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Cinema

Addio Maggie Smith, icona di Harry Potter e Dowton Abbey

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Un volto e una voce unici, irripetibili e inconfondibili nelle sue capacità di espressione: una leggenda del teatro britannico e del cinema mondiale. Il Regno Unito e moltitudini di spettatori sparsi per il pianeta dicono addio a Maggie Smith, attrice iconica, protagonista d’interpretazioni memorabili in più di 70 anni sulle scene, morta oggi 89enne in un ospedale di Londra. “È con grande tristezza che dobbiamo annunciare la morte di Dame Maggie Smith”, ha scritto la famiglia nel rendere pubblica la notizia, non senza ricordarne quel titolo di ‘dame’, frutto della decorazione a cavaliere dell’ordine dell’impero britannico concessole a suo tempo dalla regina Elisabetta II, raramente più meritato e dovuto.

“È spirata pacificamente in ospedale questa mattina presto, venerdì 27 settembre”, hanno precisato in un breve comunicato i due figli, Chris Larkin e Toby Stephens, attori come lei. Innescando una cascata di messaggi di cordoglio, dal mondo delle istituzioni britanniche a quello dell’arte e della cultura, da Londra a Hollywood al resto del pianeta. L’aggettivo “leggendaria”, troppo spesso abusato, si adatta del resto alla perfezione alla sua lunga, straordinaria carriera: iniziata negli anni ’50 sul palcoscenico inglese dell’Oxford Playhouse Theatre come interprete shakespeariana, sino agli esordi cinematografici al tramonto di quel decennio, al temporaneo trasferimento negli Usa negli anni ’60 e ai primi grandi successi dei ’70.

Una carriera andata avanti fino ad appena un anno fa, quando recitò in ‘The Miracle Club’, di Thaddeus O’Sullivan, e che non si esaurisce certo nella pur enorme popolarità globale assicuratale in età matura, negli anni 2000, sia dalla saga cinematografica di Harry Potter (dove fu l’unica attrice ad essere personalmente richiesta dall’autrice JK Rowling, per la parte di Minerva McGranitt, e in cui recitò a dispetto di un tumore al seno poi superato), sia dalla serie televisiva cult Downton Abbey (nelle vesti di Violet Crawley, inflessibile contessa madre di Grantham). Come dimostra un palmares d’eccezione in cui spiccano non solo i due premi Oscar ricevuti nel 1970 come migliore attrice protagonista per ‘La strana voglia di Jean’ di Ronald Neame (nei panni dell’anticonformista professoressa Jean Brodie) e come non protagonista accanto a Michael Caine in ‘California Suite’ di Herbert Ross (1979); ma pure altre quattro nomination dell’Academy hollywoodiana, tre Golden Globe, cinque premi BAFTA britannici, cinque Screen Actors Guild Awards, quattro Emmy, un Tony Award e tutta una serie di candidature sparse lungo i decenni.

Il segno di un riconoscimento a tutto tondo del suo talento, e di una personalità tanto marcatamente inglese quanto universale, che già nel 1963 – anno in cui il grande Laurence Olivier le offrì la parte di Desdemona accanto al suo trionfale Otello sulle tavole del National Theatre – le aveva permesso “quasi di rubare la scena” a Richard Burton e Liz Taylor – nella parole della critica – comparendo da coprotagonista nel suo primo vero film di successo al cinema, ‘International Hotel’ di Anthony Asquith. Il tutto passando attraverso esperienze e generi di ogni tipo, da ‘Camera con vista’ di James Ivory (1985) a ‘Gosford Park’ di Robert Altman (2001, ultima sua nomination all’Oscar); da ‘In viaggio con la zia’, di George Cukor (1972) a ‘Il giardino segreto’ e ‘Washington Square’ di Agnieszka Holland. Senza dimenticare i ruoli nei kolossal ‘Assassinio sul Nilo’, tratto da Agatha Christie, del 1978, o ‘Capitan Uncino’, di Steven Spieberg, del 1991, entrambi con cast stellari; o ancora le partecipazioni in ‘Sister Act’ e ‘Sister Act 2’, la reunion datata 2004 in ‘Ladies in Lavender’ con l’amica e coetanea Judi Dench, altra grandiosa dama del cinema e del teatro d’oltre Manica, e la prova magistrale esibita a 80 anni compiuti in ‘The Lady in the Van – La signora del furgone’, del 2015, valsale l’ennesima candidatura a un Golden Globe.

E infine, sul fronte dei rapporti con l’Italia, l’incontro con Franco Zeffirelli: dapprima in teatro a Londra, poi sul set cinematografico di ‘Un tè con Mussolini’ del 1999. Nata a a Ilford, nell’Essex, il 28 dicembre 1934, Maggie Smith si è sposata due volte: la prima nel 1967 con l’attore Robert Stephens, dal quale ha avuto entrambi i suoi figli e da da cui divorziò nel 1975 dopo un matrimonio segnato da infedeltà e alcolismo; la seconda col drammaturgo Beverley Cross, morto nel 1998. Ora, la sua uscita di scena.

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Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

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È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

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Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

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«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

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Associazioni del cinema in allarme, ‘siamo al collasso’

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Il mondo del cinema e dell’audiovisivo torna a far sentire la propria voce. Questa mattina l’allarme è arrivato da una ventina di associazioni del settore, tra cui Anac, 100 Autori e Air3, che hanno chiesto al governo di “fare presto” e di varare tempestivamente i decreti correttivi del tax credit e la documentazione richiesta dai giudici del Tar del Lazio sempre sulla relativa normativa. “Ormai da un anno il settore del cinema e dell’audiovisivo vive nell’incertezza del suo futuro. Questo è un lavoro da cui dipendono famiglie intere, eppure più del 70% delle maestranze, attori e autori sono senza occupazione, molti da più di un anno, quasi tutti senza prospettive di lavoro davanti a sé. Ogni giorno in più di rimando è un pezzo del settore che sparisce per sempre – si legge nell’appello -. Non possiamo permetterci di aspettare oltre: il settore ha bisogno di risposte concrete e tempestive per evitare il collasso”.

A rispondere è stata subito Lucia Borgonzoni, sottosegretaria alla Cultura, assicurando, durante la presentazione a Roma dell’Italian Global Series Festival, che sul tax credit “è tutto a posto, procederemo a breve. Era stata depositata al Tar una richiesta, l’udienza è stata spostata a maggio. Presto pubblicheremo l’ultimo correttivo”. Attaccata dai componenti del Pd della Commissione Cultura della Camera, che indicano il ministro Alessandro Giuli, l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la stessa Borgonzoni come responsabili del “disastro” di cinema e audiovisivo, la sottosegretaria ha affermato: “Allora se dovessimo guardare il problema che c’è stato nell’audiovisivo viene da un governo di prima, mi dispiace dire che è Franceschini, perché queste modifiche andavano fatte molto prima”, ha sottolineato, “io con Franceschini ho lavorato bene per tante cose, lui non ha voluto fare le modifiche che andavano fatte nonostante all’allarme lanciato anche dagli uffici a suo tempo, perché ovviamente è molto più semplice lasciare la palla al governo che viene dopo”.

“Comunque, le produzioni ci sono, i set aperti sono 37. Mi dispiace che si lanci un allarme da parte di Pd e 5 stelle che continuano a cavalcare questa cosa dando l’idea anche agli operatori internazionali che vengono a lavorare in Italia che qui ci siano dei problemi, che non ci sono soldi e che nessuno sta girando. Stanno facendo un danno al settore. Mi piacerebbe che parlassero con le associazioni davvero rappresentative del settore per chiedere se stanno girando oppure no. E la risposta credo sarebbe diversa”, ha concluso. Sul tema è intervenuta a smorzare i toni Chiara Sbarigia, presidente Associazione Produttori Audiovisivi, che, pur condividendo la preoccupazione sul tax credit, ha evidenziato che “i set sono aperti. Terrei più basso l’allarme e cercherei di sburocratizzare il tax credit: noi abbiamo seguito l’iter di riforma, abbiamo dato suggerimenti, ma credo che il problema riguardi il cinema con le produzioni più piccole, non l’audiovisivo”.

Il dibattito però si è infiammato, con la controreplica di Pd e M5s: “il cinema è malato ma il governo ha deciso di ucciderlo”, ha ribattuto Sandro Ruotolo, responsabile Cultura nella segreteria del Pd, mentre il cinquestelle Gaetano Amato è andato all’attacco di Borgonzoni affermando che “se ha coraggio si confronti con gli operatori del settore, parli con le vere associazioni, non solo con quelle vicine ai suoi amici. Noi siamo pronti a organizzare gli Stati Generali ‘pubblici’ del settore”. Anche tra i doppiatori italiani cresce la preoccupazione: a due settimane dalla protesta lanciata attraverso il video appello in cui 12 doppiatori hanno prestato il volto e la voce per dire ‘no’ ad un mondo in cui le espressioni artistiche saranno create da algoritmi, l’Associazione Nazionale Attori Doppiatori si è rivolta oggi a tutta l’industria audiovisiva, agli artisti, alle istituzioni e al pubblico per chiedere appoggio contro l’uso incontrollato dell’Intelligenza Artificiale. Intanto, ieri anche la regista e sceneggiatrice Liliana Cavani aveva sottolineato l’urgenza di difendere il cinema dal predominio della televisione.

“E’ inutile che il Centro Sperimentale continui a creare professionalità se poi il cinema va a finire in tv – aveva detto Cavani -. Il futuro obbligherà ancora di più la gente a vedere i film in casa e così andrebbe fatta una campagna seria contro tutto questo”. Diversa la posizione del regista e attore Carlo Verdone: “Le preoccupazioni di Liliana Cavani sono legittime, ma non è che la gente non va più al cinema. Tanti film vanno bene. Dipende dalla bontà del film, dipende tutto da lì. Se il film non attira e non c’è passaparola allora si fa fatica. Ci vogliono i film giusti”, ha detto, affermando di condividere e appoggiare invece la richiesta di aiuto dei doppiatori.

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