Alvaro Vitali, volto iconico della commedia italiana, ha vissuto un’ascesa straordinaria nel mondo del cinema, partendo da collaborazioni con Federico Fellini. «Mi chiamava ogni anno, tra noi era nata un’amicizia. Gli raccontavo un sacco di barzellette e lui si ammazzava dalle risate», racconta Vitali. Tuttavia, la sua esperienza con il grande maestro non ha avuto seguito nel cinema d’autore: dopo Fellini, la sua carriera ha preso una direzione completamente diversa.
IL SUCCESSO E IL PESO DELLA “PECETTA” DI PIERINO
Il vero boom per Vitali arriva con il personaggio di Pierino, che lo ha reso un’icona della commedia all’italiana. «In Italia, quando ti etichettano, sei quello per sempre. Se vuoi fare Shakespeare, ti dicono di no». Una fama che ha rappresentato al tempo stesso una consacrazione e una condanna.
Parallelamente, Vitali è stato protagonista delle commedie sexy all’italiana, un genere oggi rivalutato come cult, ma all’epoca massacrato dalla critica. «Ci divertivamo da morire, quando un’attrice si spogliava facevamo la gara per vedere chi andava a guardare per primo».
EDWIGE FENECH, GLORIA GUIDA E IL RAPPORTO CON LINO BANFI
Tra le attrici con cui ha condiviso il set, Vitali ricorda Edwige Fenech, «meravigliosa e simpaticissima», e Gloria Guida, descritta come molto timida. L’attore ha lavorato spesso con Lino Banfi, ma il rapporto tra i due sembra essersi raffreddato: «Lo vedo distaccato, non so perché. Una volta ha invitato Edwige nel suo ristorante, ma non me, e la cosa mi ha dato fastidio».
I SOLDI E IL DECLINO: DA 90 MILIONI A FILM ALLA DEPRESSIONE
Negli anni ’80, Vitali guadagnava cifre da capogiro: «Per Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento mi hanno pagato 90 milioni di lire nel 1983». Tuttavia, i guadagni sono stati spesi velocemente, tra macchine, donne e una vita di eccessi. «Cambiavo macchina e donna ogni tre mesi». Solo più tardi ha compreso l’importanza di investire in beni più stabili: «Poi ho capito e ho iniziato a comprare case».
Quando il successo si è affievolito, è arrivato un periodo buio: «Mi sono trovato senza lavoro, senza amici e depresso». L’attore racconta di essersi chiuso in se stesso, fino a quando la moglie Stefania Corona non lo ha aiutato a reagire. Oggi, insieme, portano in giro uno spettacolo teatrale.
LA PENSIONE E LA DELUSIONE PER IL SISTEMA CINEMATOGRAFICO
Nonostante abbia girato 150 film, oggi Vitali percepisce una pensione di 1.300-1.400 euro al mese. L’accusa alle produzioni è chiara: «Se facevo un mese di riprese, segnavano due settimane di contributi».
IL RAPPORTO CON LA POLITICA: “IL PD NON È PIÙ SINISTRA”
Pur essendo sempre stato di sinistra, Vitali si dice deluso: «La sinistra mi ha sempre snobbato. Oggi il Pd non è più la vera sinistra, è quasi più di destra».
A 73 anni, Alvaro Vitali continua a far ridere con i suoi spettacoli e la sua energia, mantenendo quello spirito ironico che lo ha reso una delle icone più amate della commedia italiana.
“Quando ho sentito la scossa a Napoli, mi sono svegliata di colpo: una violenta botta ha fatto tremare tutto. Ci siamo abbracciate, ero a casa da mia sorella, cercando di rassicurarci dicendo: ‘Non passa, non passa… quando finirà?'”: ospite di Francesca Fialdini a Da noi… a ruota libera, Serena Rossi (foto Imagoeconomica in evidenza) descrive così la sensazione di impotenza di fronte al terremoto che sta scuotendo l’area flegrea. “Ma la mia città non molla mai”, sottolinea l’attrice.
L’intervista si apre con la testimonianza di solidarietà di Fialdini: “Prima di parlare del tuo spettacolo Serenata a Napoli, che debutterà tra poco, vorrei mandare un forte abbraccio a tutti gli abitanti dell’area flegrea che stanno affrontando un momento molto delicato”. Per Serena Rossi, “Napoli è molto più di una città: è un patrimonio culturale e musicale che scorre nelle vene. Napoli ha una storia immensa, è parte del nostro Dna. In famiglia, la musica ci unisce tutti”. E si commuove nel vedere le testimonianze di giovanissime attrici della scuola artisti di Scampia, che la trovano un simbolo di riscatto: “È una gioia immensa… mi ha lasciata senza parole. Sono lacrime che mi appartengono”.
A cinque anni ha i primi contatti con la musica grazie a uno zio suonatore di fisarmonica, passa l’infanzia ascoltando le orchestre che si esibiscono nella balera sotto casa, ma la svolta avviene a 13 anni, nel ’65, quando scappa da casa per recarsi al concerto dei Beatles a Milano. Nel ’69 fonda il gruppo The Keys, poi al Dams conosce Roberto ‘Freak’ Antoni, scomparso nel 2014 a 59 anni, con il quale nel ’77 a Bologna – la città più fertile nella prima ondata del punk italiano – fonda gli Skiantos, capostipiti del rock demenziale. Chitarrista e anima del gruppo, Dandy Bestia, al secolo Fabio Testoni, è morto la scorsa notte, aveva 72 anni ed era malato. Nel suo curriculum anche collaborazioni con Lucio Dalla, Francesco Guccini, Orietta Berti, Mirko Casadei, Vasco Rossi, da sempre estimatore dichiarato degli Skiantos, e un album da solista, ‘Giano’, del 2016. Dandy era uscito dal gruppo nel ’79, complici anche eccessi personali, per poi rientrarvi nell’84: aveva suonato nella band fino a poco tempo fa. “Un gruppo importante, a cui in tanti siamo stati affezionati.
Lo ricorderemo”, dice il sindaco Matteo Lepore. Anche Rifondazione Comunista piange l’uomo “dallo spirito rivoluzionario, vera anima del motto La fantasia al potere!”. Il progetto Skiantos prese concretezza con ‘Inascoltable’ e le registrazioni furono pubblicate su musicassetta da Oderso Rubini: “Dandy Bestia – ricorda il produttore su Fb – è stato un pezzo importante della storia in musica di Bologna, magari più trasversale e meno ufficiale, più provocatoria e ironica, ma decisamente significativa. I suoi riff, le sue composizioni (tra le tante ‘Sono un ribelle, mamma’), i suoi assoli ci mancheranno”. “Freak – raccontò Dandy al periodico RollingStone – mi disse che scriveva poesie demenziali e me ne diede due-tre da musicare. Si trovò bene e alla fine è stato un incontro perfetto: io non sapevo scrivere, lui non sapeva suonare, abbiamo unito qualità e mancanze”.
I concerti, soprattutto agli inizi, furono caratterizzati da performance provocatorie con riferimenti all’avanguardia futurista e dadaista, compreso il lancio di ortaggi sul pubblico da parte dei musicisti. Nell’aprile 1979 al Bologna Rock gli Skiantos portarono sul palco del palasport una cucina, un tavolo, un televisore e un frigo, misero a bollire gli spaghetti e li mangiarono, senza suonare nulla, tra le proteste del pubblico: “la nostra provocazione aveva toccato, a seconda dei punti di vista, il fondo e l’apice nello stesso momento”. ‘Mi Piaccion Le Sbarbine’ fu il disco di maggior successo, ‘Karabigniere blues’ il primo singolo, ‘Eptadone’ – mandato in onda anche da Iggy Pop alla Bbc – fra i pezzi più ripresi. Oggi, tra i commenti sui social, Elio e le Storie Tese ricordano Fabio e gli Skiantos “nostri amici e fonte d’ispirazione”.
Un’ondata di fango ha travolto Parsifal, lo storico studio di registrazione di Sesto Fiorentino, cuore pulsante della musica toscana degli ultimi 35 anni. Piero Pelù (Foto Imagoeconomica in evidenza), icona del rock italiano e fondatore dei Litfiba, racconta al Corriere della Sera i drammatici momenti vissuti durante l’esondazione del torrente Rimaggio, che ha colpito con violenza la struttura, portando devastazione e ingenti danni.
“Carlino mi ha chiamato in preda al panico: ‘Piero, corri!’. Il portone dello studio, centinaia di chili di ferro, è stato strappato via dalla furia dell’acqua. È stato uno tsunami. Siamo ancora qui a ringraziare che nessuno sia rimasto ferito o peggio”, racconta il rocker.
IL RIMAGGIO TRASFORMA SESTO IN UN FIUME DI FANGO
Arrivato sul posto, Pelù si è trovato di fronte a uno scenario apocalittico:
“Il Rimaggio ha rotto l’argine ed è piombato su Parsifal con una forza incredibile. Piazza del Comune e via Tonietta erano sommerse”.
La sala di registrazione è completamente distrutta, e con essa decenni di storia della musica: “Qui dentro ci sono tutti i miei materiali, strumenti rari, un pezzo di me. È diventata una comunità per tanti artisti”.
IL RIFUGIO DEI MUSICISTI FIORENTINI
Negli anni Parsifal è diventato un punto di riferimento per la musica italiana. Dopo aver lasciato la mitica cantina di via de’ Bardi, i Litfiba e altri musicisti si trasferirono a Sesto Fiorentino, trovando una nuova casa.
“Firenze cacciava gli artisti, le sale prova chiudevano per le proteste dei vicini. Così qui vennero anche i Diaframma, la Bandabardò, i Dirotta su Cuba, Marco Masini, Irene Grandi, Teresa De Sio, i Marlene Kuntz“, spiega Pelù.
UN CROWDFUNDING PER RIPARTIRE
Per ripristinare lo studio servono almeno 50.000 euro. Pelù ha quindi deciso di lanciare una raccolta fondi, sperando nella solidarietà del pubblico e del mondo della musica.
“Il piano superiore si è salvato, ma il resto è distrutto: scenografie, macchinari, strumenti. La Bandabardò ha perso tutto, e doveva partire in tour tra una settimana. Anche io dovrei partire, ma ora non so più quando o come”.
PIERO PELU’ E GHIGO RENZULLI (Foto Imagoeconomica)
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E LA PAURA
L’alluvione ha colto tutti di sorpresa.
“Dicevano che il Rimaggio non ha mai dato problemi. Ma il cambiamento climatico ha trasformato anche questo fiume in un pericolo. Il deflusso dell’acqua è stato bloccato dai ponti bassi e dagli intoppi intorno alla piazza. Risalendo il corso ho avuto paura”.
Poco dopo il disastro, Pelù ha lanciato un appello sui social, invitando i cittadini a non uscire di casa.
“La Protezione civile mi ha chiesto di fare un video per avvisare la gente: i tombini stavano saltando, erano trappole micidiali”.
SOLIDARIETÀ DA TUTTO IL MONDO DELLA MUSICA
Nonostante il disastro, l’energia e la solidarietà non mancano.
“Da stamani siamo pieni di ragazzi e amici che si sono dati appuntamento per istinto. Ora sono in 40 con le pale in mano a ripulire. È stato il giorno più duro, ma oggi ci sentiamo circondati dall’affetto. Mi hanno chiamato i Negramaro, Manuel Agnelli e tanti altri. Parole che danno energia, non ti fanno sentire abbandonato”.
Ora l’obiettivo è ripartire, ricostruire Parsifal e restituire alla musica il suo storico rifugio.