ricorda, disse che “la politica serve” ed è grande “in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi, pensando al bene comune a lungo termine'”.

“La diplomazia è un esercizio di umiltà”, un altro degli insegnamenti stampati nella memoria di Meloni, che assicura di vivere come “monito alla responsabilità” i gli appelli di Francesco alla pace, lanciati “anche quando sapeva che alcuni avrebbero potuto non capire, o travisare e strumentalizzare”. La sfida, è la sua conclusione, “è essere all’altezza” delle lezioni di Bergoglio, con la convinzione che “continuerà a sorriderci e a guidarci”.

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