Un’intervista toccante al cuore, quella di Anna Gaetano al “Corriere della Sera”: ricordi familiari, aneddoti teneri e malinconici, momenti vissuti insieme e il dolore incancellabile per una perdita troppo precoce.
«Me lo immagino che mi viene incontro ridendo e ce ne andiamo a mangiare la granita a Monte Mario». Così Anna Gaetano, 80 anni, unica sorella del cantautore Rino, racconta il fratello scomparso il 2 giugno 1981 in un tragico incidente sulla Nomentana, a soli 30 anni. In un’intervista al Corriere della Sera, Anna riporta alla luce la quotidianità di un artista tanto amato quanto rimasto nel cuore degli italiani come un amico di tutti.
Un’infanzia difficile e piena d’amore
Rino, battezzato Salvatore Antonio, era per Anna “Salvatorino”, nome presto rimpiazzato da “Rino” per praticità. L’infanzia fu dura: «Erano tempi magri, c’era la fame. Per fortuna nostro padre lavorava al forno e ogni giorno ci portava il pane caldo». In casa non c’era latte, ma il pane con zucchero e olio era già una festa. Papà era cardiopatico, lavorava nonostante la salute fragile. Rino soffriva molto per le sue condizioni.
Le galline per papà e il riccio scappato
Nel 1979, Rino acquistò una villa a Mentana per viverci con i genitori. Voleva metterci galline per avere uova fresche per papà. Una notte, racconta Anna, catturò un riccio per tenerlo nel pollaio. Il giorno dopo era già fuggito, scavando sotto la grata.
Sanremo, le canzoni e quella parola “sesso”
Il giorno più bello per Anna fu dopo Sanremo 1978, quando Rino arrivò terzo con Gianna. «Ci siamo visti in un ristorante a Trastevere e abbiamo bevuto la grappa Nardini, che gli piaceva tanto». Gianna doveva in realtà chiamarsi Anna, ma “suonava male”. Fu la prima canzone a pronunciare la parola “sesso” al Festival, rompendo un tabù. Rino fu censurato anche in altri brani, ma dal vivo “ce la metteva tutta”.
Una carriera fuori dagli schemi
Aveva studiato ragioneria e un posto alla Banca d’Italia era pronto per lui. «Se non ho successo con la musica, ci vado», aveva promesso. Ma Rino era destinato a un’altra strada. Giacche sì, cravatta mai. Durante l’ultimo tour, indossava magliette da pigiama in ciniglia: era comodo così.
Gli amici, l’anima calabrese, il cuore grande
Venditti, De Gregori, Cocciante, Renato Zero, Mia Martini: tutti lo stimavano. Era generoso, aiutava amici in difficoltà, anche economicamente. Amava la cucina calabrese, i peperoni fritti, i calamari ripieni cucinati dalla zia a Crotone. Anna lo descrive come altruista, sincero, sempre sorridente. E romanista sfegatato, nonostante alcune dicerie lo volessero laziale.
Il tragico incidente
«Quella mattina mamma mi disse che Rino si era rotto braccio e gamba. Pensai: “Menomale”. Poi capii che era grave. Quando arrivai in ospedale, alle 6 del mattino, Rino non c’era più». A darle conforto arrivarono amici veri, come Lucio Dalla. Quel giorno cambiò tutto.
Un fratello indimenticabile
Rino le pagava la babysitter per poter uscire con lei. Le lasciava i soldi per la pensione del cane quando doveva accompagnarlo in ospedale. «Era l’essere umano più umano che esiste», dice oggi Anna, che lo sogna spesso. «Nel 2013, quando mi sono operata per un cancro, mi ha detto: “Anna, non avere paura”».