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Politica

Mattarella in Giappone, focus su dazi e Trump

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La nuova America di Trump, la crisi dei rapporti transatlantici, la minaccia dei dazi, il rilancio delle relazioni economiche e un bel po’ di geopolitica. Ecco il menù della visita di Stato che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, compirà da lunedì a domenica 9 marzo in Giappone. Giappone e Italia, così lontani geograficamente, sono però due Paesi incredibilmente vicini come struttura economica.

E quindi ugualmente preoccupati dalle misure doganali annunciate dall’amministrazione Trump. Sono entrambi due importanti Paesi industriali, il terzo e l’ottavo nel mondo per Pil uninominale, hanno ottime relazioni commerciali e sono alle prese con un allarmante invecchiamento della popolazione. In questo imprevedibile contesto, aggravato dal repentino riavvicinamento dell’amministrazione Trump alla Russia di Putin, si svolgerà la visita del presidente della Repubblica in Giappone. Si tratta di una visita complessa, organizzata sui ritmi e le procedure imperiali giapponesi, da tempo programmata e più volte slittata per incastri di agende.

Un viaggio atteso in Giappone dove per ricordare la missione di un presidente della Repubblica bisogna guardare al lontano settembre 2009 quando Giorgio Napolitano incontrò l’imperatore Akihito. Mattarella invece sarà ricevuto il 4 marzo dal figlio maggiore, l’imperatore Naruhito succeduto al padre in quella che è la monarchia ereditaria più antica al mondo. Si “colma una lacuna”, spiegano in effetti al Quirinale dove si sottolineano i tanti rapporti governativi e l’accelerazione realizzatasi tra Roma e Tokyo negli ultimi due anni. Una crescita di rapporti politici che ha portato anche ad un aumento delle relazioni commerciali tra due Paesi che hanno visioni molto simili su tutti i dossier internazionali. Visioni simili ed oggi anche preoccupazioni simili: l’incubo dei dazi americani dominerà infatti i colloqui politici con il premier Shigeru Ishiba. Non è solo l’Unione europea ad essere impegnata a studiare risposte e strategie per fronteggiare le misure protezioniste americane.

Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Giappone sono tornate al centro del dibattito dopo che il ministro degli Esteri giapponese, Takeshi Iwaya, ha chiesto direttamente al suo omologo americano, Marco Rubio, di esentare il Giappone dai nuovi dazi su acciaio e alluminio. Se gli annunci di Washington divenissero realtà il Giappone si troverebbe nella stessa situazione dell’Italia: aliquote al 25% su acciaio, alluminio ed auto. Il Giappone resta un partner essenziale per gli Stati Uniti in quanto maggiore investitore estero nel Paese, con 783 miliardi di dollari in investimenti esteri diretti nel 2023 con un surplus commerciale di circa 68 miliardi di dollari nel 2024. Ecco perché non è esagerato parlare di “incubo” tariffario. Le analogie tra i due Paesi che il presidente Mattarella si troverà a dover constatare proseguono anche nella storica relazione speciale che hanno con gli Usa. Tokyo e Roma, pur nella lontananza dei due emisferi, rappresentano per Washington due pilastri fondamentali. Naturalmente il Giappone ha più libertà di movimento politico ed infatti ha avviato una serrata azione diplomatica bilaterale per frenare i dazi offrendo una maggiore cooperazione militare in un settore cruciale per gli Usa come quello dell’indo-pacifico.

L’obiettivo di Tokyo di queste settimane è, non solo affrontare la questione tariffaria, ma anche rinsaldare la partnership strategica con Trump in un momento di forte turbolenza internazionale, in particolare con l’Asia orientale sotto pressione per la rivalità tra Usa e Cina. Nell’ambito della Difesa si parlerà anche della collaborazione per la realizzazione di un Caccia di sesta generazione per il quale è già in piedi un progetto comune tra Gran Bretagna, Giappone ed Italia. Infine sarà di alto valore simbolico la tappa finale del presidente a Hiroshima dove incontrerà anche alcuni “hibakusha”, cioè i sopravvissuti alla bomba nucleare americana del 1945. Un incontro ad alto impatto emotivo che purtroppo si collega alle dinamiche politiche di questi mesi in Ucraina nei confronti della quale la Russia ha più volte evocato l’uso della bomba ad idrogeno.

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L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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Addio a Giancarlo Gentilini, lo “Sceriffo” di Treviso simbolo della Lega Nord

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È morto a 95 anni Giancarlo Gentilini (foto Imagoeconomica in evidenza), storico sindaco e vicesindaco di Treviso, conosciuto come “lo Sceriffo” per la sua spilla simbolo di ordine, disciplina e rispetto delle leggi. Figura centrale della Lega Nord, è stato per vent’anni un riferimento assoluto per la città e per il movimento federalista e nordista. Gentilini si è spento ieri all’ospedale di Treviso, dopo un improvviso malore. Aveva appena trascorso le festività pasquali con familiari e amici.

Dal 1994 un’era politica fuori dagli schemi

Eletto per la prima volta nel 1994, in piena frattura con la Prima Repubblica, Gentilini ha rappresentato il primo grande esperimento amministrativo della Lega Nord in Veneto. La sua leadership ha ispirato generazioni di sindaci padani. Rimasto in carica fino al 2013, ha saputo imprimere un’impronta personale, carismatica e controversa al governo della città, definendosi “al servizio del mio popolo”.

Una vita di provocazioni e polemiche

Uomo fuori dagli schemi, Gentilini è stato amato e odiato. Amatissimo dal suo elettorato, detestato dalle opposizioni per uscite spesso offensive: frasi contro immigrati, rom, comunità omosessuale, disegni di teschi agli incroci pericolosi e panchine rimosse per evitare che vi si sedessero stranieri. La sua comunicazione era brutale, talvolta al limite del razzismo, ma efficace. Una figura che ha spesso messo in difficoltà anche la sua stessa Lega, incapace di contenerne la dirompenza.

L’ultimo capitolo di una vita sorprendente

Nel 2017 ha perso la moglie, e l’anno successivo, a 89 anni, si è risposato. Un uomo che non ha mai smesso di sorprendere, nel bene e nel male. Sempre fedele alla sua immagine, sempre diretto, spesso divisivo, ma instancabile e coerente con il proprio sentire.

Il cordoglio delle istituzioni

Tra i primi a ricordarlo, Luca Zaia, presidente del Veneto: «È stato un grande amministratore, ha saputo intercettare i sentimenti del popolo. Ha fatto la storia di Treviso e del Veneto». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ha parlato di «dedizione totale alla città». Il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha espresso il dolore dell’intera comunità: «Il nostro Leone è andato avanti. Ha scritto la storia».

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Industriali bocciano il dl bollette, irritazione Palazzo Chigi

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“Forte preoccupazione e contrarietà per l’assenza di misure concrete a sostegno del cuore produttivo del Paese”. Confindustria è dura commentando il varo del Decreto Bollette e avverte: “Si è persa un’altra occasione”, sul fronte dei costi dell’energia “è una situazione insostenibile per le imprese italiane. Occorre agire con urgenza”. Altrettanto netta è “l’irritazione” della presidenza del Consiglio per le dichiarazioni degli industriali: “Il provvedimento – rilevano fonti di Palazzo Chigi – era stato “ampiamente discusso” con tutte le associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria, “stupisce quindi che l’associazione degli industriali abbia manifestato la sua contrarietà solo dopo l’approvazione definitiva da parte del Senato”. La stessa premier Giorgia Meloni, sui social, prima della nota di Confindustria, commentato l’approvazione definitiva del provvedimento mercoledì sera in Senato aveva sottolineato come “il governo mette in campo misure concrete per sostenere famiglie e imprese di fronte al caro energia. Lo facciamo attraverso un investimento di circa 3 miliardi, destinato ad alleggerire le bollette, promuovere l’efficienza energetica, tutelare i più vulnerabili e chi produce”.

“Non ci fermeremo qui”, ha sottolineato la presidente del Consiglio: “Continueremo a lavorare con serietà e determinazione per contrastare il caro energia e aiutare chi ha bisogno”. Si accende anche lo scontro politico: “Se Meloni non ha tempo di girare e ascoltare il Paese, legga bene cosa pensano le aziende di questo suo decretino bollette dopo 25 mesi di crollo della produzione e aumenti vertiginosi dell’energia”, attacca il leader M5s Giuseppe Conte: “È davvero surreale leggere che una Presidente del Consiglio esulti per un misero e tardivo decreto-bollette”, “un provvedimento che lascia soli milioni di italiani e tantissime imprese”. Quanto al confronto con le parti sociali, “Confindustria – sottolineano gli industriali – aveva avanzato proposte di modifica a costo zero, finalizzate ad avviare un primo, reale e strutturale alleggerimento del peso delle bollette energetiche per le imprese. Tuttavia tra emendamenti dichiarati inammissibili, inviti al ritiro e l’assenza di pareri da parte dei ministeri competenti, si è persa un’altra occasione utile per intervenire in maniera efficace”.

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