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Spettacoli

Napoli, passato e contrabbando: il viaggio di un padre perduto (James Franco) in “Hey Joe” di Claudio Giovannesi

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Un uomo spinto dal rimorso e dalla voglia di redenzione torna nella Napoli degli anni ’70, una città dove il passato e il crimine si intrecciano con la nascente società dei consumi. È questo il cuore pulsante di “Hey Joe”, il nuovo film di Claudio Giovannesi che, attraverso la storia di un veterano americano in cerca del figlio abbandonato, ci porta dritti nel ventre di una Napoli divisa tra sogni americani e realtà violente.

La trama: una ricerca di redenzione tra le ombre di Napoli

La storia prende il via negli Stati Uniti, dove Dean Barry (interpretato da James Franco), veterano della Seconda guerra mondiale, decide di fare ritorno a Napoli per conoscere il figlio che ha lasciato nel 1944, nato da una relazione fugace con una ragazza partenopea. Ormai a inizio degli anni ’70, Dean si trova di fronte a un uomo adulto, cresciuto nella malavita napoletana e adottato da un boss del contrabbando (Aniello Arena), senza alcun interesse a conoscere il padre biologico. Dean, però, non è disposto a lasciarsi sopraffare dal rifiuto: vuole un’occasione per cambiare, nonostante tutto.

L’interpretazione di James Franco: un ruolo tra vulnerabilità e speranza

Per James Franco, il ruolo di Dean Barry è “un dono”, una parte che rappresenta il sogno e la crisi di un uomo in cerca di significato. “Dean è uno che ha perso tutto, ma crede ancora nella possibilità di fare qualcosa di positivo,” ha detto l’attore. “Non è mai troppo tardi per cambiare.” La Napoli di quegli anni, con le sue strade piene di contrabbando e figure dell’ombra, diventa il palcoscenico dove Franco interpreta la vulnerabilità e il desiderio di redenzione del protagonista.

Un viaggio nella Napoli degli anni ’70, tra contraddizioni e sogni americani

Il regista Claudio Giovannesi ha scelto di raccontare una vicenda ispirata a una storia vera, una leggenda dei Quartieri Spagnoli. Napoli, nel 1971, vive l’impatto degli americani, tra la presenza della Base Nato e il dilagare del contrabbando. “Gli Stati Uniti stavano insegnando all’Europa il desiderio per gli oggetti,” racconta Giovannesi. Con una città impoverita e ferita dal conflitto, la presenza angloamericana ha creato situazioni di dipendenza e scambio basate su necessità economiche e sociali.

Una colpa storica e attuale: gli eredi della guerra

Giovannesi sottolinea che “Hey Joe” esplora il retaggio della guerra attraverso un personaggio segnato da una colpa storica, quella di una generazione distrutta dai conflitti. “I protagonisti sono tutti conseguenza della guerra, proprio quella guerra che oggi vediamo ripetersi in televisione, ma che ferisce ancora vite di donne e bambini.”

Cast e produzione: un progetto tra passato e presente

Oltre a James Franco, il cast include attori come Francesco Di Napoli e Giulia Ercolini, con la sceneggiatura firmata da Maurizio Braucci, Massimo Gaudioso e Giovannesi stesso. Prodotto da Palomar con Rai Cinema e Vision Distribution, “Hey Joe” sarà in sala dal 28 novembre, una data che promette di segnare il calendario cinematografico con una storia di redenzione, guerra e il contrasto tra culture.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Spettacoli

Gwyneth Paltrow è stanca della dieta, ‘ora mangio pane e pasta’

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Gwyneth Paltrow ha affermato di essere tornata a mangiare cibi che in precedenza aveva eliminato dalla sua rigidissima dieta, tra cui pane, pasta e formaggio. Lo riporta la Bbc. L’attrice premio Oscar, diventata negli anni una guru del salutismo ha seguito e promosso diversi regimi alimentari negli anni. “Ho seguito per un certo periodo una dieta macrobiotica ferrea e così sono diventata ossessionata da un’alimentazione molto, molto sana”, ha detto nell’ultima puntata del suo podcast spiegando di essersi dedicata al “benessere e al cibo” a causa del cancro alla gola che ha ucciso il padre. Poi lei e il secondo marito, Brad Falchuk, hanno iniziato a seguire la dieta paleo, basata sul principio che ci si debba nutrire “come i nostri antenati”. Di recente però, Paltrow ha ricominciato a mangiare “pane a lievitazione naturale e un po’ di formaggio e un po’ di pasta”.

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Musica

Rocco Hunt, il ragazzo di giù diventa grande: “Ho 30 anni e ancora la rabbia del Sud”

Esce l’album Ragazzo di giù: tra neomelodico, rap e introspezione, la maturità artistica di un figlio del Sud.

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A 30 anni, Rocco Hunt ha già alle spalle 15 anni di carriera, una vittoria a Sanremo, hit estive, strofe militanti e un’identità artistica sempre più nitida. Ma oggi, con il nuovo album Ragazzo di giù, in uscita venerdì, Rocco — per molti ancora affettuosamente “Rocchino” — completa un percorso che lo conferma maturo, consapevole e profondamente legato alle sue radici.

“Sono fortunato, canto chi non lo è stato”

Il brano che dà il titolo al disco è un manifesto identitario.
“Io sono il ragazzo di giù fortunato”, spiega Rocco, “quelli che canto sono stati meno fortunati, magari non hanno dovuto lasciare casa, ma hanno pagato altri prezzi”. La nostalgia per la sua terra non è solo geografica, è memoria viva di un mondo che spesso si perde tra le distanze culturali.

Tra disagio e riscatto: “A Nord si perdono i valori”

“Oggi Napoli fa figo, ma vivere al Nord è diverso”, dice. Il successo, per lui, ha un prezzo. “Contano i numeri, non i valori”, afferma, parlando anche del figlio Giovanni, 8 anni, cresciuto tra Milano e Napoli: “Ha un accento diverso, ma deve sapere da dove viene, imparare l’inglese e la cazzimma partenopea”.

Il dialetto come identità: “È mamma, papà e biberòn”

Per Rocco il dialetto non è solo stile, ma lingua del cuore:
“È la strada dove sei cresciuto, la voce dei tuoi nonni, il suono dell’anima”. E anche se ha girato l’Italia e il mondo, resta anima di Scampia, del Sud e dei suoi contrasti.

Il rap, il neomelò, e il coraggio delle parole

Ragazzo di giù è un album eterogeneo, che passa da Gigi D’Alessio a Massimo Pericolo, da Irama a Baby Gang, mischiando il rap con la melodia napoletana e l’attualità più bruciante. In Demone santo, per esempio, denuncia con rabbia il crollo del ballatoio della Vela di Scampia:
“Quelle creature sono vittime dello Stato. A che serve il tricolore sulle bare bianche, se Cristo in quelle case non ci entra?”

Sanremo, De Filippo e il mare della costiera

Nel disco anche introspezione e memoria, con brani come ‘A notte, ispirato a Eduardo De Filippo, e Domani chissà, dove Rocco rievoca lo scugnizzo che si tuffava a bomba nel mare della costiera. E non manca un pensiero al futuro:
“Vorrei un secondo figlio”, dice, ma con il timore delle malattie, dei sacrifici, della fragilità.

Il tour: dal Molise a Milano, passando per la Reggia

Il tour estivo partirà il 20 giugno da Campobasso, con gran finale l’11 settembre alla Reggia di Caserta e il 6 ottobre all’Unipol Forum di Milano.
“Senza le mie radici non sarei quello che sono”, conclude Rocco.
E quando gli chiedono se oggi è ancora “‘nu juorno buono”, risponde senza esitazioni:
“Sì. Ma è sempre più difficile non vedere le nuvole all’orizzonte”.

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